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TESTO Commento su Matteo 25,14-30

Agenzia SIR  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/11/2005)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Un anno fa i sacerdoti della Diocesi di Roma chiesero a Giovanni Paolo II se conosceva qualche frase in romanesco. Rispose con perfetto accento: "Damose da fa'". L'esortazione potrebbe "dare senso" al Vangelo di questa domenica, la parabola dei talenti, dove siamo invitati a fare fruttificare con impegno i doni che abbiamo ricevuto, tanti o pochi che siano.

UN DONO PER TUTTI. Partendo per un viaggio, un uomo consegnò i suoi beni ai servi, dando a chi cinque, a chi due e a chi un talento. Si trattava di somme cospicue da far fruttificare, secondo le proprie capacità. I servi non li avevano né meritati né guadagnati. Anche se in quantità diversa, tutti li avevano ricevuti in dono. Come avviene nella vita cristiana. Non si parte da zero per seguire Cristo, ma con i doni che ci ha elargiti, senza nostro merito, a cominciare dal Battesimo, che ci fa partecipi della stessa vita divina. Nella fede, nessuno si è fatto da sé. Tutti abbiamo bisogno di doni che vengono dall'alto, anche se di questi doni preziosi noi dobbiamo tenere conto e farli fruttificare.

BLOCCATO DALLA PAURA. I servi che hanno beneficiato dei cinque e due talenti, nel periodo di assenza del padrone, si sono considerati proprietari di quei beni e "si sono dati da fare" per farli fruttificare. Il terzo, invece, quello di un solo talento, pensò di dover restituire al padrone quanto gli era stato affidato, considerando che non era roba sua, ma che il padrone gliela avrebbe richiesta. Per paura si guardò bene di rischiare. Non è riuscito a credere alla totale fiducia che il padrone aveva riposto in lui. Il dono si è tradotto in lui in un oggetto imbarazzante, anzi motivo di paura. Al ritorno del padrone si becca i suoi rimproveri, proprio perché la paura aveva finito per paralizzare ogni possibile attività. Il Signore non vuole essere servito per paura, ma per amore. I doni che ci ha dato da trafficare, pur restando suoi, devono trovare in noi la volontà di migliorarli e di farli giungere alla perfezione.

I SERVI ELOGIATI. Gli altri due servi, il primo e il secondo, che lavorando hanno raddoppiato i doni ricevuti, vengono elogiati dal padrone, che li ricompensa. Hanno risposto alle sue attese. In altre parole, il primo dono, fatto al credente, è la sua fede. Il talento più prezioso, che non deve nascondere né tenere per sé ma farlo conoscere con le parole e la coerenza della vita. Nelle sue recenti esortazioni, Benedetto XVI ha proprio insistito su questo aspetto della vita cristiana, dicendo più volte che la fede non è da conservare nell'intimo della coscienza, ma deve essere proclamata e testimoniata nella vita di ogni giorno, assumendo impegni per la famiglia e la società. Non solo, la fede ha bisogno di essere trasmessa alle nuove generazioni e ai popoli ai quali non è giunto ancora l'annuncio del Vangelo. Questi popoli, come masse scristianizzate, sono oggi anche tra noi, nella nostra vecchia Europa. Dobbiamo tutti assumerci l'impegno di far crescere la nostra fede, di renderla più robusta e più forte, adulta per essere testimoniata e diffusa.

Commento a cura di don Carlo Caviglione

 

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