PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Vita precaria, ma eterna

don Alberto Brignoli  

don Alberto Brignoli è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (01/08/2021)

Vangelo: Gv 6,24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,24-35

24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

Oggi che abbiamo conoscenze scientifiche che secoli e millenni fa non avevamo, tante cose naturali che avvengono nel mondo le possiamo spiegare, appunto, in modo scientifico. Eppure, anche tanti misteri della natura, sia pur spiegabili naturalmente, rimangono dei misteri.

Uno stormo di quaglie che provenendo dal nord fanno tappa nel deserto del Sinai per riposarsi nella loro trasmigrazione verso il sud, può essere un fenomeno del tutto naturale, e lo stesso si può dire dei semi di una tamerice che, all'apice della fioritura, il vento disperde sul terreno permettendo di sfruttarne le qualità a volte particolarmente nutritive che li rendono una vera e propria “manna” per chi non ha altro da mettere sotto i denti: ma nel momento più critico della storia del popolo d'Israele, entrambi questi fenomeni naturali possono assumere un significato misterioso, e soprattutto provvidenziale.

Quella che la Liturgia della Parola di quest'oggi ci pone davanti è la possibilità di assumere una visione religiosa, mistica, dei fatti che succedono nella vita, a volte in maniera naturale, a volte con una certa straordinarietà, ma certamente mai privi di un significato che vada ben oltre quello puramente fisico, ossia oltre “ciò che appare”. Questa visione mistica e piena di senso porta l'uomo a farsi delle domande. A volte sono domande di ricerca di senso (“che cos'è?”, si chiede il popolo di fronte alla caduta della manna); a volte, invece, sono domande esistenziali che ricercano ugualmente un senso, ma spinte dalla drammaticità di situazioni che fanno addirittura mettere in dubbio l'esistenza di Dio (poco più avanti, al capitolo 17 dell'Esodo, l'acqua dalla roccia di Massa e Meriba porterà il popolo assetato a chiedersi: “Ma Dio è con noi sì o no?”). E il cammino dell'Esodo è proprio l'esperienza di una continua sfida a Dio da parte del popolo, che reclama ora l'acqua, ora il pane, ora la carne, ora la pentola piena di cipolle dell'Egitto, ora la guarigione dai morsi dei serpenti, ora delle figure alternative a Mosè, fino a giungere alla sfida più grave, quella idolatrica di possedere un Dio alternativo a quello di Mosè, spesso troppo assente o silenzioso, o che parla solo attraverso il suo servo.

E Dio risponde facendo leva sul grado di fiducia che il popolo è capace di attribuire al suo rapporto con lui. Per cui, la manna non può essere raccolta in grande quantità, ma giorno per giorno per il fabbisogno familiare quotidiano, e questo perché Dio “possa vedere se il popolo cammina o no secondo la sua legge”, cioè se si fida di lui. Dio “mette alla prova” il popolo per vedere se nella quotidianità è capace di fidarsi della Provvidenza più che della provvigione, se si getta alla ricerca del cibo per vivere o se vive solo per procurarsi da mangiare, se invece di chiedersi “Dio c'è, sì o no?” è capace di chiedersi piuttosto “io mi fido di lui, sì o no?”. L'esperienza di fede, pur non eliminando il riferimento a ciò che è scientifico, ribalta completamente il nostro punto di vista, e invita l'uomo a vedere Dio non più come il facile risolutore dei suoi problemi, ma come colui che ha in mano le sorti della vita dell'uomo, ed è disposto a concedergli vita, e vita in abbondanza, se è capace di accettare la logica della gratuità, ossia della Grazia. Quella logica per cui Dio devo cercarlo non perché mi dà la manna ogni giorno (e io cerco di immagazzinarne il più possibile) o perché mi moltiplica cinque pani e due pesci (e io lì a cercare di accaparrarmi i pezzi avanzati), ma perché so che lui è lo scopo della mia vita, è la mia vita, e vita in abbondanza. A condizione che io riesca a fidarmi di lui.

La logica di Gesù è totalmente ribaltata rispetto alla logica umana di domenica scorsa, dove il miracolo aveva suscitato la fede nel “grande profeta che deve venire nel mondo”. Oggi Gesù ci chiede di guardare tutte le cose che avvengono nella vita, anche quelle apparentemente straordinarie o miracolose, con l'ottica della fede. La scorsa domenica Gesù compì il miracolo perché la gente credesse: oggi fa un passo in più e chiede alla gente di credere, di avere fede, perché capisca che il vero miracolo non è quello di avere a portata di mano il pane materiale da mettere sotto i denti con facilità (tant'è, c'è il prestigiatore che lo moltiplica...), ma di credere in Dio come in colui che dà la vita al mondo, sia la vita materiale, fisica, sia (e soprattutto) quella meta-fisica, quella che va oltre il fisico, quella spirituale, quella che non perisce. Quella di cui abbiamo un pegno nell'Eucaristia, “il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo ci darà”.

E questa logica si coglie solamente “in un luogo deserto”, ovvero laddove sei veramente privo di tutto al punto che tutto ciò che ti viene donato non è dovuto, ma è per Grazia.

Siamo come di fronte a un bivio, davanti al quale possiamo scegliere che fare del nostro rapporto con Dio: o lo basiamo su un rapporto commerciale, “di marketing” (io ti chiedo una grazia, e tu me la concedi secondo le mie insistenze e in base al prezzo pagato della fatica che faccio nel venire a cercarti, da una parte all'altra del lago di Galilea, oppure sul monte in un luogo deserto), oppure su un rapporto di fiducia e di abbandono, che accetta la logica del “poco per volta”, della provvisorietà, della Provvidenza.

Possiamo fare l'una o l'altra cosa, con Dio. Non dobbiamo però avere la pretesa di credere che l'esito, per la nostra vita, sia identico.

Da una parte, infatti, ci sta una vita bella e comoda: dignitosa, forse, e magari anche con molte certezze concrete, dove non dovremo più nemmeno preoccuparci del pane di ogni giorno. Una vita che terminerà con la morte, come per i nostri padri nel deserto. Ma niente di più.

Dall'altra parte, invece, ci sta una vita apparentemente precaria, che di certezze concrete e materiali ne ha poche. Ma di certo è vita, e con molta probabilità, se ci fidiamo di lui, sarà anche abbondante e felice. Di certo, è vita eterna.

 

Ricerca avanzata  (53979 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: