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TESTO «Effathà»: apriti all'opzione preferenziale per i poveri

diac. Vito Calella

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (05/09/2021)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Il viaggio di Gesù alla Decapoli dopo la discussione su ciò che rende impuro l'uomo

Gesù aveva appena denunciato l'ipocrisia dei farisei e dei dottori della legge a causa del loro comportamento esteriore, per essere scrupolosi nell'osservanza dei riti di purificazione delle mani, del viso, dei piedi e degli oggetti domestici, senza rendersi conto che la vera impurità esce dal cuore di ogni uomo e danneggia i rapporti con atti discriminatori, irrispettosi della dignità umana delle persone più umili e sofferenti.

L'uso legalistico dei precetti sul puro-impuro della Sacra Scrittura rendeva schiavi tutti gli uomini:

sia la maggior parte di essi che era etichettata nel gruppo degli esclusi dalla benedizione e dalla salvezza divina a causa della malattia, della razza straniera, della miseria, della condizione sociale, del lavoro e del comportamento peccaminosi;

sia la minoranza di essi, che era il gruppo dei farisei e dei dottori della Legge. Erano anche loro schiavi della Legge perché si mostravano troppo orgogliosi di sentirsi giusti davanti a Dio, ma in realtà non potevano vedere la bellezza della misericordia divina e la Sua volontà di voler salvare tutti indistintamente, a cominciare dai più poveri ed esclusi.

Gesù, dopo aver discusso con i farisei e i dottori della Legge su “ciò che rende impuro l'uomo”, lasciò di proposito la Galilea. Si mise ad annunciare il Regno del Padre in territorio pagano, partendo dalla regione di Tiro e Sidone e arrivando in seguito alla Decapoli. La Decapoli era il nome dato al territorio situato nella Palestina orientale, sulla sponda destra del fiume Giordano. Il nome era usato per designare una lega di dieci città, formatesi dopo la conquista della Palestina da parte dei romani, nel 63 a.C. Le "dieci città" di questa lega erano ellenistiche e non erano soggette alla legge ebraica. Erano sotto l'amministrazione del procuratore romano dalla Siria. Erano territorio pagano, considerato dagli ebrei come “completamente escluso delle vie della salvezza”. I suoi residenti rientravano nella categoria degli impuri. Era sconsigliato avere rapporti amichevoli con gli abitanti di quella regione pagana.

L'opzione preferenziale per i poveri fatta da Gesù nella Decapoli

Fu in questa regione di pagani che Gesù incontrò un uomo «sordo che parlava a malapena». La sua disabilità uditiva a causa della sordità gli rendeva difficile l'uso del linguaggio, quindi aveva problemi a relazionarsi con gli altri.

Un sordomuto veniva etichettato dagli ebrei come "impuro", perché non poteva ascoltare e comprendere correttamente la parola di Dio e metterla in pratica. Dunque, questo pover'uomo era impuro sia per i suoi problemi di udito e di parola, sia perché era un pagano straniero. Ma quando è stato stato presentato a Gesù, il nostro Maestro e Signore gli ha riservato un'attenzione speciale, sembra essersi dimenticato della folla, ha lasciato da parte la sua opera evangelizzatrice rivolta a tutti, si è dedicato in modo particolare a questo “ultimo” con tutta cura e con un'attenzione rispettosa.

L'opzione preferenziale per i più poveri è praticata nelle nostre comunità cristiane?

Noi cristiani siamo abituati a pensare male dei farisei e dei dottori della legge, cioè delle autorità religiose del giudaismo, perché abbiamo ascoltato e immaginato le parole dure e gli atteggiamenti coerenti di Gesù contro di loro.

Ma oggi l'apostolo Giacomo ci dice che anche nella comunità cristiana può succedere che i più poveri, i senzatetto e i pezzenti possano essere discriminati. Può facilmente accadere che il fratello o la sorella benefattore, il ricco di denaro e di titoli accademici, sia accolto e ben riverito, mentre il fratello più semplice e umile, che vive nel bisogno e non ha potuto studiare nella vita, corre il rischio di essere invitato a starsene buono e zitto in un angolo nascosto della comunità.

Gesù ha mostrato un'attenzione unica e particolare verso quell'«uomo sordo che a malapena parlava» perché lo sapeva bene e aveva annunciato: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3).

L'apostolo Giacomo ha ricordato quelle parole delle beatitudini di Gesù e ha posto a tutti noi una domanda che ci ha fa riflettere seriamente sull'opzione preferenziale per i poveri, che nella Chiesa non è una questione ideologica per i cristiani impegnati nella pastorale sociale e politica, ma deve diventare una garanzia di autenticità del nostro modo di essere cristiani: «Dio non ha scelto i poveri di questo mondo per essere ricchi di fede ed eredi del regno che aveva promesso a coloro che lo amano?» (Tg 2.5).

