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TESTO Sempre il Pane

don Mario Simula  

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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/08/2021)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,41-51

41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Il “linguaggio” col quale Dio accompagna la crisi esistenziale di Elia è il “linguaggio del Pane”.
E' racchiuso in un comando rassicurante: “Prendi e mangia”.
E' l'incoraggiamento di Gesù Risorto al credente-discepolo. Quando si troverà nel vivo della lotta, impastato con una storia piena di contraddizioni, in una terra devastata, in una società smarrita, deve imparare a guardare il cielo.
Dice Gesù: “Canta e cammina. Mentre cammini forse piangi perché è faticoso portare la semente e gettarla. E' così minuscola e, secondo te, inadeguata a portare frutto abbondante. Tu canta e cammina.
Cantando piangi, ma cammina. Cammina perché io ti mando”.
La nostra chiamata non è sedentaria. Si realizza “fuori”, lungo le strade, dove l'uomo autentico vive. La missione non è comoda. Si sviluppa tra rovi e spine, sassi e avallamenti. Non possiamo fermarci.
Se alla prima ginestra e alla sua piccola ombra mi accovaccio perché non voglio più continuare il viaggio, anzi voglio lasciarmi morire, chi andrà al posto mio dove Dio mi manda e mi aspetta?
Il cammino è lungo e pieno di insidie. La stanchezza mortale è ancora più struggente. E' meglio riaddormentarsi.
Quando siamo avviliti, delusi, perseguitati ingiustamente, incompresi, sfiduciati viene il sonno pesante come una fuga, come un bisogno di non pensare, come decisione di non esistere.
Elia è sprofondato in questa crisi. Vuole rinunciare a tutto.
Il pane cotto su pietre roventi è, tuttavia, sempre lì, con l'orcio d'acqua che ristora. E' il pane dal cielo.
Occorre mangiare e bere se si vuole arrivare alla fine del lungo viaggio.
Abbiamo bisogno di quel pane, abbiamo bisogno di quell'acqua.
Non di evasioni. Non di vittimismi. Non di accuse agli altri.
Abbiamo bisogno di quel pane, abbiamo bisogno di quell'acqua.
Accettando il dono dalle mani dell'angelo del Signore, camminiamo fino al monte di Dio l'Oreb.
La tentazione di fermarsi alle tappe intermedie incombe sottile, persuasiva, come un ritornello oscuro che intorpidisce.
Voglio arrivare al monte di Dio, l'Oreb.
Su quel monte Dio mi aspetta. Mi scuoto di dosso le paure e ogni tentazione di retromarcia.
Mi metto lungo un percorso di sassi e di burroni. Mi aspettano i segreti dell'Imprevedibile.
Il pane e quell'orcio d'acqua sono essenziali. Permettono di arrivare a Gesù, seguendo l'attrattiva del Padre. Il Padre ci rende accessibile il Figlio “Gesù di Nazareth, motivo di tanti interrogativi per i suoi avversari”.
Il Padre diventa nostro maestro. Da Lui apprendiamo quale sia la strada per arrivare a Gesù.
Gesù è davanti a noi autorevole come nessun altro e umile come nessun altro.
Prostrati ai suoi piedi, come Maria, ascoltiamo la sua parola, beviamo ogni sua espressione e ogni stato d'animo che gli occhi rivelano, comprendiamo molto più a fondo e con stupore le esperienze sublimi che ci propone. “Io, Gesù, sono il pane della vita. Il pane dell'immortalità. Il pane pasquale. Io, Gesù, sono il pane vivo, disceso dal cielo. Questo pane è la mia la carne. E' cibo per la vita del mondo.
Chi ne mangia parteciperà al banchetto preparato nel Regno dell'amore”.

La bella notizia che Gesù porta è sconvolgente. Non soltanto perché promette il Regno senza tramonto, ma perché è una notizia attuale. Per oggi. Per tutti. Per quei poveri di Dio tutti invitati alla cena dell'Agnello.
In quel Pane Gesù è veramente il Dio nascosto.

Mi fermo a guardarlo nel silenzio e mi pervade lentamente le ossa, il cuore, i pensieri con un fuoco incandescente.
Gesù non si lascia soltanto contemplare. Va oltre. Nessuno può andare così oltre. Permette a tutti noi di accostarci al Roveto. Tutti possiamo mangiare la Carne del Signore. Tutti possiamo dissetarci e inebriarci al Sangue del Signore.
“Beati voi che siete invitati alla Cena. Ve lo avevo promesso che avrei cenato con voi. Era sufficiente farmi entrare dentro la vostra casa”.
Una casa che è comunità rallegrata dallo Spirito.

Non ci trovi asprezze, sdegno, ira, grida e maldicenze, Trovi benevolenza reciproca, misericordia, perdono.
Trovi cammino condiviso, dono della vita per gli altri, come ha fatto il nostro Maestro.
Senza una casa costruita sulla roccia dell'amore, non è possibile celebrare il Pane di Vita e il Sangue della gioia. Si potrà soltanto continuare a trascinare stancamente un progetto che non è quello del Signore.
Gesù, ci fa trovare, tuttavia, il Pane cotto su pietre infuocate e l'acqua che scorre e disseta, restituendo fiducia a noi, famiglia fragile, famiglia che, nonostante le povertà, si accoglie.

Scruta, Gesù, l'angoscia del mio cuore. E' invaso da una stanchezza che mi fa camminare ramingo come Elia, il disperato di Dio. I piedi sono stanchi e induriti. La sete è il grido del mio corpo. La fame di Pane è l'elemosina che mi spinge a chiedere. Fino ad umiliarmi davanti a Te, Gesù.
Che strana e assurda esperienza: provare vergogna nel domandarti un pezzo di Pane. Solo un pezzo.
Un boccone di quelli che hai distribuito ai tuoi amici nella Cena dell'amore.
Scruta, Gesù, le pagine del mio cuore. La fuga e lo smarrimento mi annebbiano la vista. Dove voglio arrivare senza di Te, io che sono stato scelto da Te per annunciare le tue parole? Non lo so. Mi butto su un materasso di terra. Tu ti avvicini, Gesù, e, nella calma del tuo silenzio, mi aiuti a decifrare le paure e i fallimenti. Devo soltanto ascoltarti in questo dialogo sospeso sul mio animo. Parli e mi sveli tutto di me, negli anfratti della mia anima.
Le notti della prova sono tremende. Le tue luci, in quelle notti, sono una dolcezza.
Accendi le lampade per la Cena intima. Mi offri il tuo Corpo e mi fai gustare il tuo Sangue. A lungo, finché non sia arrivata “l'Ora”.
Io so cosa significhi l'incontro con Te. Nel silenzio. Quale rischio si corre. Quale rivoluzione scatena.
Quale subbuglio provoca. Quale dolore ravviva. Quale dolcezza restituisce. Gesù, col tuo Cibo mi sento forte. Aiutami ad arrivare fino al Monte. Per trovare il Roveto. Per trovare la Trasfigurazione. Per trovare le beatitudini. Per trovare la croce.
Il Cireneo per me sei Tu, Gesù. Il Samaritano misericordioso per me, sei Tu, Gesù. Il Pane che mi dà il coraggio di camminare, sei Tu, Gesù. Fammi trovare ogni volta questo Pane. Quando mi fermo e mi assopisco, c'è il Pane. Quando scappo e Tu mi insegui, porti con Te il Pane. Mi basta, Gesù.
Anche perché ogni volta che imbandisci la mensa del Tuo Pane, sei sempre Tu a spezzarlo, e ti fai riconoscere.

Don Mario Simula

 

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