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TESTO La logica del “dare e avere”

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/10/2021)

Vangelo: Mc 10,17-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 10,17-30

17Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». 20Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». 22Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

23Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

28Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.

“L'ignoranza, quando si trova associata con la ricchezza, degrada l'essere umano”.

“Un popolo ignorante sarà sempre povero. Un popolo educato e formato sarà sempre forte e libero. Un popolo di uomini educati sarà sempre una nazione di uomini liberi. L'educazione è l'unico mezzo di salvezza dalla schiavitù e dalla povertà”.

Queste due frasi sono state pronunciate rispettivamente dal filosofo Arthur Schopenhauer e dallo scrittore e politico José Martí, vissuti entrambi nella seconda metà del XIX secolo, il primo in Germania e il secondo a Cuba. Due uomini provenienti da due mondi tra loro diametralmente opposti, eppure accumunati da un solo desiderio: il sapere, la conoscenza, l'istruzione e l'educazione come antidoto all'ignoranza, alla povertà e alla schiavitù. Sì, perché puoi essere anche l'uomo o la donna più poveri di questo mondo, ma se sei formato, educato, istruito, sarai sempre libero e soprattutto più ricco di una persona che, pur possedendo molti beni, ha sempre pensato che questi fossero sufficienti a renderlo ricco, libero, realizzato, importante, potente, onorato, rispettato. Non è così: e la Liturgia della Parola di oggi ce lo ricorda in maniera inequivocabile, già a partire dalla prima lettura.

“Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento... nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile”: così l'autore del libro della Sapienza - dalla tradizione spesso identificato con il Re Salomone o con qualcuno del suo staff - ci ricorda che nessuno dei beni di questo mondo ha valore quanto la sapienza, l'istruzione e la conoscenza. E queste cose, non si acquistano con i soldi, ma - come dice il Salmo che abbiamo pregato - imparando “a contare i nostri giorni”, cioè a misurare la nostra vita, a dare peso alle cose che viviamo e al tempo che ci è dato da vivere, al quale - per quanti soldi possiamo avere - non possiamo aggiungere un solo giorno di quelli che Dio ci ha messo a disposizione.

E se questo non bastasse, l'episodio del Vangelo (molto noto come “l'incontro con il giovane ricco”) ci delucida ancor meglio l'orizzonte di senso nel quale collocare la nostra esistenza: ovvero, che i soldi e le ricchezze non ci permettono di avere tutto. Il tale che si fa incontro a Gesù ha tutto, possiede molti beni: e ne possiede talmente tanti che non capisce come mai non possa avere anche il bene più importante, la vita eterna. Egli, infatti, si avvicina a Gesù in modo anche plateale (si getta in ginocchio davanti a lui... pur di farsi vedere, certa gente...) per sapere che cosa dovesse fare per “avere in eredità la vita eterna”: probabilmente, di eredità ne ha già ricevuta parecchia, gli mancava “solamente” la vita eterna. E Gesù non si rifiuta di indicargli il modo per acquistarla: gli rammenta quali siano i comandamenti che deve osservare. E guarda caso, dei dieci comandamenti Gesù non cita quelli che riguardano il rapporto con Dio, ma solo quelli che riguardano le relazioni con i fratelli, tra l'altro aggiungendone uno che, forse, riguardava da vicino la vita di quel tale: “Non frodare”. La frode nel mondo giudaico era identificata con il trattenimento del salario dell'operaio, ovvero frodare significava far lavorare la gente per sé senza darle il giusto salario: cosa che spesso accade con chi ha tutto, con chi possiede tutto, che diventa talmente avido da impossessarsi anche di ciò che, pur essendo suo, non gli appartiene, perché dovrebbe onestamente darlo a chi ha lavorato per lui. Il messaggio di Gesù è chiaro: vuoi “avere la vita eterna”? Devi imparare ad aprire con Dio un conto di “dare-avere”, perché con Dio e con la vita eterna che lui solo può dare, la logica del solo “avere” non regge. E allora devi imparare a donare rispetto, verità, giustizia e amore.