Perché l'opzione preferenziale per i poveri possa essere realmente praticata da ciascuno di noi, come ha fatto Gesù, come ci chiede la parola di Dio attraverso la domanda dell'apostolo Giacomo, non c'è altro modo che identificarsi con quel povero «sordo che riusciva a malapena a parlare».

Siamo chiamati a conservare nella nostra mente e nel nostro cuore questa semplice parola di Gesù, volendo comprendere cosa essa implica per la nostra vita: «Effathà, apriti» (Mc 7,34b), rivedendo ciò che accadde a quel povero essere umano, che non ha nome, perché potrebbe essere ognuno di noi.

«Effathà, apriti» e i passi per imparare a condividere la nostra vita con i più poveri

Primo passo: apriti alla solidarietà degli altri nella tua condizione di povertà.

Il «sordo che a malapena parlava» è ritratto dall'evangelista Marco come un personaggio completamente passivo. Non è stato lui a decidere di andare in cerca di Gesù, camminando da solo con le sue gambe, ma sono stati altri a guidarlo e a presentarlo al Signore della vita e della liberazione. Questa passività indica il riconoscimento della propria fragilità e la necessità dell'aiuto solidale degli altri; indica l'umiltà di riconoscere la provvidenza di Dio che si manifesta in persone amiche che non ci lasciano incagliati nella solitudine dei nostri problemi e del nostro dolore, ma ci introducono a Gesù, ci fanno conoscere e amare Gesù all'interno di una comunità.

Posso scegliere di vivere facendo l'opzione preferenziale per i poveri perché anch'io mi sento povero e incapace di bastare a me stesso, con le mie forze e con quello che ho e che sono. E sono grato che le persone solidali mi hanno aiutato a centrare la mia vita su Gesù.

Secondo passo: apriti all'azione di Gesù che ti chiama all'incontro personale con lui.

«Effathà, apriti» (Mc 7,34b) è l'unica parola che Gesù ha pronunciato davanti a quel «sordo che a malapena parlava» (Mc 7,32a). Ma prima che Gesù gli dicesse questa parola, il sordomuto fece un'esperienza di intimità con Gesù, si trovò faccia a faccia con lui, i due erano soli. Gesù «se ne andò con lui dalla folla» (Mc 7,33a).

Senti di essere amato da Dio proprio come sei in questa fase della tua vita!

Ma per sentire che Gesù è davvero al tuo fianco, accetta l'invito a stare con Lui nell'intimità della tua preghiera, fuori dal caos del viavai delle faccende e delle relazioni quotidiane, nonostante la tua gratitudine per la rete di persone che si prendono cura di te e che erano già state così solidali con te.

Posso scegliere di vivere facendo l'opzione preferenziale per i poveri perché ho già sperimentato di essere veramente amato da Dio così come sono nell'intimità della mia preghiera.

Terzo passo: apriti all'azione di Gesù che ti dona lo Spirito Santo

Sappiamo già che «Effathà, apriti» è l'unica parola che Gesù ha pronunciato davanti a quel «sordo che faceva fatica a parlare». Quando i due furono lasciati soli, Gesù toccò i punti deboli dell'infermità dell'uomo: «gli mise le dita nelle orecchie e con la saliva gli toccò la lingua» (Mc 7,33b).

Nel linguaggio biblico il dito e la saliva rappresentano la forza divina che esce da Dio e si dona gratuitamente all'essere umano.

La stessa potenza divina dello Spirito Santo che agiva guidando le parole di Gesù e compiendo i suoi segni della liberazione, e che avrebbe risuscitato il corpo crocifisso di Gesù, posto sulla pietra del sepolcro, andò a toccare il corpo di quell'uomo nelle orecchie e nella lingua, là dove era necessario operare la guarigione.

Il «sordo che parlava a malapena» è stato toccato dallo Spirito Santo, attraverso Gesù.

Posso scegliere di vivere facendo l'opzione preferenziale per i poveri perché ho sperimentato nella mia vita la forza liberatrice della gratuità dell'amore di Dio e so che lo stesso Spirito Santo è già una presenza liberatrice nel cuore di tutti gli esseri umani.

Quarto passo: apriti all'azione del Padre che ti restituisce alla comunione e ti manda in missione

Dopo aver toccato con il dito e la saliva le orecchie e la lingua dell'uomo, Gesù «alzò gli occhi al cielo e sospirò» (Mc 7,34a). Gesù si è consegnato, insieme a quell'uomo, alla comunione con il Padre.

Ha voluto mostrare a quel povero uomo che era figlio di Dio, che aveva la dignità di “essere umano” chiamato alla pienezza della comunione con Dio e con gli altri, senza essere oppresso da qualsiasi tipo di discriminazione.

Come quell'uomo, anche noi vogliamo uscire, vogliamo aprirci e parlare apertamente con gioia, annunciando che la pienezza della nostra vita sta nella comunione, nel rispetto reciproco, a partire dai più poveri.

 

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