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TESTO Il primato dell'amore

don Luca Garbinetto   Pia Società San Gaetano

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (31/10/2021)

Vangelo: Mc 12,28-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 12,28-34

28Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; 30amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi». 32Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; 33amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Esiste una gerarchia nell'amore?
Indubbiamente: alcune cose si amano più di altre. Soggettivamente è evidente. Ma dal punto di vista oggettivo? La domanda dello scriba a Gesù sollecita una riflessione che deve valere per tutti, non sottomessa ai gusti personali. Questo perché l'amore non è semplicemente un sentimento, come oggi comunemente si pensa, e dunque non è riducibile al va e vieni delle personali esperienze emotive. L'amore è una scelta, una decisione, un coinvolgimento totale della persona, una convergenza di tutto l'essere verso un oggetto altro da sé. Qualcosa di impegnativo, dunque. E affascinante.
Si può quindi amare qualcosa o qualcuno più di qualcos'altro o di qualcun altro? L'esperienza ci dice di sì. L'ideale pure, ma con una logica innovativa. Nella prospettiva della meta, l'amore non è ordinabile in maniera piramidale, non misura le priorità su scala di valore. L'amore ha una gerarchia avvolgente, parla un linguaggio del coinvolgimento, in qualche modo sollecita sempre relazioni di reciprocità. Se si ama, l'amore genera amabilità e dunque anche il non amabile e il meno amato diviene attraente e accumula amore.

L'amore si genera e cresce amando.
Ecco perché non ci stanno tante logiche matematiche dentro la risposta di Gesù alla domanda, poi raccolta dallo stesso scriba con una insistenza sull'identità. Si ama prima Dio, con tutto se stessi, ma anche il prossimo, e come si ama se stessi. Dunque, Dio, l'altro e me, siamo oggetti dello stesso amore, che circola e si rinnova. A condizione che sia reale, autentico, cioè nel cammino della verità, della donazione sincera, della libertà che non trattiene. Così l'amore non è un comandamento imposto dall'esterno, ma un'esigenza interiore che si compie.
C'è quindi da capirsi.

Certamente è Dio la fonte dell'amore, perché Egli è l'amore.
Da Lui ha origine la possibilità di ricambiare l'amore, divenendo quindi ciò che siamo: a sua immagine e somiglianza. Ma Dio stesso ha voluto tradurre in concretezza questa sua offerta di vita piena, e per garantire la possibilità di amarlo davvero ha chiesto di spostare l'attenzione da Lui ai fratelli. O meglio, al fratello che si ha accanto, qui e ora. Questo è il prossimo: non colui o colei che mi sono scelto, che mi va di amare, che decido di fare oggetto del mio amore con una valutazione previa, bensì chi la vita stessa mi pone a fianco e che diviene il volto, l'opportunità da cogliere, la chiamata ad amare adesso.

L'amore di Dio, quindi, diviene reale in me se si riversa al prossimo.
Per di lì passa la restituzione di quanto ho ricevuto.
E il circolo aprendosi si chiude, perché esercitando l'arte dell'amore, scoprendo passo dopo passo la capacità di imitare il Creatore e Padre, si sperimenta di maturare nell'autoconsapevolezza di essere amabili. Facendo scorrere il sangue blu dell'amore, io stesso amo la persona che sono, cioè lo splendore del dono che Dio ha fatto a me e al mondo creandomi così come sono. Succede proprio che, nell'impegno di amare il prossimo, soprattutto se è un esercizio oneroso per le tracce poco attraenti che permangono nel fratello, mi dimentico delle mie fatiche ad accettarmi e ad amarmi con i miei difetti. Ho meno tempo per pensare a come posso essere antipatico a me stesso, e cresce la coscienza di avere una potenzialità degna del Paradiso.
Un vortice, dunque, che per innescarsi e per restare vivo necessita un passo iniziale, che diviene pure un atteggiamento di fondo. Devo decidere di pormi dalla parte di chi ascolta, come la Legge insegna da generazioni: “Ascolta, Israele” (v. 29). Chi ascolta sa di essere destinatario, prima che protagonista attivo. Chi ascolta apre orecchie e cuore a ricevere, e fa scorta dell'amore stesso di cui vuole essere distributore. Chi ascolta si comprende nella necessaria dipendenza dalla Fonte per alimentare la fontana zampillante aperta in lui dal dono della Parola amante.

Oggi è tempo dunque di... non perdere tempo!
Non vale la pena di rimuginare false contrapposizioni tra Dio e l'uomo, tra me e l'altro. In una alleanza radicale, che genera solo vita, e vita in abbondanza, il circolo verace dell'amore rende l'esistenza vigorosamente aperta alla bellezza del regno di Dio. Che inizia qui sulla terra esattamente in chi e da chi ha scelto l'amore come stile, legge, meta. Insomma, identità e vocazione.

 

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