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TESTO La danza degli ultimi

don Mario Simula  

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (05/09/2021)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

La Chiesa è nata per danzare la gioia della Pasqua.
Ci attanaglia spesso la tristezza. Sperimentiamo la paura. Sembriamo solitari che vagabondano nel deserto e camminano senza meta perché nessuno fa festa con loro.
D'altra parte, come è possibile danzare e cantare se non c'è pane, vino, olio e miele?
Senza la promessa di una mensa imbandita dall'amore e colma di invitati privi di titoli: ciechi, storpi, zoppi, muti, sporchi, disprezzati, è difficile dare il via a quei vortici di festa che coinvolgono tutti e creano la frenesia di una gioia bella e luminosa.
Dio, scandalosamente “proletario”, intona il canto. Il suo cuore è la risorsa della musica, la sorgente della gioia limpida, il vulcano che infuoca la montagna.
Dio intona per noi la parola più dolce e necessaria: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio. Egli viene a salvarvi”. Non ci lascia andare alla deriva. Sceglie di stare con noi. Per questo motivo viene.
Con Dio arrivano la vita nuova e il mondo nuovo descritti come il superamento di ogni disabilità esteriore ed interiore.
“Lo zoppo salterà come un cervo. Gli occhi dei ciechi si apriranno. Si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d'acqua”.

Dio dà il via alla danza che coinvolge ciechi, storpi, sordi e muti, affamati, incarcerati, nudi. In una parola gli ultimi del mondo. Gli ultimi delle nostre periferie. Gli ultimi delle case fatiscenti di ogni paese.
Anche del nostro. Gli ultimi che troviamo per strada col loro zaino, un cane appresso e una bottiglia di birra in mano.
Fiorisce “una terra possibile”. A condizione che l'uomo ami l'altro uomo senza pensare soltanto a se stesso, ai suoi bisogni egoistici.
La creazione ci offre risorse sufficienti
per tutti. L'intelligenza umana si può prendere cura di tutti. La pace apparterrebbe a tutti se avessimo tutti la “buona volontà” di costruirla e capissimo che Dio ci ama.
Il cibo basta per tutti. Il cibo che nutre il corpo e il cibo che custodisce il cuore da ogni disperazione.
“Dio è padre di ogni uomo e di ogni donna. Qualunque sia la sua etnia, la sua razza, l'odore che emana, le tradizioni che pratica. È immune da favoritismi”.
Come possiamo trasformare le nostre chiese in luoghi del privilegio, dei primi e dei secondi e degli ultimi posti? Rischiamo di fare discriminazioni e di essere giudici dai giudizi perversi.
Chi conta, attorno a noi? Chi ci insulta ad ogni istante? Chi ci butta in faccia le sue ricchezze smodate e offensive? Quelle persone grette e morte nel cuore che noi invidiamo.
Dio, che sceglie i poveri e coloro che non hanno nulla da ostentare, freme, guardando la realtà umana corrotta dalle ingiustizie.
Gesù è il volto danzante di Dio.
Nel racconto di Marco scorgiamo il suo amore delicato come un soffio leggero, efficace come una terapia sicura del corpo e dell'anima.
Gli portano un sordomuto. Qualcuno ancora riesce ad accorgersi delle povertà umane e materiali che ci sommergono. Gesù è l'approdo della misericordia e della tenerezza.
Desiderano che imponga la “sua” mano su “quel” povero.
Entra in gioco la bellezza dell'amore costruito con piccoli segni e con impercettibili premure.
Il Signore lo prende in disparte.
Tra Gesù e il sordomuto si avvia un dialogo profondo di gesti, di sguardi, di intese profonde.
Si apparta, lontano dalla folla. Il bene detesta il clamore. Odia la pubblicità. Non viene sbandierato su tutti i social, in modo che tutti sappiano e commentino favorevolmente i meriti della nostra solidarietà.
Gesù ha davanti a sé una persona che non sente e non può parlare.
Come può entrare in dialogo?
Chi sa accogliere, chi è inclusivo non ha questi problemi. Trova sempre le parole giuste. Fossero anche soltanto le parole pronunciate con le mani, col tatto, con la saliva, con l'intimità che sa coinvolgere anche il corpo, senza offenderlo o turbarlo.
Gesù non cerca soprattutto e prima di tutto di comunicare col sordomuto. Cerca la comunione. Entra nel contesto della fraternità, della vicinanza totale.
Gesù tocca il sordomuto, mettendogli le dita negli orecchi. Gli sta a cuore quell'uomo con gli orecchi che non odono e vorrebbero sentire la Parola. Con la saliva gli tocca la lingua. Può esistere un gesto di maggiore confidenza e familiarità? Un gesto che ha il sapore di un bacio purissimo e pieno di luce? Il bacio soave dell'amore donato. Donato solo per amore. Per nessun altro motivo che l'amore. Visibile, palpabile, riservato, distante dal frastuono. Certi gesti appartengono all'intimità.
Comunicare diventa un bisogno, un'esigenza della benevolenza.
Gesù emettendo un sospiro e guardando verso il cielo per coinvolgere nell'esperienza il Padre di ogni vita e lo Spirito di Amore, dice a quell'uomo-fratello-amico povero e bisognoso: “Effatà. Apriti!”. Ognuno di noi che legge e medita e sperimenta la mano di Dio accarezzare la sua vita, sente che deve aprirsi alla relazione, all'incontro, alla condivisione dei doni, all'amore.
Si sono sciolti i nodi che ci tenevano lontani dal Signore. Adesso possiamo parlare correttamente per proclamare, pieni di stupore: “Dio, oggi e domani come ieri in Gesù suo Figlio, ha fatto bene ogni cosa”.
Anche in me ha sciolto i grovigli del mio cuore indurito e chiuso, per aprirlo alla condivisione dei beni con tutti e creare per tutti una vita piena di danza e di gioia.
Per tutti. Non per persone fortunate, potenti o scelte. Per tutti.
La danza è un intreccio di amore che non riesce a escludere nessuno. E' la festa della gente.

