TESTO A casa tutto è un dono
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno C) (26/12/2021)
Vangelo: Lc 2,41-52
41I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Episodi di donne gravide per speciale concessione divina. Donne prima vessate da frustrazioni dovute all'impotenza e alla sterilità, poi rese improvvisamente primipare grazie a un miracolo o a una svolta della loro condizione fisica e gestativa. Casi simili ve ne sono tanti narrati dalla Bibbia in più episodi o anche rilevati nell'esperienza della vita dei Santi o nelle loro intercessioni a favore delle donne sterili; tutte episodi che delineano come la speranza sia l'ultima a morire, che è sempre possibile credere in una grazia speciale dall'alto e che a tal proposito possono essere di consolazione alle donne gravate anche oggi da patimenti psicologici a motivo della loro sterilità o a causa di un parto non andato a buon fine. E' tristissimo infatti per alcune giovani, condannate a non avere figli, confrontarsi con altre donne che invece hanno avuto la gioia di generare e di partorire. E' triste, soprattutto quando non si hanno neppure le condizioni adeguate per l'adozione di un figlio.
La prima Lettura di oggi descrive il caso di Elkana e delle sue due mogli Anna e Peninna; la prima di esse piange e si dimena perché impedita di avere prole, l'altra ha già avuto più di un figlio e tratta Anna con cattiveria e distacco. La povera Anna, che è però oggetto di maggiore attenzione da parte del marito, anche se nelle lacrime prega intensamente il Signore e la sua fede viene ricompensata: partorisce un figlio al quale da' nome Samuele. Quale segno di gratitudine verso Dio, lascerà che il bambino cresca nel tempio di Gerusalemme officiato dal Sacerdote Eli.
Bellissimo racconto utile a dare coraggio e infondere speranza alle donne sterili, provate dall'angoscia di dover rinunciare a mettere al mondo dei bambini e allo stesso tempo (a mio giudizio) atto a scuotere le coscienze di tante donne incinte che rifiutano di portare avanti la gravidanza, spesso anche per motivi egoistici e inopportuni. E' triste constatare da una parte il dolore di chi è impedito a mettere al mondo un bambino e dall'altra il cinismo di chi ricorre all'aborto senza scrupoli, misconoscendo un dono che altri vorrebbero tanto avere. E' fin troppo facile voler sopprimere la vita accanendosi contro embrioni già in evoluzione innocenti e senza possibilità alcuna di difesa; ma ogni aborto è anche anedonia nei confronti di chi vorrebbe avere dei bambini.
La presenza dei figli, pochi o molti che siano, è sempre motivo di gioia per una famiglia. Un bambino ne esalta l'entità, costruisce il vero fondamento della convivenza familiare, rende uniti e solidali due sposi. La presenza dei figli è ricchezza, perché ci sprona ad accrescere la formazione e a maturità, e ci consolida nell'unità indispensabile per la gestione della casa e della convivenza familiare.
Così anche per Maria e Giuseppe Gesù è un dono privilegiato e inestimabile, ottenuto per uno speciale intervento dello Spirito Santo che consente a Maria di concepire pur restando vergine. Questo Bambino, concepito fra le asperità di una mangiatoia, è per questi due sposi la gioia, la motivazione dell'unione, dell'armonia, della solidarietà che li sospinge ad affrontare tutte le sfide e i pericoli che questa speciale gestazione comporta.
Il Bambino cullato nella mangiatoia è il Verbo Incarnato che ha assunto da Maria l'umanità; Dio fattosi uomo rispettando in tutto e per tutto i canoni della convivenza terrena, quale uomo fra gli uomini in mezzo alla gente, e questo rende ancora più sollecite le premure dei genitori nei suoi confronti. Ma anche a prescindere da questo, Maria e Giuseppe considerano in lui il loro figlio, il bambino che devono accudire, sostenere, formare, ma che li renderà sempre coesi e solidali. E in ogni caso è sempre il loro figlio e questo basta.
Anche se sa benissimo che assisterà straziante alla sua morte in croce, Maria non esita a dargli tutte le attenzioni. Anche se sarà convinta che il suo Figlio resusciterà da morte, davanti alla croce piangerà deperita e mortificata... Non perché non abbia fede nella resurrezione, ma perché colui che spirerà è semplicemente il suo figlio. Figlio di Dio, ma anche suo figlio. Nel racconto evangelico odierno avviene che Giuseppe e Maria cercano disperatamente Gesù, che si è smarrito durante il viaggio in carovana a Gerusalemme. Angosciati lo cercano, ripercorrono al contrario le tappe del viaggio svolto per rinvenirne le tracce, trafelati domandano in giro di lui, chiedono, si informano... e lo trovano dopo tre giorni nel tempio, mentre tranquillo e risoluto “si occupa delle cose del Padre suo”. Maria e Giuseppe non ignorano che il loro pargolo, da Figlio di Dio, debba vivere anche nel tempio la sua relazione con il Padre; sanno bene che per lui Dio ha il primato su tutto e che è stato mandato da questi per una missione specifica di redenzione e di salvezza, però quando guardandosi attorno nella carovana non lo trovano accanto a sé, ebbene si preoccupano perché hanno smarrito il loro bambino. Come farebbero tutti i genitori in simili circostanze.
In tutto questo non possiamo che notare come Giuseppe e Maria.
Ancor prima, quando scappano in Egitto per fuggire alla fura di Erode, i due pazienti genitori sanno bene che stanno proteggendo il Signore della gloria, ma questo non impedisce loro di usargli attenzione come a un loro figlio esposto a un possibile pericolo.
In tutto questo si riscontra che Gesù, Giuseppe e Maria formano una famiglia prototipo di tutti i nuclei familiari di ogni tempo. Mostrano di credere in questa risorsa inestimabile che è la convivenza fra marito, moglie e figli sostenuti e incoraggiati da una fede comune che li fa sperare e agire senza senza esitazione; credono nella famiglia e vi si radicano senza riserve, lottando con coraggio e con fiducia e sostenendosi l'un l'latro nelle trepidazioni che questa lotta comporta.
Il nucleo globale della Santa Famiglia di Nazareth ci induce a credere nella continuità della convivenza insieme nonostante le immancabili difficoltà d'intesa e di comunicativa che possano insorgere fra i coniugi o fra genitori e figli; ci incoraggia e credere nella sacralità del matrimonio in un'epoca in cui sempre più coppie si sfasciano sul nascere o si pongono alternative al matrimonio sacramento nella convivenza, nelle unioni di fatto o nella sregolatezza della condotta sessuale.