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TESTO La pozzanghera e il gelsomino

don Angelo Casati  

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2021)

Vangelo: Lc 1,26b-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26b-28

26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

Maria, concepita come noi, nel segreto, nel segreto di un grembo. E senza macchia. Ebbene ho quasi un attimo di esitazione. Ma di che cosa stiamo parlando? E come violare quell'attimo misterioso che chiamiamo concepimento? Non dovremmo forse privilegiare il silenzio? Perché è in un'ombra dolce che si è concepiti. E chi conosce? Chi sa - fosse pure una briciola - del misterioso accadere della vita? E che fosse senza macchia, sin dall'inizio, io penso, non lo seppero mai i suoi genitori, o forse a sospettare, guardandola negli occhi, nel profondo. E lei? Lei lo seppe? E quando? Penso non con le parole di un dogma, ma per quel brivido, il suo, e quello delle pareti di casa, alle parole dell'angelo.

Non finisce di colpirmi questo taglio del racconto dell'annunciazione operato dalla nostra liturgia ambrosiana, quasi a dire fermati qui: "Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te". Ricolmata di bellezza. Un dono gratuito. Non se l'era meritato. Dall' 'in principio' che più 'in principio' non si può. In principio la bellezza. Misure diverse, certo. Ma oggi Maria di Nazaret ci racconterebbe, con Paolo di Tarso, l'in principio di bellezza di tutti, sfiorati anche noi da un brusio di bellezza: "Ci ha benedetti" scrive Paolo "con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità". Noi abbiamo fatto di questo evento accaduto nel grembo di una donna quasi un motivo di distanziamento tra noi e Maria.

Ma, per come la conosciamo, Maria ci direbbe che non si riconosce nella distanza, ma nella vicinanza. Certo, poi tocca anche a noi salvaguardare la bellezza dell'in principio. Creare bellezza. E ricordare che non siamo fatti per il degrado. Anche quando accade, in noi o fuori di noi, e ci viene da dire: "Ma che brutto!". Non so se vi siete soffermati - e sfioro così il brano della Genesi - anche Adamo ed Eva, cioè l'uomo e la donna, nel loro 'in principio' furono ricolmati di bellezza. E' scritto: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto bella. E fu sera e fu mattina: sesto giorno". Dio si incanta e si rallegra. Alla bellezza ci si incanta e ci si rallegra: "Rallegrati, Maria". E' alla bruttezza che ci si deprime.

Ma voi avete notato che nemmeno la pagina triste della Genesi si chiude sulla bruttezza. Miracolose le ultime parole che abbiamo letto: no, non si esce schiacciati, depressi, annichiliti. Ascoltate: "L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi". Sto leggendo - e voi lo avete notato, l'ho fatto altre volte - la festa dell'Immacolata nell'orizzonte della categoria della bellezza. Meno percorsa, confessiamolo, nel linguaggio religioso, dove trova ampia ospitalità la categoria della bontà e della verità. Categoria un poco trascurata, quella della bellezza, eppure sorprendentemente presente e viva nel pensare e raccontare della Bibbia, come è presente e viva nel pensare e raccontare di donne e uomini.

Anche la liturgia a volte si incanta. O dovrebbe. Al cuore mi ritornano antifone della liturgia della mia infanzia e non solo: "Tota pulchra es, Maria, et macula originalis non est in te". Parole che mi risuonano - ne risento il fascino - in un mottetto di Anton Bruckner che recupera melodie gregoriane e poi si accende di passione, sino a placarsi nell'estasi dolce del mistero. A volte mi chiedo - mi sento ingenuo, ma questa festa sembra riconciliarmi - se non dovremmo più a lungo sostare su 'bello' e 'volgare', quasi una sorta di discriminante, per capire a chi e a che cosa dare occhi e cuore e da chi e da che cosa, per grazia distoglierli.

Posso essere smentito - eppure alcune domenica fa si parlava, su suggestione di papa Francesco, di "poeti sociali" - posso essere smentito, ma la bellezza ha forza di trascinamento. Anche perché subito si coniuga, lontana da ogni evanescienza con la parola amore. Oggi la lettera agli Efesini sposava immacolatezza e amore: "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità". E se dicessimo che ci fa immacolati e belli l'amore? L'amore nella splendore della gratuità, come quello di Dio, quel perdersi per passione. Sino alla passione. Un evento da guardare. Luca usa la parola "spettacolo" per le bracca allargate sulla croce. Ma dopo aver raccontato questo desiderio di bellezza e l'importanza di dare nome di 'bello' o 'volgare', e di costruire bellezza, dobbiamo, per fedeltà alla Bibbia e alla storia, ricordare che la vita - e già dall'inizio - conosce pozzanghere.

Ma l'invito, oggi urgente, è a non arrenderci al degrado. Io ho visto - forse anche qualcuno di voi, andando per montagne - vette innevate specchiarsi in pozzanghere d'acqua. Questa festa è invito ad allontanare depressioni, disfattismi, il coro, mai spento, dei lamenti per la bruttezza del mondo e dei tempi. Per questo vorrei condividere con voi, concludendo, la preghiera di una giovane donna. Che ha conosciuto l'eccesso della barbarie umana - disumana! - trucidata in un campo di sterminio dalla brutalità dei nazisti, lei il cuore pensante delle baracche. Eccco la preghiera: "Il gelsomino dietro casa è completamente sciupato dalla pioggia e dalle tempeste di questi ultimi giorni, i suoi fiori bianchi galleggiano qua e là sulle pozzanghere scure e melmose che si sono formate sul tetto basso del garage. Ma da qualche parte dentro di me esso continua a fiorire indisturbato, esuberante e tenero come sempre, espande il suo profumo tutt'intorno alla tua casa, mio Dio.

Vedi come ti tratto bene. Non ti porto soltanto le mie lacrime e le mie paure, ma ti porto persino in questa domenica mattina grigia e tempestosa, un gelsomino profumato. Ti porterò tutti i fiori che incontro sul mio cammino e sono veramente tanti. Voglio che tu stia bene con me. E tanto per fare un esempio: se io mi ritrovassi richiusa in una cella stretta e vedessi passare una nuvola davanti alla piccola inferriata, allora ti porterei quella nuvola, mio Dio, sempre che ne abbia ancora la forza" (Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, pp. 170-171).

 

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