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TESTO Pane fatto in casa

don Mario Simula  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (01/08/2021)

Vangelo: Gv 6,24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

Ho conosciuto il pane del forno di casa.
Nasceva come un rito di gratitudine, nelle primissime ore del giorno.
Celebrava una liturgia di comunione e di condivisione. Dalla fatica dell'impasto. Alla preparazione del forno. Alla cura delle diverse fasi di cottura. Nasceva una creatura essenziale.
Le donne controllavano la vivacità del calore, la graduale indoratura.
La casa si riempiva di profumo, di gusto, di gioia.
Ancora una volta la benedizione di Dio ci donava il pane di ogni giorno.
Quel pane custodito, come un bene prezioso, nella madia, a nutrimento della famiglia e dei poveri che bussavano alla porta.
Il pane che per quarant'anni sfama il popolo esule nel deserto, è infinitamente più prezioso. E' frutto di una premura materna di Dio. E' il pane misterioso del quale non si conosce l'origine: “Che cos'è?”.
Scende dal cielo come rugiada per sfamare una nazione sempre lamentosa e piena di dubbi e di nostalgie, nonostante l'amore del suo Dio, sposo fedele.
Al contrario del popolo del deserto, le nostre donne, radunate per panificare, avevano di Dio un'esperienza più buona e riconoscente. Saporita come il pane che usciva dalle loro mani e dalla generosità della terra. Pane di farina. Pane di fatica. Pane di condivisione. Pane da donare e da valorizzare.
Gesù comprende tutto. Commosso dalla molta gente, ha appena aperto le sue mai alla sovrabbondanza di un pane che sfama.
Adesso sente bisogno di ritirarsi nel silenzio. Non vuole essere re che sfama i corpi.
Per questo si dirige verso Cafarnao, verso un altro orizzonte dai contorni infiniti.
Sta per svelare il mistero inatteso, inaudito, incredibile del “pane di vita”. Così sublime da richiedere la fede come condizione indispensabile per poterne mangiare.

Vuole imbandire la mensa con un altro pane. Il Pane del desiderio insaziabile.
L'Eucaristia, il vero pane del desiderio.
Soltanto la fede permette di comprendere il segno che, ancora una volta, Gesù sta per manifestare e compiere.
“Il pane nuovo di Dio sono io che vi parlo. Un pane che sfama fino ad estinguere definitivamente la fame. Fiducia che disseta per sempre il cuore”.
“Signore, dacci sempre questo pane”, chiede la gente.
La domanda corrisponde a ciò che sempre chiediamo noi. A ciò che chiede una comunità tiepida che si aspetta solo doni materiali.
Noi siamo sempre con le orecchie tese per cogliere, dalle labbra del Maestro, parole comode. Non parole che ci interrogano.
Gesù, cuore amante, conosce una sola risposta: “Io sono il pane della vita”.
Gesù esce sempre dalla “normalità” delle nostre piccole aspettative. Suscita perplessità.
Lo sappiamo: ogni amore che supera la mediocrità dei nostri amori, ci sembra il gesto di un pazzo.
Gesù è il “pazzo del pane”.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue non avrà più fame. Mangia il cibo che porta al Regno.
Ravviva la sua esistenza col cibo che trasforma il cuore e travalica ogni godimento. Chi ha fede in me non avrà più sete. Mai!”
.
Al nostro provvisorio, abitudinario e inefficace nutrirci alla mensa del pane spezzato, Gesù contrappone un “mai”. “Non avrete mai più fame se mangerete il pane che io vi do con desiderio, con amore, con umiltà, come una famiglia radunata in un solo Corpo”.
Nelle nostre assemblee formiamo file di pochi clienti, di avventori distratti e mediocri.
Non siamo le folle povere, affamate di Dio. Felici per un incontro inatteso.
Gesù domandava alla gente e domanda a noi: “Perché mi cercate?”. Lui stesso ci dice, sofferente: “Perché avete mangiato pane, venite dietro a me. Cercatemi per i segni dell'amore. Voi potete anche nutrirvi ogni giorno del pane di Vita. Ma con quale cuore? Mangiate il mio Pane che vi restituisce alla Vita vera, quella dell'amore”.
Le nostre Comunità hanno urgente bisogno di abbandonare il vecchiume delle abitudini e dei ritualismi destinati alla corruzione, per lasciarsi rinnovare nella mentalità e rivestire la nuova creatura che l'Eucaristia, pane del desiderio, genera.
Il Pane “nuovo”, emana profumo nuovo di immortalità, sprigiona energia nuova di carità, genera amore nuovo di fraternità, scatena conversione nuova nei pensieri e nelle scelte, accende bisogno nuovo di comunione.
Il Pane “nuovo”, Gesù, si lascia prendere tra le mani
: pane spezzato e vino versato per alimentare le nostre mense. E' l'autentica e unica speranza per una creazione inedita e per cieli nuovi accessibili ad ogni creatura che ama.
Mai, mai chi mangia Gesù, ruminando Lui, gustandolo con desiderio, vedrà buio e notte, disperazione e rancore. Vedrà sempre e solo luce. La luce del Pane di ogni giorno. Viatico e festa.

Posso avere mani callose o sporche, Gesù. Tu vieni, Pane, e non le guardi.
Posso avere cuore di pietra e aceto nel sangue, Gesù. Tu vieni, Pane, pensando al cuore di carne che sarà.
Posso avere orecchie impure e indurite, Gesù. Tu vieni, Pane, portando dolcemente, dentro un silenzio che mi stordisce, le melodie del tuo dono.
Posso essere chiuso o falsamente aperto, Gesù. Tu vieni, Pane, demolendo pietra dopo pietra le mie resistenze.
Posso essere distratto o interessato o formale davanti al tuo amore, Gesù. Tu vieni, Pane, e rimani allo stretto in me, ma non mi abbandoni.
Posso essere sfacciato, insincero, irriconoscibile ai tuoi occhi, Gesù. Tu vieni, Pane, e ti lasci afferrare senza lamenti.
Gesù, pane vero del desiderio!
Ti desidero soltanto per un attimo, poi ti dimentico, penso a ciò che appaga pesantemente la mia vita.
Affamato e vagabondo ti ritrovo.
Sei sempre Tu, Gesù, pane del desiderio. Mi attrai. Mi turbi. Quando l'uragano, il vento impetuoso, il terremoto e il fuoco si sono pacificati, sei sempre Tu a farti trovare, Pane accanto a me. Voce di un soave silenzio.

Don Mario Simula

 

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