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TESTO Far fruttificare i talenti ricevuti

padre Antonio Rungi

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/11/2005)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Al centro della Parola di Dio della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario c'è la parabola dei talenti. Un testo del Vangelo tra i più conosciuti e forse citati, soprattutto di fronte al nostro impegno o disimpegno nell'ambito della chiesa e della società, nonché nella molteplicità dei servizi richiesti a noi, dagli altri, in base proprio ai carismi ed ai doni personali. Eppure qui il testo si colloca nel contesto di un'esperienza di fede che riguarda la conclusione dell'anno liturgico, che, chiaramente, pone alle nostre considerazioni e meditazioni il tema della salvezza eterna della nostra anima. I vari elementi narrativi riportati nel brano ci aiutano a comprendere appieno quale è il migliore atteggiamento da parte di noi credenti di fronte ai doni ricevuti e molto spesso non impiegati appieno. Tempo quindi di verifica non solo a conclusione di un anno di vita cristiana, ritmata dai vari tempi della liturgia, ma anche in vista della nostra salvezza definitiva.

"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: "Un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".

Nel testo è facile capire la bontà e la generosità di Dio verso chi, nonostante i limiti e le difficoltà, cerca di vivere secondo gli insegnamenti ricevuti, ma anche la sua severità verso coloro che sono fannulloni, non si impegnano per nulla ad agire secondo i dettami della propria fede.

Il testo del Vangelo è raccordo in modo evidente alla Seconda Lettura odierna, tratta dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Tessalonicesi. Anche qui c'è il richiamo all'eternità, al destino ultraterreno dell'uomo, in ragione del quale è bene pensare ed agire secondo quello che l'insegnamento della Chiesa ci dice, interpretando il Testo Sacro e contestualizzando ai vari tempi della storia dell'umanità, per vivere nel solco della salvezza. "Fratelli, riguardo ai tempi e ai momenti, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore. E quando si dirà: "Pace e sicurezza", allora d'improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii".

Sembra fuori contesto la Prima Lettura odierna, tratta dal Libro dei Proverbi. In realtà, troviamo in essa dei significativi punti di incontro con tutti i testi sacri proposti nella Parola di Dio di oggi. Infatti, il riferimento alla donna perfetta non è fuori luogo, perché è la donna che lavora, costruisce e realizza qualcosa di importante per sé e per gli altri. E' il modello della donna operaia, lavoratrice, non fannullona, che insegna ad operare per la gioia ed il benessere altrui, partendo dal marito e dalla famiglia. Tutta la sua esistenza è impostata sul timore-amore di Dio. "Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e gira il fuso con le dita. Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero. Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Datele del frutto delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della città".

E non senza motivo di gioia e di speranza, cade sotto la nostra attenzione anche il Salmo responsoriale di questa Domenica. Il testo è del Salmo 127: "Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie. Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d'ogni bene. La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa. Così sarà benedetto l'uomo che teme il Signore. Ti benedica il Signore da Sion! Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme per tutti i giorni della tua vita".

Di fronte a tanta insoddisfazione della vita, a causa di tante nostre personali vicissitudini e per i tanti problemi oggi esistenti, questo appello alla beatitudine vera è un'iniezione di speranza nel cuore di ciascuno di noi se però viviamo nella stessa prospettiva che qui viene indicata come rotta di marcia, che non ammette svolta alcuna, per quanto legittima sia. Bisogna rigare diritto per la strada della vera felicità e della vera gioia, che solo in Dio possiamo trovare.

 

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