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TESTO Commento su Marco 13,24-32

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (14/11/2021)

Vangelo: Mc 13,24-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,24-32

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

25le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Siamo ormai prossimi alla chiusura dell'anno liturgico e, per questo, siamo proiettati a riflettere sul tema escatologico, ossia, lo sbocco naturale verso cui si indirizza il cammino terreno. Il testo che ci viene proposto in questa domenica, infatti, parla delle “cose ultime” e il suo linguaggio si manifesta complicato e per certi versi misterioso, nel senso che punta a parlarci di realtà nascoste che siamo chiamati a conoscere. L'esistenza di ciascuno di noi non si dissolve nella storia, nel contesto sociale in cui si ritrova a vivere, poiché tutto scompare: ciò che abbiamo eletto e adorato come nostra divinità (sole e luna), come pure la nostra speranza, riposta in ogni forma di potere (stelle). Scompare il tempo, scompaiono i punti di riferimento, quelle luci che sembravano l'assoluto e che, invece, sono destinate a terminare, come tutto ciò che è terreno, a eccezione di me come persona, come figlio del Dio assoluto, che è Signore del cielo e della terra. Marco ci conduce nella centralità del buon annuncio, ricordandoci non solo che siamo fatti di cielo, ma che ciò che può sembrare la fine, in realtà è la manifestazione di un nuovo inizio. Quando il nostro sguardo medita queste crisi vede giungere il Figlio dell'uomo: il senso della storia. È bene dunque che le nostre intelligenze vengano terremotate, è bene che le nostre sicurezze decadano di colpo, nelle tante crisi che la vita ci pone dinanzi, poiché in questo modo, tutto ciò che è stato vissuto come il venerdì della passione si aprirà alla lettura del terzo giorno pasquale. Non andiamo verso il nulla o la dissoluzione, ma ripercorrendo al contrario lo scandirsi biblico dei giorni della creazione, veniamo riportati presso la nostra essenza, che è Dio, accompagnati dall'amore del Figlio. Nel mondo, tanta gente sperimenta su se stessa le ferite di una vita, che non ha più tempo, nel suo svolgersi monotono, e che risulta sempre più caratterizzata dalle depressioni di chi non ha speranze future. Molti hanno subìto le ferite della delusione, per aver riposto fiducia in chi, poi, è caduto miseramente, rivelando la sua vera natura; ma è proprio attraverso queste crisi che veniamo invitati ad andare oltre, facendo divenire queste ferite, come ci ricorda don Tonino Bello, le feritoie della luce pasquale, da cui traspare, a testimonianza per il mondo, l'essenza delle cose, quell'andare incontro a Colui che viene.


Commento a cura di Luca De Santis

 

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