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TESTO Tenere tra le braccia e benedire

don Angelo Casati  

X domenica dopo Pentecoste (Anno B) (01/08/2021)

Vangelo: Mt 21,12-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,12-16

12Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 13e disse loro: «Sta scritto:

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera.

Voi invece ne fate un covo di ladri».

14Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. 15Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, 16e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto:

Dalla bocca di bambini e di lattanti

hai tratto per te una lode?».

Ci è facile rintracciare un filo rosso nei testi che ora abbiamo ascoltato: li lega la parola tempio, l'immagine del tempio, accompagnata da un richiamo alla vigilanza. Nella pagina del libro dei Re la meraviglia del tempio costruito da Salomone. E, insieme, quella nota finale: "Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore". L'interpretazione corretta sarà altra, ma questa immagine - i sacerdoti quasi un ingombro - fa pensare. Nella lettera di Paolo a quelli di Corinto il richiamo è a vigilare su una commistione tra tempio e idoli. E il richiamo è a un tempio mobile, al popolo, come luogo del cammino di Dio: "Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: "Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo". Il brano di Matteo ci racconta di Gesù che entra nel tempio. Un frammento, poche righe ma preziose. Poche righe, ma in queste poche righe accade l'ingresso e accade il regno. I profeti lo avevano preannunciato. Nel rotolo di Malachia leggiamo: "Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, eccolo venire". Eccolo, eccolo venire, nel suo tempio. Siamo a pochi giorni dalla morte di croce e gli evangelisti raccontano questo ingresso sconcertante nel tempio. Sconcertante ma in perfetta continuità con gli inizi: l'ingresso alla fine evoca - immagino lo ricordiate - l'ingresso degli inizi. A raccontarlo è l'evangelista Luca. Gesù, nato da un racimolo di giorni, quaranta giorni, un batuffolo di vita, in braccio a una giovane donna, accompagnata dal marito: lo portavano come era prescritto al tempio per il rito dell'offerta dei primogeniti. L'uomo, Giuseppe, tra le mani teneva l'offerta dei più poveri, una coppia di tortore o giovani colombi. Ma Luca non fa nessuna menzione del rito celebrato nell'ufficialità, racconta un rito parallelo, non officiato da gerarchie del tempio, un rito - "prendere tra le braccia e benedire" - che nella vita può essere celebrato da chiunque, ovunque. Un vecchio, mosso dallo Spirito, era accorso a salutare l'ingresso di Dio nel suo tempio, un ingresso che diversamente sarebbe svanito nel nulla. L'anziano di anni si chiamava Simeone, lui, senza qualifiche sacerdotali, improvvisò il rito che ognuno nella vita può improvvisare. Ovunque. E, dove lo si improvvisa, accade il tempio. Anche tu puoi prendere tra le braccia. E ci sono molti modi di prendere tra le braccia, anche nel cuore. E poi benedire. Poi, a dare splendore a quel rito ai margini, ecco accorrere una donna, con la profezia al femminile, di ottantaquattro anni, una corsa del desiderio, nonostante l'età. E Luca ti porta a chiederti dove è il tempio vero: in una successione meccanica monotona di riti o dove arde un desiderio? Entrò nel tempio, nato di quaranta giorni, quel giorno fu presentato. Alla fine dei suoi giorni entrò lui - è il vangelo di oggi - e fu ingresso, e fu presentazione. Ed è come se Gesù ci aprisse gli occhi sul vero tempio, che è lui, e su chi sono i veri frequentatori del tempio. Tutto accadde in uno spazio minimo di tempo. Poi, è scritto e si tratta dei detentori del tempio: "Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte". La prima azione all'ingresso è dura. Gesù vede la dissacrazione: dissacrazione è fare di uno spazio sacro un mercato. Il suo fu gesto con impeto di profeta. Certo che non ce l'aveva con i venditori e i cambiavalute o con i loro tavoli e le loro sedie. Dopo tutto i suoi genitori, quando ancora era un frugolo di bambino, dove avrebbero potuto trovare tortore o colombi per il rito dell'offerta? L'indignazione era perché tutto lì era mercato: dietro il paravento della religione dominavano soldi e affari. Strappa il paravento. Succede quando tutto è ridotto a merce, anche le persone, anche Dio. E della dissacrazione sono artefice anch'io se a spingermi nella vita è l'anima di uno che vende e compera. La dissacrazione è continuata nel tempo. Giunta sino a noi. Dure le parole e i gesti di un Papa di nome Francesco quando ammonisce: "Le Chiese non diventino mai case di affari, la redenzione di Gesù è sempre gratuita". O quando parla dello "scandalo che possiamo fare alla gente con il nostro atteggiamento, con le nostre abitudini, lo scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità". Le cronache di questi giorni sono eloquenti e non possono non creare sconcerto, turbamento, scandalo nel popolo di Dio. Ma ecco che nel tempio sconsacrato avviene come una riconsacrazione, avviene, notate, con ingresso di bimbi, di ciechi e di storpi. Quando accade il tempio di Dio? Quando abbiamo cuore aperto di bimbi, quando facciamo posto agli esclusi. E noi abbagliati. Ecco, vorrei rimanere su questa immagine.

Entrasti nel tempio
ed era mercato.
I tuoi occhi furono lago
d'indignazione,
e mani e braccia e frusta
per passione contro
presenze d'abuso.
Trascinasti con te
senza pudore -
liturgia sacra -
poveracci
esclusi per divieto
dal tempio,
storpi e ciechi.
Né ti importò
degli occhi
indignati dei detentori
immobili della legge.
A riconsacrare il tempio
la guarigione che passò
silenziosa per le tue mani
fin nello spasmo
della loro carne
ferita.
Fu per osservanza
di decreto di un Dio
che non vuole sacrifici
ma misericordia.
Piombò nel tempio terrore
per occhi
Inveleniti di scribi e farisei.
Spazio breve,
filtrava ora
come un vento nel tempio.
E tutti a spiare trasalendo
donde venisse:
era un acclamare
per voce di bimbi.
E le mura, le volte
le colonne
Intrise di gridi e di canti,
lavate per sempre.
Osavano i fanciulli
a squarciagola
nel tempio l'osanna,
sovrastando il sacro divieto.
Via loro avrebbero cantato
le pietre.

 

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