Ma questo tale non ci sta: sono tutte cose che lui ha già fatto, sono cose che tutti quanti fanno, lui vuole di più. Lui vuole avere anche ciò che gli altri non hanno. E Gesù lo accontenta: gli dona il suo amore attraverso uno sguardo, quello sguardo al quale è davvero impossibile dire di no. “Fissò lo sguardo su di lui e lo amò”: è quello sguardo che chi ama sa bene quanto sia difficile da reggere, e di fronte al quale non si riesce a dire di no, anche alla richiesta più forte e radicale. A meno che... non si abbia intenzione di rifiutare di lasciarsi amare, oppure si abbia già un altro amore: e questo tale, che aveva tutto, quell'amore l'aveva già, era l'amore per i suoi molti beni, un amore talmente grande e un attaccamento talmente viscerale di fronte al quale neppure la prospettiva della vita eterna, la più grande sapienza che l'intelletto umano possa conoscere, lo porta a rinunciare a ciò che ha per donarlo a chi non ha nulla.

C'è poco da fare: quando hai molti beni e molte ricchezze, pensi di poter ottenere anche quello che ti manca attraverso ciò che hai, convinto che i soldi ti permettono di fare tutto. E lo diciamo spesso: “Con i soldi puoi fare tutto”. È vero: con i soldi puoi fare tutto: puoi comprare quello che vuoi, puoi permetterti qualsiasi agio, puoi toglierti qualsiasi sfizio, puoi tenere tutto sotto controllo, puoi permetterti di fare la bella vita, puoi comandare sugli altri, hai addirittura la possibilità di far litigare i tuoi cari anche dopo che tu non ci sarai più, perché - pensa un po' - nel momento in cui la tua vita da terrena e mortale ha la possibilità di diventare eterna, i tuoi soldi non te li puoi portare dietro, e siccome lasciandoli qui crei negli altri la stessa cupidigia che hai avuto tu, rovini la tua vita e anche quella degli altri. E magari ti accorgi di aver buttato via la tua vita terrena acquistando di tutto, senza preoccuparti dell'unica ricchezza che conta: la sapienza del cuore, che purtroppo per te non si acquista “avendo” a disposizione dei beni, ma “donando” agli altri quel che si è e quello che si ha.

Sì, va beh... ma questa è una visione ideologica e idealista: come campiamo, senza soldi? Come buttare all'aria tutto ciò che abbiamo guadagnato in una vita di lavoro? Come è possibile donare tutto agli altri senza tenere nulla per noi stessi, solo per guadagnare la vita eterna? Sono le domande che ci poniamo e che anche i discepoli si pongono di fronte alle affermazioni di Gesù: tanto più che la visione giudaica delle ricchezze era che fossero un segno della benedizione di Dio, e quindi avere molti beni voleva dire essere stato fortemente benedetto da Dio, per cui “chi si salva più”, se nemmeno il ricco può entrare nel regno di Dio?

È ancora possibile entrare nella vita eterna pur avendo molti beni? A Dio nulla è impossibile, perché la sua logica è chiara: ciò che hai non può condizionare ciò che sei, ciò che hai ti permette tutto in questa vita ma non ti dona quella eterna, ciò che possiedi ti dà il diritto di acquistare ciò che vuoi ma non acquisterai mai la sapienza, ciò che hai è segno della benedizione di Dio nella misura in cui questa benedizione la condividi con chi non l'ha ricevuta, ciò che hai è buono se apri con Dio un rapporto di “dare e avere” e non solo di “avere”.

Perché l'avere tesori qui in terra non porta a nulla, e soprattutto prima o poi finiscono; avere e dare, invece, forse non ti fa avere così tanti tesori in terra, ma ti fa accumulare un tesoro in cielo. E quello, stai pur certo che non finisce.

 

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