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TESTO L'esperienza della «gioia» e l'arte della «pace»

diac. Vito Calella

III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (12/12/2021)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,10-18

In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

«Gioia e pace»

Gesù Cristo risorto oggi ci invita a diventare testimoni di «gioia e pace».

Il primo frutto dello Spirito Santo nella nostra vita di relazione con gli altri consiste nel donare gratuitamente la doppia esperienza di «gioia e pace».

Nella lettera ai Galati ascoltiamo: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia e pace» (Gal 5,22b).

La pace è compagna della gioia, la gioia è un autentico segno di pace.

Con le parole del profeta Sofonia, Cristo risuscitato ci invita oggi a vivere la «gioia» accompagnata da una nuova situazione di «pace». La nostra comunità cristiana può essere paragonata a Gerusalemme «figlia di Sion» (Sf 3,14). Il profeta Sofonia visse durante il regno di Giosia (cfr 2 Re 22). Quel re fece una bella riforma religiosa tra il popolo. La riforma avvenne perché fu ritrovato «il Libro della Legge» (2Re 22,8) durante i lavori di restauro del tempio, nell'anno 622 a.C.. Gli esegeti sono concordi nell'affermare che quel libro era il Deuteronomio nel suo nucleo centrale dei capitoli 12-26. Molto bello è l'invito alla gioia: «Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!» (Sal 3,14). Il popolo aveva molto sofferto a causa della malvagità e dell'infedeltà dei re precedenti, Manasse e Ammon (cfr 2 Re 21). La gioia è correlata alla pace: «tu non temerai più alcuna sventura» (Sof 4,15b).

Con le parole dell'apostolo Paolo, Cristo risuscitato oggi ci invita a vivere e a irradiare a tutti «gioia e pace»: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. [...] E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù» (Fl 4,4.7).

In Rm 14,17 il Cristo risuscitato, attraverso l'apostolo Paolo, ci dice: «Il regno di Dio non è questione di cibo e bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo».

In 2Cor 13,11 ci dice: «fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi».

In Col 3,14-15 ci dice: «Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! (Siate nella gioia!)».
L'esperienza della «gioia»

Sperimentare la «gioia» è un segno della nostra comunione con Dio. La «gioia» riassume tutto ciò che sentiamo dentro di noi quando scopriamo di essere da sempre ospitati e accompagnati dalla presenza paziente, misericordiosa e fedele del Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo.

«Gioia» esprime lo stupore di sentirsi amati dal Padre come suoi figli; la sorpresa di scoprire che siamo già salvati grazie alla morte e risurrezione del Figlio Gesù; la profonda gratitudine di essere abitati e santificati, sostenuti e illuminati, guidati e confortati, fortificati e incoraggiati dall'amore divino già presente nella nostra coscienza - detto in termini biblici - già presente nel centro del nostro cuore.
«Cosa dobbiamo fare» per vivere in questa gioia?

Il Cristo risuscitato, attraverso l'apostolo Paolo, ci invita a curare la nostra preghiera individuale e comunitaria.

Il periodo natalizio sta diventando sempre più il tempo della frenesia, dell'eccitazione dei nostri desideri di consumo. Siamo condizionati dalla società che ha trasformato la festa di Natale nella festa del commercio sfrenato, festa piena di promozioni pensate per riempire le nostre menti e i nostri cuori con la mania dei regali, facendoci dimenticare che il dono più grande della nostra vita è Gesù Cristo, Colui che è venuto ad abitare in mezzo a noi e vuole regnare al centro del nostro cuore: «Il Signore è vicino!» (F1 4,5b); «Il Signore tuo Dio è in mezzo a te, il potente guerriero che ti salva!» (Sof 3,17).

