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TESTO Luogo sacro una strada

don Angelo Casati  

V domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno B) (03/10/2021)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Ci sono domande che incrociano la nostra sete di capire. E questa è nell'aria, sospesa: "Che cosa devo fare?", o, al plurale: "Che cosa dobbiamo fare?". Il dottore della legge aggiunge "per ereditare la vita eterna", aggiunta Intrigante, la parola "eterna" allude a una vita che si prolunghi, che non abbia i giorni contati, che non sfiorisca a sera. Intrigante anche il verbo usato dal dottore della legge, il verbo "ereditare la vita eterna": quello che hai radunato, nel grembo della vita, certo è frutto di ciò che hai fatto, ma anche di ciò che hai ereditato. Alla fine è come se in quello che hai radunato ci fosse una mescola, c'è del tuo, ma anche tanto di ereditato.

Così se guardo la mia vita: tanto di ereditato! Da Dio, da sorelle e fratelli in umanità, dal creato. Ci sono lucentezze che non vengono da me. Premesso questo, che cosa dobbiamo mettere di nostro? Che cosa leggi, che cosa non devi dimenticare. Sconfinando nel passo del Deuteronomio, potremmo ritradurre la domanda in: "che cosa c'è di importante, di così importante da invocare l'attenzione, in casa e per le strade, e quando ti svegli e quando ti corichi, quasi un'icona da ritagliare sulle pareti o da appendere come pendaglio tra gli occhi?

Il Libro dice: "i comandi, le leggi e le norme del Signore per prolungare i tuoi giorni". Prolungare non certo nel senso di aggiungere anni, ma di una vita che abbia senso e futuro. Certo, ma per ricapitolare? E il dottore della legge fa sintesi di ciò che è scritto nella legge. Legge e raduna e si chiede che cosa conti di più: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso". Gesù gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai". Ecco che cosa fare: amare. Con questo bellissimo verbo al futuro: "amerai".

Come a dire che non avremo mai finito di amare. Anche Paolo si sente in urgenza di fare sintesi, di ricapitolare. Perché, vedete, noi corriamo spesso l'abbaglio di mettere tutto sullo stesso piano: c'è una gerarchia anche tra le cose da fare, una gerarchia tra i precetti, le norme, le leggi. Luminosa lezione! Discernere tra ciò che sta prima e ciò che viene dopo, non tutto è uguale, non tutto allo stesso modo importante. Guai a mettere tutto sullo stesso piano. C'è una gerarchia. Sentiamo Paolo: "chi ama l'altro ha adempiuto la Legge". Stringente. Qualcuno potrebbe stupirsi che da questa sintesi sia scomparso - perdonate - il nome di Dio.

Che cosa mettere al centro? L'amore vicendevole, l'amore dell'altro. E al possibile stupore risponde con una chiarezza che più non si può e con vis polemica, nemmeno tanto velata, Gesù nella sua parabola. Perché mette in scena quelli che di professione operano il sacro, il sacerdote e il levita, e uno che, se lo guardi nell'orizzonte dei dogmi, della purezza delle tradizioni e dei riti, è un classico eretico, il samaritano. Vengono dal tempio, dalla cosiddetta terra del sacro, il sacerdote e il levita, e non si fermano. Viene, da una terra di eresie e di contaminazioni, il samaritano, e si ferma. Chi dei tre? Nasce la domanda: "Chi la vita eterna la porta in sé e con sé, chi dei tre è veramente vivo?". E alla fin fine: "Dove è il luogo sacro da frequentare, su tutti, in cui sostare?

E' sulla strada. Quasi Dio rinunciasse in nostro favore, in favore del sacro sulla strada. Sacerdote e levita sono osservanti rigorosi delle leggi: se tocchi il sangue diventi un impuro, un contaminato, ti è precluso il rito; passano oltre, fedeli alle leggi del cosiddetto sacro. Un impuro, un contaminato, il samaritano, si ferma, fedele alla legge del cuore, al rito del cuore: "amerai". E non si chiede se quel malcapitato è prossimo, se è uno dei suoi, se è un diverso. Si ferma. A fermarlo è la compassione: "Vide ed ebbe compassione".

E se a fermarti è la compassione, se è il cuore, non sai più dove arriverai, il verbo amare è al futuro. Nascono pensieri e gesti a gettito continuo: "Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo". In una locanda. Pensate, per "locanda" in greco l'evangelista usa una parola suggestiva: "accogliente verso tutti". Ecco dove porta avere compassione. Vorrei rimandarvi a un commento della parabola, colmo di suggestioni, di papa Francesco nella Enciclica "Fratelli tutti".

Sfioro queste parole sul samaritano, scrive: "Soprattutto gli ha dato una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: gli ha dato il proprio tempo. Sicuramente egli aveva i suoi programmi per usare quella giornata secondo i suoi bisogni, impegni o desideri. Ma è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel ferito, e senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo. Con chi ti identifichi? Questa domanda è dura, diretta e decisiva. A quale di loro assomigli? Dobbiamo riconoscere la tentazione che ci circonda di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli. Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell'accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente".

Ci ha accompagnato la domanda che cosa devo fare, e il verbo "fare" ritorna alla fine quando Gesù al dottore della legge dice: "Va' e anche tu fa' così". Cioè fa come il samaritano. che ha avuto compassione di lui. Abbiamo tradotto "che ha avuto compassione", ma il testo greco scrive "che ha 'fatto' la compassione". La cosa da fare: la compassione. Pratica la pietas, la pietà. Pratica la compassione. E qui nasce una domanda, che mi ha accompagnato nei giorni scorsi, e lascio a voi: perché nel linguaggio religioso abbiamo sempre parlato di pratiche di pietà alludendo al culto e alle devozioni e non di pratiche di compassione?

Pratica la compassione. Lungo la strada.

 

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