Gesù, tu sei il Dio del coraggio e della gioia. Porti questi doni nella tua bisaccia di pellegrino, vagabondo per amore accanto alla mia vita.
Quando passi lungo le nostre strade con la leggerezza della libertà, o Gesù, cammini sempre al passo di danza. La terra si risveglia. Si aprono gli occhi oscurati dal buio. Saltellano come cervi adolescenti i piedi degli storpi. Le spalle ricurve imparano a guardare avanti e non per terra. Intonano canti di festa anche le lingue dei muti.
Gesù, quando il tuo profumo di freschezza ricopre la terra, rifiorisce il deserto del mio cuore arido e lo attraversano torrenti di speranza.
Tu, Gesù, possiedi il dono inesauribile della danza. Contagiosa, travolgente. Capace di trasformare la cattiveria in gesti di amore. Ogni bene diventa bene per tutti. E l'inquietudine prende il nostro cuore fino a quando anche noi, come te, non distribuiamo pane di vita, libertà felice, dolcezza vissuta.
La danza che tu intoni, Gesù, sa guardare negli occhi di tutti. Li trova tutti meravigliosi e traboccanti di luce.
Non esclude nessuno. Tutti invita. Tutti fa entrare in cerchio. Per primi i poveri agli occhi del mondo.
Gesù, tocca la mia lingua col bacio delle tue dita, perché possa gridare, mentre volteggio: “Dio è un bacio”.
Gesù, fammi sperimentare questo dono in disparte. Nel segreto. Poi fa brillare la lode per te davanti a tutti.
Rientro nella casa di mio Padre, Gesù. Accompagnami. Incoraggiami. Mi vede da lontano.
Tutta la paura si dissolve. Il Padre mi viene incontro. Mi abbraccia e mi bacia. E' venuto il momento della Danza interminabile.
Ogni comunità una piazza aperta per danzare col Padre e con Te, Gesù, danzatore dal passo inebriante.

 

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