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TESTO Talenti da trafficare

don Romeo Maggioni  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/11/2005)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Occorre chiarire bene che cosa significhi "essere pronti" per il rendiconto finale della nostra vita perché essa sia degna di "prender parte alla gioia del tuo padrone".

Il tema è delicato perché implica una certa idea di Dio e dei nostri rapporti con Lui; idea non proprio comune né pacifica anche per molti che si ritengono cristiani praticanti. Una certa paura di Dio e il legalismo della pratica religiosa infatti dilagano ancora molto nelle nostre comunità tradizionali.

Allarghiamo lo sguardo sul disegno di Dio per cogliere poi il puntuale rapporto che dobbiamo avere con Lui.

1) IL DISEGNO DI DIO

Il disegno di Dio sull'uomo è grandioso e sontuosamente rivolto a valorizzarne tutto l'apporto personale. Innanzitutto il dono ricevuto è grande (un talento equivale al salario di sei mila giornate di lavoro!). Rappresenta – individualmente – il destino della vita divina, divenire simili a Lui, eredi di Casa Trinità, "dei" con Dio; e – comunitariamente – l'impegno di costruire il Regno di Dio nella storia, compartecipi con Lui per edificare "cieli nuovi e una nuova terra". Sono il dono della fede e la responsabilità della missione ecclesiale. Dio non ha fatto tutto da Sé. Offrendo all'uomo la salvezza, vuole ci siano la sua libertà e la sua responsabilità. Se porta avanti nella storia un suo disegno grandioso desidera la compartecipazione dell'uomo. La vita cristiana e la Chiesa sono il luogo del nostro lavoro, il tempo per trafficare i talenti delle nostre responsabilità personali e comunitarie.

Dio vuole una responsabilità viva, attiva, generosa, geniale, libera, appassionata, non fiscale, non paurosa, non pigra, non sterile.

Una responsabilità che nasca dall'amore, dalla condivisione, dalla passione ("Non vi chiamo più servi ma amici", Gv 15,15), dalla stima del dono e dalla gioia di possederlo per trasmetterlo ad altri; dal sentirsi investiti di una missione e di un compito che ha la caratteristica di essere unico e SPECIFICO, indispensabile e decisivo per sé e per i propri fratelli, sentendone tutta l'urgenza. Da tale passione devono scaturire genialità, inventiva, rischio, coraggio, intraprendenza...! Il dedicarsi all'opera della propria salvezza e al Regno di Dio deve essere vissuto come roba propria e come impegno importante, non opzionale, per sé e per tutti. Un giorno Gesù ebbe a segnalare la scaltrezza e l'inventiva dell'affarista spregiudicato, affinché il credente si impegnasse con la medesima passione e genialità nel fare il bene: "I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce" (Lc 16,8).

A chi condivide questo impegno, Dio promette beni maggiori, anzi "la gioia del tuo padrone". Dio non ha bisogno del nostro fare, essendo creatore e padrone di tutto. Vuole l'amore che si esprima in questo fare per Lui e con Lui. Avuta questa prova - "entra nella gioia del tuo padrone", vieni a "divenire una cosa sola col Padre e col Figlio, così che tutti sia uno, come Tu Padre sei in me e io in Te" (cfr. Gv 17,21). Oggi desidera la condivisione responsabile nel fare, domani offrirà la condivisione del possesso della stessa vita divina. Oggi l'amore nella fede e nella speranza, domani l'amore come possesso e godimento. Grande è il disegno di Dio: esalta e dà spazio alla libertà dell'uomo e .. all'amore!

2) UN AMORE VIVO

Insistiamo su questo punto: Dio vuole l'amore, libero, responsabile, sereno, attivo, appassionato, non il servilismo, non la pratica burocratica, forse neanche la preghiera ripetitiva e distratta, non il minimalismo, non il "rubare non ho rubato, ammazzare non ho ammazzato... quali peccati ho da confessare..?". Non si tratta solo di evitare il male e ciò che è proibito; si tratta di fare il bene. I peccati sono anche di omissione. Già i profeti rimproveravano una religione fatta solo di gesti cultuali, a fianco di una vita che andava per conto suo, magari nell'ingiustizia e nella disonestà. Trafficare il proprio talento significa coerenza di opere, non pura appartenenza anagrafica al registro di battesimo o alla pratica festiva sentita come una tassa da pagare.

Lo stesso discorso vale per l'impegno missionario ed ecclesiale. Si tratta di valorizzare il talento della nostra fede perché il Regno di Dio aumenti, mettendo a frutto quelle capacità che il Signore ci ha dato, là dove ci ha chiamati a fiorire. In ufficio, per esempio, non ci si può nascondere nell'anonimato e nella mimetizzazione né omologare la propria identità cristiana al vivere mondano. E' nascondere il proprio talento. Bisogna moltiplicarlo, senza far proselitismo, ma .. per contagio, col buon esempio, riservando attenzione ai singoli con l'ascolto e la condivisione... Ciascuno, ogni giorno, in ogni occasione deve manifestarsi discepolo e apostolo di Gesù.

Trafficare i talenti oggi diventa più difficile. La Chiesa è minoranza, l'esistenza cristiana è in diaspora entro un mondo pagano il quale sembra prevalere, dominare, impaurire..! La tentazione è di nascondersi, di chiudersi nel proprio ghetto, di far quadrato di difesa e di dire: il mondo è tutto un pattume, stiamone alla larga, facciamo noi comunità! Intransigenza e pattume! Il servo che ha nascosto il talento lo fa per paura. Questo oggi ci è richiesto: di non essere una Chiesa o una comunità dimissionaria, paurosa, conservatrice, ripetitiva, chiusa nei suoi gesti, nelle sue abitudini, nelle sue forme consolidate. Se confronto ci deve essere, sia nel dialogo e nell'accettare le sfide; rischiando qualcosa e tentando iniziative. Fiduciosi e coraggiosi della forza dello Spirito che il giorno di Pentecoste si è manifestato forza dirompente.

La polemica di Gesù era contro quei farisei che si ritenevano giusti osservando scrupolosamente la Legge. Cristo – dice Paolo – ci ha liberati dalla Legge, perché vuole più che la legge il cuore. L'amore vero è più esigente d'ogni legge. Il cristianeismo è una religione di libertà interiore, che non si manifesta nella paura, ma nell'amore: "Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone il castigo e chi teme non è perfetto nell'amore. Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo" (1Gv 4,18-19).

 

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