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TESTO L'umiltà risorsa di primato

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/09/2021)

Vangelo: Mc 9,30-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,30-37

30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Giusti ed empi sono categorie sociali spesso ricorrenti nei testi sapienziali della Bibbia, come nel libro della Sapienza, che ci accompagna oggi come Prima Lettura liturgica. E sempre la Scrittura descrive l'amara realtà di coloro che, perseveranti nel bene e nelle buone opere, fedeli costantemente a Dio e alla sua Parola, sono costretti a soccombere ai malvagi (gli empi), che a loro volta sembrano avere sempre la meglio. Una realtà davvero demoralizzante, esistente anche ai nostri giorni, che non può che suscitare sdegno e indignazione: persone fedeli e oneste che pagano le tasse costrette all'ingiustizia di dover pagare ancora più tributi per compensare l'ammanco di coloro che mancano ai loro doveri fiscali; persone buone, generose e sensibili mai ricompensate, anzi non poche volte costrette a subire ingiustizie e privazioni, e altre insensibili e disoneste che ottengono sempre più favori e benefici. Soggetti benestanti che acquistano sempre più potere e ricchezza spesso senza fatica alcuna, a dispetto delle classi deboli e sottomesse costrette a lavorare strenuamente per guadagnare appena quanto basta per sopravvivere, non di rado con il rischio del licenziamento. Una situazione deprimente, che non corrisponde alle aspettative della giustizia divina, la quale di fatto prende le distanze da questo desolante stato di cose. I malvagi vincono e i poveri piangono” denuncia il Qoelet.

Sempre la Scrittura però offre una garanzia inequivocabile: proprio i derelitti e gli abbandonati sono i prediletti del Signore, che alla fine darà a ciascuno secondo i suoi meriti esaltando i piccoli e gli ultimi semplicemente perché accettano il loro stato di umili sottomessi e deferenti, che li mette in condizioni di fedeltà perenne a lui. Solo gli umili e i semplici, e per ciò stesso gli onesti e gli irreprensibili dispongono di tutte quelle caratteristiche per essere graditi a Dio e di meritare la sua ricompensa nella vita presente e nelle dimensione futura di eternità. Il giusto è condannato a soffrire le umiliazioni altrui in questa vita, è costretto a soccombere e a tacere di fronte alle difficoltà, ma qualora non perda la speranza otterrà il premio proporzionato alle pene a cui è costretto. Confucio diceva: “Vai alla riva del fiume, siedi e aspetta: vedrai passare il cadavere del tuo nemico”; la vita riserva sempre delle sorprese spiacevoli a coloro che ci perseguitano e la gloria degli spocchiosi è destinata a fare Caporetto. Di contro, coloro che avranno lavorato soffrendo nel silenzio vessazioni e umiliazioni, raccoglieranno prima o poi i frutti della loro pazienza e questi saranno ben maturi e soddisfacenti. La pazienza è il veicolo della speranza e l'una e l'altra convergono nell'unico obiettivo della giustizia. Dio supera la logica perversa e sperequativa sulla quale spesso si fonda la nostra convivenza, rendendosi solidale con chi è piccolo, umile e abbandonato, soprattutto perché Egli stesso in Cristo h voluto abbassarsi e rispettare tutte le condizioni di asservimento e di persecuzione a cui ci costringe questo mondo ingiusto e spietato; in altre parole ha condiviso in tutto la condizione dell'escluso, del povero e del perseguitato. Uomo fra gli uomini che conosce il soffrire e la piccolezza. In Cristo Dio ci ragguaglia non soltanto del fatto che Dio approva solo gli umili, ma che l'umiltà e il servizio costituiscono l'autorità vera. La produttività risiede nel servizio, nell'abnegazione gli uni verso gli altri, nella condivisione e nella gioia del dare e del sopportare angherie e frustrazioni. Proprio per aver vissuto in prima persona tutti questi principi, Cristo può insegnare ai suoi discepoli che “il più grande” non è colui che riceve omaggi e riverenze, ma piuttosto colui che con umiltà e deferenza è propenso a servire. “Voi mi chiamate Maestro e fate bene, perché lo sono. E dunque io, che sono il Signore e Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”(Gv 13, 13 - 14); così si esprime Gesù dopo essersi chinato a lavare i piedi ai discepoli, rilevando l'identità vera dell'autorità ideale. Maestria e Signoria assumono il servizio e il dono di sé come caratteristiche imperanti. Attenzione, non si propone l'anarchia o la dissolutezza di governo, ma un criterio di autorità e di egemonia che pur non escludendo la posizione di primato da parte di certuni, esige che codesti certuni si dispongano al servizio umile e disinteressato: chi funge da capo o da maestro non è di più degli altri ma verso gli altri è proteso; chi occupa i primi posti lo faccia nella consapevolezza che in realtà quelli sono gli ultimi, perché richiamano a precisi doveri verso coloro per cui li occupiamo. Insomma governare è servire, donarsi, concedersi con umiltà, mansuetudine e pazienza senza alcuna ombra di vanto per la posizione acquisita.

Nonostante comporti sacrifici, immolazioni e sofferenze continue, l'umiltà è in fin dei conti la via migliore e anzi è il costitutivo reale della vera autorità. Chi si erge sulla massa solo per preponderare e dominare, capitolerà prima o poi, vittima della propria arroganza e della procurata superbia. Chi, pur ostentando autorità, si prodigherà nel servizio con carità e abnegazione, senza vantare nulla che non abbia ricevuto, conscio solamente di una responsabilità di servizio, ebbene conseguirà in tutto questo la sua gioia e procurerà gioia e soddisfazione anche per gli altri.

Per questo Gesù ci invita a prediligere la sottomissione e a sperare nella giusta soluzione ai problemi che questa comporta; a ridere delle altrui ingiustizie e delle prevaricazioni a cui saremo costretti. Dio predilige gli ultimi e gli umili perché saranno questi i veri dominatori del mondo, già nell'esercizio attuale di codesta virtù e poi, conseguentemente, nella dimensione di eternità dove ogni situazione sarà capovolta e il sistema attuale dovrà cedere il posto alla giustizia vera di Dio. Gli ultimi saranno i primi perché nell'umiltà hanno sperimentato già di esserlo. S. Agostino: “Vuoi essere grande? Comincia con l'essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell'umiltà”. Proprio questa piccolezza e umiltà sono alla base per avere meglio sulle ingiustizie e sulle discriminazioni sociali.

 

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