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TESTO Il rimasuglio di una sosta

don Angelo Casati  

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I domenica dopo la Dedicazione (Anno B) (24/10/2021)

Vangelo: Mc 16,14b-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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14Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Mi succede di riandare con il pensiero di tanto in tanto a quegli undici, senza più Giuda, e di pensare che senza di loro non saremmo qui oggi. Furono il primo anello di una consegna, una consegna del vangelo: "andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura". Ma come saranno risuonate dentro di loro le parole? E poi quel luogo a cui andare, così sconfinato, senza connotazioni che restringessero l'orizzonte. Loro e l'immensità, del mondo. Loro che forse non erano mai usciti dal loro paese, paese e lago e monte. E dove arrivava nel loro immaginario, quella sera, il mondo? Dico sera, e a tavola, perché è in questo contesto che i versetti, letti oggi, collocano la consegna di annunciare il vangelo. Ma forse qualcuno ricorda che questi versetti non sono di Marco. Sono delle compilazioni aggiunte. E molti di noi ricordano che, per esempio, Matteo dà alla consegna lo spazio sconfinato di un monte, da dove lo sguardo spinge, di suo, lontano. Una cosa però viene concordemente riconosciuta nei testi - sconcertante - che fu una consegna a dubitanti, resistevano a credere.

I versetti che precedono i nostri dicono che in casa era arrivata quel mattino, ad annunciarlo risorto, Maddalena, ma essi non le credettero; poi, a sera inoltrata, i due di Emmaus, nemmeno a loro credettero. Una consegna a mani fragili, le nostre. Per questo le parole di Gesù ai nostri occhi sembrano colorarsi di follia. Mi direte che non è poi così raro sentirle abitate da follia. Ma, senza un po' di follia, non ci si muove. In nessun campo. Soprattutto quando di mezzo c'è una persona. E in quelle parole c'era di mezzo lui, Gesù. La notizia buona, da proclamare, era lui. "Proclamate il vangelo": il verbo - notate - non odora di predicazioni stentoree. Lo abbiamo scolorito. Ha colore di annuncio. E non vi sembri strano: è all'aperto, il mondo, ma custodisce anche una intimità. Perché tu racconti ciò che ti batte in cuore. E la voce un po' trema, quando dici l'amore.

Ho letto la differenza nella "Evangelii gaudium di papa Francesco. Ho letto: "Un dialogo è molto di più che la comunicazione di una verità. Si realizza per il piacere di parlare e per il bene concreto che si comunica tra coloro che si vogliono bene per mezzo delle parole... Non si tratta di verità astratte o di freddi sillogismi, perché si comunica anche la bellezza delle immagini che il Signore utilizzava per stimolare la pratica del bene" (142). E papa Francesco chiede che si presti una speciale attenzione alla "via della bellezza": "Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove....Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola" (167). Ebbene, mentre condivido con voi questi pensieri, mi bussa e ribussa agli occhi il racconto di Filippo e l'eunuco. Mi verrebbe da dire che dovremmo ritornare a quel racconto. E' un racconto ricco di suggestioni. Ne sfioro alcune, convinto che voi ne scoprirete a non finire.

Ci sembra di risentire nell'aria del racconto la parola di Gesù: "andate in tutto il mondo". Non fermatevi nei luoghi cosiddetti sacri. Già l'inizio è stupefacente. Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: "Àlzati e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta". "Ma è deserta": avremmo obiettato noi. E quante volte lo diciamo. Ore della storia, ore della vita, ore dell'anima definite un deserto. Ma lui non aveva forse detto: "Tutto il mondo"? E del mondo non fa parte anche il deserto? Sì! E anche il vuoto? Non voglio scandalizzare. Ma vorrei dirvi che per ricevere un annuncio è meglio il vuoto che il troppo pieno. Troppo pieno non ci sta. Occorre quel silenzio, che troppo spesso chiamiamo banalizzando "vuoto". Proprio ieri l'altro una giovane donna magistrato mi raccontava come fosse rimasta affascinata dalle parole di una amica poetessa, Chandra Livia Candiani che scrive - ed è titolo di un libro che "Il silenzio è cosa viva".

Filippo su invito di un angelo "si alzò e si mise in cammino": "alzarsi", verbo contro tutti gli immobilismi, contro i troppi immobilismi, verbo molto recensito nei vangeli. E nel "vuoto non vuoto" del silenzio un rumore. Il silenzio fa sì che lo senti da lontano, era il rumore di un carro, come se le presenze, quando sono quelle che ti toccano, tu le avvertissi quando ancora sono lontane. So che mi capite questo è il clima per un annuncio del vangelo, un clima di simpatia a priori, che ti fa salire sul carro. E non fai prediche. Osservi: è uno che sta leggendo, intento a leggere. E osi una domanda, che vale anche per te: "Capisci quello che stai leggendo?". Non abbiamo forse tutti bisogno di qualcuno che ci aiuti a capire che cosa stiamo leggendo, della vita, del senso della vita? Seduti insieme, niente pulpito, non dall'alto in basso. E' scritto: "E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui". Voi mi capite il vangelo accade sedendo accanto. Sì, perché, alla fine di quel raccontarsi, fuoriuscì il cuore dell'annuncio, non un elenco di teorie. Sentite la bellezza: "Filippo annunciò a lui Gesù". Tutto qui. Poi l'acqua. Poi non sai dove sarà arrivato quel nome, Gesù. Etiopia? Un altro deserto secondo i calcoli di quelli che la sanno alla lunga. Il nome e l'acqua del battesimo. Che dice il gorgogliare silenzioso della vita.

Stare nella vita, guardare con simpatia i carri, sedersi accanto, raccontarsi. E se la vita - lasciatemi dire - tenta di rubarci il tempo del carro, del racconto, difendiamo il sogno. E' essenziale per l'annuncio. Oggi non vedo carri. Da vecchio sono arrivato a sognare una panchina:

Ora che i marciapiedi
gridano accorati
alla ristrettezza,
sorte amara è andare
uno in fila all'altro
senza abbracciarsi,
senza raccontarsi,
quasi fosse divieto
d'amore e di amicizia.
Inseguo da lontano la piazza,
la panchina del raccontare,
Il rimasuglio di una sosta,
l'entrare negli occhi.

 

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