TESTO Commento su Matteo 5,1-12
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Tutti i Santi (01/11/2021)
Vangelo: Mt 5,1-12
In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».
COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di padre Alvise Bellinato
Ritorno al futuro
Da sempre gli uomini e le donne sono affascinati dal mistero del futuro.
Cercano modi per poterlo conoscere, si interrogano su cosa accadrà dopo la morte, su come andrà a finire la storia umana, se e quando ci sarà una fine del mondo.
È come quando si guarda un film e, assistendo alle varie scene, ci si interroga su quale sarà il finale.
Queste domande toccano il cuore di ogni persona, indipendentemente dalla sua fede, cultura, appartenenza sociale o politica.
Cercare di rispondere alla domanda sul futuro significa cercare di trovare un senso alla nostra vita presente.
Papa Benedetto, nella sua enciclica Spe Salvi, parlando della vita dopo la morte, dice che da essa dipende la vita su questa terra. Se noi crediamo che dopo la morte la nostra vita non finirà, ma verrà trasformata e continuerà in una nuova dimensione, allora anche il nostro vivere quaggiù sulla terra cambia di prospettiva e di significato: siamo dei pellegrini che camminano verso il paradiso, la nostra vita sulla terra è solo un passaggio che ci conduce all'eternità.
In questa prospettiva diventano anche più accettabili il dolore e la sofferenza perché, come dice un noto proverbio popolare: “Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto”.
Paradossalmente, dalla vita dopo la morte dipende il modo in cui viviamo la vita sulla terra: dal futuro dipende il presente! È molto importante, per noi cristiani, tornare al futuro: pensarci di più, riflettere, meditare su di esso. Ed è esattamente ciò che ci invita a fare la solennità di tutti i santi.
Parlare usando il futuro
Una seconda osservazione che possiamo fare sulla liturgia odierna, è che essa si presenta tutta declinata al futuro:
Il Vangelo ha tutti verbi al futuro (“saranno consolati, avranno in eredità la terra, saranno saziati, troveranno misericordia, vedranno Dio...”);
La seconda lettura è rivolta al futuro (“ciò che saremo non è stato ancora rivelato... saremo simili a lui perché lo vedremo...”);
Il Salmo si pone delle domande sul futuro (“Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?”).
E la prima lettura, dal libro dell'Apocalisse, si può permettere di usare verbi al presente proprio perché è ambientata tutta nel futuro.
Noi cristiani l'unica risposta sul futuro la possiamo trovare nella Bibbia.
Ed è una risposta piena di luce, consolazione, gioia e speranza.
La Sacra Scrittura ci dice che nel nostro futuro c'è la comunione con Dio: essere segnati sulla fronte con il sigillo significa, nel linguaggio simbolico dell'Apocalisse, appartenere a Dio, essere suoi figli. Noi siamo già stati segnati sulla fronte con il segno della croce, il giorno del nostro Battesimo: mediante esso siamo diventati partecipi della morte di Cristo, per condividere con Lui la sua risurrezione.
La veste candida, indossata dai santi nel Paradiso, rappresenta l'anima purificata dal sangue di Cristo, la palma nelle loro mani è segno delle sofferenze che hanno saputo sopportare durante la loro vita e la moltitudine immensa di uomini e donne che stanno davanti al trono di Dio è una immagine che ci dice che essi sono nostri amici, intercedono per noi, ci sono vicini e ci confortano.
Citando il Salmo 23, potremmo dire che noi siamo “la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe”. Anche noi desideriamo “salire il monte del Signore, stare nel suo luogo santo”, ma per riuscire a fare questo dobbiamo custodire mani innocenti e cuore puro: le mani indicano le azioni che compiamo, il cuore le nostre intenzioni e i pensieri.
C'è quindi una ricompensa per coloro che osservano i comandamenti, prima di tutto il comandamento dell'amore (verso Dio e verso il prossimo), anche se la vita, qualche volta è in salita, difficile, faticosa.
Il buon alpinista sa che la fatica dell'ascensione viene ripagata alla fine dalla visione magnifica del panorama, quando si giunge alla vetta.
San Giovanni, nella sua prima lettera, che è soprannominata “la lettera dell'amore” ci dice che noi già abbiamo qualche segno, che ci anticipa sulla terra la nostra condizione futura. È come se avessimo già ricevuto la caparra del nostro destino finale. Possiamo intravedere, nella nebbia della vita, la meta finale.
Possiamo chiamare Dio “Padre Nostro”, e quando lo facciamo sappiamo che siamo realmente suoi figli. Viviamo nella fede, e non in visione.
Ma verrà presto un giorno in cui potremo vedere Dio come è, la nebbia svanirà e noi saremo simili a lui, contemplandolo faccia a faccia.
Cosa possiamo fare, allora, per raggiungere la vita eterna, la contemplazione di Dio, la comunione con tutti coloro che ci hanno preceduto e già godono della visione beatifica di Dio sulla cima del monte santo?
Il vangelo delle Beatitudini ci offre una risposta e una serie di orientamenti.
I verbi sono al futuro, ma la pratica deve avvenire al presente.
Le Beatitudini non ci descrivono tanto la condizione futura dell'uomo, quanto il cammino suggerito per arrivarci e per sperimentare, sin da quaggiù, una anticipazione della gioia futura.
La povertà di spirito, il pianto, la mitezza, la giustizia, la misericordia, la purezza di cuore, la riconciliazione, la persecuzione, sono tutte strade che ci preparano la via del cielo.
“Grande è la vostra ricompensa nei cieli” ci dice Gesù nel Vangelo.
Tutto ciò si può realizzare a condizione che in noi ci sia una profonda fiducia in Cristo, che ci ha detto: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14, 2-4).
La tradizione liturgica della chiesa ha espresso la fede nella comunione dei santi in una preghiera che è come una sintesi di quanto abbiamo detto finora e che ci può aiutare oggi a vivere con il giusto atteggiamento non solo la festa odierna, ma anche la commemorazione di tutti i fedeli defunti, di domani.
“Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono; la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria, Madre di Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi. [...] Tu possa tornare al tuo Creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra. Quando lascerai questa vita, ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. [...] Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno”.