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VIDEO Dire di Dio

Paolo Curtaz  

II Domenica dopo Natale (02/01/2022)

Vangelo: Gv 1,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,1-18

1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Ecco Dio, così diverso da come ce lo immaginiamo, così vero e autentico.

Bisogna essere poveri per accorgersene, bisogna essere dei camminatori, come Maria e Giuseppe, come i magi, come i pastori.

Se siamo disposti a metterci in cammino, alla fine incontreremo il vero volto di Dio, volto disarmato e disarmante. Volto che brilla di tenerezza e misericordia.

Dio non è l'onnipotente, perfetto egoista che dall'alto scruta con sufficienza i nostri destini.
È qui, bambino, neonato, bisognoso di tutto.

Cercavamo un Dio potente da blandire e piegare ai nostri desideri e alle nostre aspirazioni e ci ritroviamo fra le mani un fragile neonato che ci chiede aiuto.
A noi, ora, rispondere. Fuggire o accogliere.

Dubitare, professionisti del disincanto, o cedere. O credere.

In questa seconda domenica di Natale, iniziato il nuovo anno come dono, come opportunità che abbiamo per accogliere Dio, Giovanni ci invita a salire di livello, di superare le emozioni e i sentimenti (anche quelli belli e cari), per aprirci allo stupore teologico.

Perciò conclude il suo vangelo aggiungendo un prologo, una sorta di densa poesia.
In cui dice cosa ha capito di Dio.

In principio

Una nuova Creazione, un nuovo universo, un inizio, perché ogni Natale è un inizio, una rinascita.
Nostra, in Dio.

In principio c'è Dio, che è Parola, cioè comunicazione, relazione, che si dice, che ci dice.

Dio che è la somma delle perfezioni, la pienezza di ogni bene e di ogni bello. Che è.

E questa pienezza, questa Parola (che bello pensare che la pienezza avviene nella relazione e nel dialogo!), si concretizza, diventa carne.

Dio si rende visibile per farsi conoscere. Si rivela attraverso una Parola che ora diventa visibile.

Diventa Vangelo, buona notizia, racconto di un mondo e di un modo nuovo. Manifestazione di ciò che egli è attraverso ciò che siamo in grado di capire e di cogliere.
Il Verbo si fa carne, cioè concretezza.

Dio

Dio, dice Giovanni, esiste da sempre. Dio, dice Giovanni è tutto, è la pienezza. E ogni cosa è stata fatta per mezzo di Lui ed è presente un frammento della sua gloria in ogni cosa.

È la conclusione (più o meno) a cui sono arrivate quasi tutte le esperienze religiose della storia dell'umanità: Dio è, ed è presente.
Dio c'è, ed è bellissimo, aggiunge il cristianesimo.

Questo significa che attraverso le cose noi possiamo in qualche modo risalire a Dio. A patti di non essere miopi e presbiti e astigmatici nell'anima.

Non sappiamo alzare lo sguardo. Anzi rischiamo di fare della natura un idolo, di questi tempi. Invece tutto è come un gigantesco dito puntato oltre, come un ladro maldestro che dissemina di indizi la scena del delitto, così il nostro Dio ci spinge ad andare al di là del materiale e del sensibile...

In Dio, dice Giovanni, è la vita e la vita è la luce degli uomini.

Cioè: fuori da Dio, fuori dal senso, fuori da questo sguardo è morte e tenebra. Vita non significa esistere, vivere non significa respirare. Vivere significa scoprire dentro la presenza del Signore, scoprire il grande disegno dell'universo, il grande senso della mia vita.

La vita non è nostra, è data, perciò va accolta e rispettata come qualcosa di donato e non dovuto.

La luce
E poi: la luce!

Di quanta luce abbiamo bisogno per vivere nelle nostre tenebre.

Di quanta luce abbiamo bisogno per non farci soffocare dalla paura e dall'incertezza!

Se solo avessimo quell'umiltà che è consapevolezza e realismo di saperci mendicanti, di saperci bisognosi. Cercheremmo, saremmo magi, magoi, diventeremmo cercatori di Dio.

E qui si pone il problema: i venditori di luce del nostro mondo hanno ragione o no? Siamo bombardati da mille messaggi “Emergi, vinci, possiedi, osa, fregatene degli altri”.

Molti cedono alle sirene dell'edonismo, dell'egoismo, della violenza.

Nessun amore, nessuna condivisione, nessuna regola, la morale è una cosa inutile.

Sia. Ma c'è maggiore serenità, maggiore gioia nel mondo attuale? Questo mondo che si è scrollato di dosso Dio è veramente più libero e realizzato?

Giovanni è schietto: il mondo fatto da Dio non ha riconosciuto il suo creatore, il suo facitore.
Ma non lo ha nemmeno spento o scoraggiato.
Ecco il dramma: Dio viene, e l'uomo non c'è.

La luce viene (quella che illumina ogni uomo specifica Giovanni: nessuno è tagliato fuori dalla volontà di Dio) ma le tenebre non l'hanno accolta. Ma nemmeno vinta e sconfitta.
Dio c'è, e tu?

Ma potremmo anche tradurre: le tenebre non hanno sconfitto la luce.

E noi ne siamo i testimoni, raggiunti nel cuore dal un raggio di quella luminosissima luce.
Credenti. Discepoli. Amati.

Figli

A chi accoglie la luce Dio dona il potere di diventare figlio di Dio.
Io sono figlio di Dio.
Non m'importa essere altro. Né premio Nobel, né grande star.
Sono già tutto ciò che potrei desiderare.

Solo che corro dietro a mille sogni e a mille chimere pur di ricevere compiacimenti e approvazione. Ma sono già figlio. Solo che non lo so.

Natale è la presa di coscienza della mia figliolanza, della mia dignità, del fatto che Dio si racconti e che sia splendido.
Ecco, fine, chiudiamo il cerchio.

All'inizio dell'avvento dicevo: non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce. Gesù è già nato, ha svelato il volto di Dio, è morto e risorto, ha salvato il mondo, ogni uomo. È che il mondo non lo sa.

Gesù è nato, a noi - ora - di nascere alla fede, infine.
A noi ora, di lasciarci amare.

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