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TESTO Salvaguardarsi o spendersi?

don Marco Pratesi  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/11/2005)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Il Vangelo ci parla ancora del giudizio di Dio. Perché il terzo servo viene condannato? Egli non si impossessa del talento, e non si rifiuta nemmeno di restituirlo. Qual è allora la sua colpa?

Il padrone gli rivolge due rimproveri: essere "cattivo" e "infingardo" (cioè pigro, vagabondo).

Dove sta la sua cattiveria? Egli è diffidente e sospettoso nei confronti del padrone. Il talento gli scotta tra le mani, lo vede come un problema. Di sicuro, se dipendesse da lui, preferirebbe non ricevere alcun talento. Non si fida del padrone e lo vede come un "uomo duro, che miete dove non ha seminato, e raccoglie dove non ha sparso": uno che fa lavorare gli altri senza far niente, pre(te)nde ma non dà.

Preferisce dunque mettere al sicuro il denaro affidatogli, meglio difendersi, proteggersi dal rischio nel quale il padrone lo ha messo. La sua prima e unica preoccupazione è garantirsi, sfuggire ad ogni incognita.

Ecco dunque la sua pigrizia: non si preoccupa affatto di attivarsi, l'importante è assicurarsi contro il padrone.

Egli è un "servo inutile" (v. 30). Ha voluto "salvare la sua vita" invece di spenderla.

Che cosa significa, in pratica, questo atteggiamento? Quando agiamo come questo cattivo servo?

Quando sotto sotto guardiamo Dio con sospetto, e vediamo le sue richieste come delle indebite pretese. Quando pensiamo prima di tutti a salvaguardare noi stessi.

Quando cerchiamo di fare il minimo indispensabile per non avere problemi con lui: "Non faccio male a nessuno, non ammazzo e non rubo; che cosa vuole Dio da me?"
Cosa vuole Dio? La parabola ce lo fa intuire.

Vuole che noi comprendiamo le sue richieste come opportunità positive, buone occasioni per noi, e non seccature. Egli non è un despota, un prepotente che abusa del suo potere, ma un Padre di cui fidarsi; non uno da cui proteggersi, ma a cui aprirsi con fiducia, con positività.

Poi vuole che ci attiviamo, che usiamo le capacità e le risorse che abbiamo, di ogni tipo e ad ogni livello, per moltiplicare il bene; che siamo laboriosi e creativi, avendo di mira non lo stretto indispensabile, ma il sovrappiù, l'abbondanza del frutto. Come Gesù: "sono venuto perché abbiate la vita, e in abbondanza".

Una fede autentica nella vita eterna non ci porta quindi ad immobilizzarci, ad aspettare e basta: "L'attesa di una terra nuova non deve indebolire, ma piuttosto stimolare l'attenzione all'impegno nel presente" (Gaudium et Spes 39).

Dio è in viaggio, ci ha lasciato i suoi beni da gestire. Questo è il tempo della sua assenza: dobbiamo agire come se Dio non ci fosse, ma in attesa del suo ritorno. S. Ignazio di Lojola diceva: "Confidare in Dio come se tutto dipendesse da Lui, e poi lavorare come se tutto dipendesse da noi".

Anche la comunità cristiana sotterra il talento, quando rimane paurosa davanti alle sfide del mondo che cambia. Quando interpreta la indispensabile fedeltà alla tradizione della Chiesa come un'autoimbalsamazione. La grande e ricca tradizione della Chiesa è un talento che va attivamente e creativamente trafficato oggi, e non semplicemente messo al sicuro in ambienti protetti. Perché possa rispondere alle domande e alle sfide del nostro tempo deve entrare in contatto con le contestazioni e le diffidenze dell'uomo di oggi, saper dialogare, accettare il confronto.

O Padre, fa' che la nostra buona volontà moltiplichi i frutti di quanto ci hai donato.

Appendice:

«Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla e dona tutto. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo e troverete la vera vita».

«Abbiate paura di Cristo! Egli toglie tutto e non dona nulla. Sì, chiudete, sprangate le porte a Cristo e troverete la vera vita».

All'offertorio:

Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci renda operosi nell'attesa del Signore, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:

Chiediamo al Padre che venga il suo Regno e noi, come servi buoni e fedeli, possiamo entrare nella gioia del Regno:

 

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