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TESTO Condividere è il verbo natalizio da coniugare ogni girono della vita

padre Antonio Rungi

III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (12/12/2021)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,10-18

In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

La terza domenica di Avvento, definita del gaudio ci invita attraverso la voce di Giovanni Battista, che è riportata nel testo del vangelo di Luca, a coniugare per il Natale 2021 uno dei verbi che meglio esprimono la sostanza del Natale stesso: è il verbo condividere.
Il Vangelo è molto preciso nel riportare la voce di Giovanni Battista interpellato dalla gente sul da farsi in merito al processo di conversione, da attuare nella propria vita e condotta. Infatti, interpellato da alcuni dei presenti ai suoi discorsi, Giovanni risponde alle varie domande e soprattutto indica una strada di conversione per quanti hanno ruoli, uffici e poteri.
Vediamo in dettaglio chi sono le persone che più degli altri devono cambiare strada e immettersi su un cammino di vera e sincera attesa del Messia. In primo luogo dice rivolto a tutti di essere caritevoli e sensibili verso i bisogni degli altri, liberandoci da tutto ciò che è superfluo o espressione di potenza economica e di prestigio: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Sono richiamati in questi due appelli due opere di misericordia corporale, dar da mangiare agli affamati e vestire gli ignudi. In tutti i processi di cambiamento e di conversione si parte sempre dall'amore verso gli altri, perché l'amore verso se stessi, con l'esclusione degli altri, è soltanto egoismo. Chi pensa a se stesso diventa un fortino resistente ad ogni discorso di apertura e di condivisione vera.
Passando in rassegna i vari soggetti che chiedono a Giovanni Battista che cosa debbono fare per ricevere il battesimo di conversione dei propri peccati, entrano in campo i pubblicani, ai quali Giovanni risponde con queste poche ma importanti parole: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Sappiamo che i pubblicani erano gli addetti alla riscossione delle tasse per conto dei Romani, pari agli esattori di oggi per conto dello Stato e in questo ufficio e ruolo approfittavano per mettersi da parte il denaro chiesto in eccedenza e cioè più del dovuto.
Più si facevano pagare e più si arricchivano. Erano degli appaltatori delle imposte che passavano allo stato chiedendo ai cittadini la somma come introito di una tassa, che poi esigevano per proprio conto.
Per estensione il termine assume quindi il significato di gabelliere, con una connotazione soprattutto dispregiativa, nel senso di essere esoso nel chiedere le tasse. Erano considerati pubblici peccatori.
Altra categoria che scende in campo in questo vangelo sono i soldati, i quali chiedono a Giovanni: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Risposta lapidaria e precisa quella data ai soldati, a conferma della grande conoscenza delle debolezze anche di questi soggetti che Giovanni Battista possedeva: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Evidentemente maltrattavano le persone, chiedevano soldi e non erano contenti delle paghe che ricevevano da Roma. Condividere, non rubare ed accontentarsi sono i tre verbi che completano le azioni da compiere secondo il brano del vangelo.
I moniti e richiami fatti da Giovanni a tutti, manifestano l'autorevolezza che Egli aveva e la stima che godeva presso il popolo, il quale era in attesa del Messia e del liberatore. Per cui tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo. La consapevolezza della sua identità e della sua missione fa replicare Giovanni parlando alla gente con queste semplici e chiarificatrici parole: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali”. Gesù è detto più forte, superiore a Giovanni al quale il profeta non è degno di slegare i sandali, considerata all'allora un'azione estremamente umiliante. Giovanni nella sua grande umiltà ammette che non è degno di fare a Gesù Messia neppure questo umile gesto di sottomissione. Ed aggiunge indicando quale sarà la missione di Cristo: Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Ma sarà anche un giudice accorto e preciso nel valutare le persone. La cernita la farà direttamente lui. Infatti, Egli tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Premio e castigo, paradiso e fuoco eterno dell'inferno. Il parlare di Giovanni non si limita, però, a queste poche raccomandazioni, ma con molte altre esortazioni evangelizzava il popolo.
Tali esortazioni oggi sono rivolte anche a noi, anche se non siamo esattori di tasse o militari, ma semplici cittadini e cristiani che vogliono prepararsi al Natale nell'onestà, nella rettitudine, con un sincero pentimento dei propri peccati e con l'impegno di iniziare una vita nuova, segnata dalla grazia e dalla condivisione del bene, rifiutando ogni istigazione al male.
La gioia di un cristiano sta proprio nell'avere la coscienza a posto e serena di fronte a Dio, a se stessi e agli altri.

Ce lo ricorda con parole diverse, ma altrettanto espressive e significative del cammino dell' Avvento, anche la prima Lettura, tratta dal libro del profeta Sofonìa. Il profeta si rivolge a Israele, nel nome del Signore e lo invita a rallegrarsi, perché il Signore ha revocato la sua condanna, ha disperso il suo nemico. Infatti farà sorgere un Re, che non farà temere più alcuna sventura, non farà cadere le braccia per la disperazione, ma sarà un Salvatore potente. Porterà gioia, rinnoverà il patto d'amore con il suo popolo e insieme a lui Sion canterà di gioia e vivrà di gioia.

Chiaro riferimento alla venuta di Gesù Cristo che sarà motivo di gioia e di speranza per tutti. L'apostolo Paolo scrivendo ai Filippési invita i suoi fratelli nella fede ad essere sempre lieti nel Signore. La letizia si traduce in amabilità, in serenità, senza angustie, ma con il rivolgersi a Dio con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
Questo modo di agire recherà la pace di Dio, che supera ogni intelligenza. Vivendo in pace i cuori e le menti riposano in Dio serenamente senza inquietudini e agitazioni di ogni genere.
Il Natale al quale ci stiamo preparando è un forte appello a ritrovare, gioia, pace e serenità in Colui che puoi darci in modo certo tutto questo.

 

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