Se trascuriamo la preghiera, la nostra gioia sarà divertimento, abbuffata, banchetto per riempire il nostro ventre di cibi e bevande abbondanti, ma non sarà la vera gioia del rimanere in comunione viva e vera con il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo. Accogliamo allora l'invito alla preghiera, che ci è stato offerto oggi attraverso l'apostolo Paolo: «Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti» (Fil 4,6).
L'arte della «pace»

Il nostro prenderci cura della preghiera, ponendo al centro la Parola di Dio, è fonte sicura di «gioia» e ci porta a viver rapporti armoniosi con tutti, dandoci la possibilità essere artefici di pace in tutte le nostre relazioni quotidiane.

L'esperienza della «pace» è un segno della nostra comunione di rispetto con gli altri, basata sulla comunione con Dio.

«Pace» riassume l'ideale divino della fratellanza universale e del rapporto rispettoso con tutto ciò che è diverso da noi.

«Pace» è l'armonia delle relazioni, prima di tutto con se stessi, poi con i nostri simili, e infine con tutte le creature dell'universo creato, affidate alle nostre cure. Questa «pace» è un dono di Cristo risuscitato che opera con il suo Spirito affinché le nostre labbra, le nostre mani, i nostri piedi siano promotori di giustizia.

La scorsa settimana siamo stati invitati da Cristo risuscitato a valutare la nostra predisposizione alla conversione, al cambiamento di vita, accogliendo la predicazione di Giovanni Battista che ci ricordava la necessità di preparare la via del Signore, che sta per venire a vivere tra noi.

Questa domenica il Cristo risuscitato ci parla ancora una volta attraverso il profeta Giovanni. Abbiamo ascoltato che le folle, i pubblicani e i soldati, venuti per essere battezzati nel fiume Giordano, gli rivolsero la stessa domanda: «Che cosa dobbiamo fare?» (Lc 3,10.12.14).

La nostra preghiera, garanzia della nostra «gioia» nella Santissima Trinità, ci trasforma in artefici della «pace» che è frutto della condivisione.

Questa è la proposta che ci viene dalla risposta di Giovanni alle folle: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non le ha; chi ha da mangiare, faccia altrettanto» (Lc 3,11). La «gioia» fondata sulla preghiera si completa con la «gioia» della condivisione. Ovunque c'è condivisione, c'è una vera festa. La «gioia» dei poveri si realizza nella spontaneità della condivisione e dove c'è condivisione, già avviene il regno del Padre nella storia dell'umanità. Vale quindi la pena di registrare la proposta morale per noi cristiani: «Se ce l'hai, lo hai da dare».

La nostra preghiera, garanzia della nostra «gioia» nella Santissima Trinità, ci trasforma in artefici della «pace» che è frutto del distacco dal denaro e dai beni materiali.

Questa è la proposta che ci viene dalla risposta di Giovanni ai pubblicani, cioè a quei peccatori incalliti nell'accumulare denaro di corruzione: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato» (Lc 3,13). La «gioia» fondata sulla preghiera si completa con la «gioia» del cuore distaccato dal denaro e dai beni materiali. Il nostro rifugio sicuro è Dio e chi vive per accumulare denaro è tentato di praticare ingiustizie, soprattutto contro i più poveri. Vale quindi la pena di registrare il consiglio morale per noi cristiani: «Guardatevi di non arricchirvi a spese degli altri».

La nostra preghiera, garanzia della nostra «gioia» nella Santissima Trinità, ci trasforma in artefici della «pace» che è frutto del rispetto.

Questa è la proposta che ci viene dalla risposta di Giovanni ai soldati: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe» (Lc 3,14). La «gioia» fondata sulla preghiera si completa con la «gioia» del rispetto della dignità dell'altro, senza voler prevalere con la violenza e l'arroganza, avvalendosi del potere che si ha sugli altri.

Noi, che siamo già stati «battezzati in Spirito Santo e in fuoco» (Lc 3,16), vogliamo essere dunque testimoni di «gioia e di pace» per mostrare al mondo che «grande è il Dio santo d'Israele in mezzo a noi» (Is 12,6b).

 

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