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TESTO Il riposo dei Dodici e il riposo della folla

diac. Vito Calella

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (18/07/2021)

Vangelo: Mc 6,30-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 6,30-34

30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Il riposo dei Dodici

È saggio e doveroso alternare tempi e spazi adeguati di riposo e di intimità con il Signore, dopo essersi dedicati all'azione evangelizzatrice. Gesù lo propose al gruppo dei Dodici, chiamati per la prima volta «apostoli» (Mc 6,30a). In un clima di preghiera e nella calma di un luogo solitario era necessario far memoria del martirio di Giovanni Battista e valutare l'attività missionaria sperimentata. Possono però capitare imprevisti che fanno saltare questo tanto desiderato tempo di riposo. Il proposito di Gesù con i Dodici, di stare da soli in disparte, fu disatteso dall'andare e venire della folla, che riuscì a seguire l'itinerario della barca e a farsi trovare numerosa nell'altra riva del lago, in quello che doveva essere il luogo appartato dell'intimità di Gesù con i suoi più stretti discepoli. Nonostante la frustrazione di non essere riusciti a ritagliarsi un tempo per loro stessi, quel proposito si realizzò più avanti, quando Gesù poté stare con i Dodici e chiedere loro: «E voi, chi dite che io sia?». E alla confessione di Pietro, che dirà: «Tu sei il Cristo», Gesù ebbe modo di rivelarsi di fronte a loro per la prima volta con la sua identità di Messia sofferente, annunciando esplicitamente la sua morte e risurrezione che si sarebbe compiuta a Gerusalemme (cf. Mc 8,29-33).

Ogni spazio e tempo di riposo e di intimità con «Cristo Signore nostra pace» (Ef 2, 14a), vissuto individualmente o in piccole fraternità, ritagliato faticosamente dal correre frenetico delle altre attività giornaliere in famiglia e in parrocchia, possa diventare una feconda opportunità di verifica del nostro vissuto esistenziale, volendolo sempre comprendere alla luce del mistero della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù.

La tradizionale spiritualità cattolica ci propone tre preziose possibilità per ancorare la nostra vita sempre di più in Cristo nostra pace con l'aiuto essenziale dello Spirito Santo e cercare di caratterizzare ogni relazione umana con il vincolo della carità (cf Col 3,14-15): il ponte della preghiera della liturgia delle ore, l'incontro orante con la parola di Dio e il deserto.

La liturgia delle ore è la preghiera della Chiesa scandita dalle lodi mattutine, dalla sosta dell'ora media, dai vespri e dalla compieta. Come i pilastri di un ponte che legano la sponda del nostro cuore e della nostra libertà a quella del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo, possiamo santificare il susseguirsi delle azioni della vita quotidiana per immedesimarci quotidianamente nel mistero pasquale di Cristo abbeverandoci, come gregge del buon Pastore, «ai pascoli erbosi e alle acque tranquille» dei salmi, delle brevi letture bibliche, dei cantici di Zaccaria, di Maria e di Simeone.

Poi c'è la proposta dell'incontro orante con la parola di Dio, vissuto ogni giorno individualmente. Come sarebbe bello ritagliare un tempo sacro quotidiano per pregare, masticare, meditare più approfonditamente un testo della parola di Dio e avere l'opportunità di condividere la Parola che plasma la nostra esistenza in una piccola fraternità di fratelli e sorelle con cui siamo particolarmente uniti in amicizia.

Per completare, scandendo la vita con queste proposte di preghiera, possiamo provare la gratitudine di scegliere tempi e luoghi di silenzio e di deserto, o immergendoci nel tempio sacro dell'immensità del creato, o sostando una giornata in qualche luogo artisticamente curato per coltivare il silenzio e fare contatto con la presenza divina dello Spirito Santo nell'intimità del nostro mondo interiore.

Rimanga per ciascuno di noi l'appello a fare un progetto di crescita spirituale prendendo a serio l'esperienza della preghiera, per far memoria del vissuto, ringraziando il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo per la bellezza dell'intreccio tra la nostra iniziativa umana e quella divina nell'essere stati, insieme, missione. Non angustiamoci a causa delle urgenze e delle tante esigenze dell'attività pastorale, condizionati anche dai nostri problemi familiari. Ad ogni circostanza affrontata e vissuta ritagliamoci dunque spazi e tempi per «far presente a Dio le nostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i nostri cuori in Cristo Gesù» (Fil 4,6b-7).
Il riposo della folla

I dodici apostoli non trovarono quella tranquillità per condividere con Gesù la loro gioiosa esperienza missionaria appena terminata. «Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare» (Mc 6,31b). Forse quella folla fu il risultato dell'opera missionaria dei Dodici. Essi avevano chiesto la conversione e testimoniato il regno di Dio nel nome di Gesù. Ora molta gente li accompagnava perché volevano conoscere Gesù di persona. Una numerosa folla si attorniava attorno a loro e non c'era modo di ritagliarsi uno spazio riservato per loro. Quando Gesù e i Dodici decisero di prendere la barca e spostarsi in un luogo ancora più appartato e deserto, sull'altra riva del lago, quella stessa folla li precedette e riempì quel luogo con la sua presenza. Quella moltitudine era «come pecore che non hanno pastore» (Mc 6,34b).

Impressiona sostare e immaginare quell' andare e venire di umanità. Provoca sensazioni di disordine, di una ricerca affannosa di soluzioni a malattie, a miserie materiali e spirituali. In quella folla disorganizzata prevalevano interessi personali, forse di curiosità per Gesù, non un senso di appartenenza da consentire una vera conversione di vita secondo gli insegnamenti del Maestro.

Per i dodici apostoli la frustrazione di non poter stare loro da soli con Gesù, fu ricompensata dalla contemplazione dello sguardo compassionevole del Maestro, che si rivelava ai loro occhi, come il Dio pastore che spesso avevano pregato con il salmo 23 e con gli oracoli dei profeti.

Gesù stava apparendo davanti a loro come quel Pastore divino promesso dai profeti Geremia ed Ezechiele. Dio aveva promesso che lui stesso avrebbe radunato le pecore disperse di Israele e avrebbe poi continuato la sua opera formando e inviando pastori come Lui, che si sarebbero presi cura del gregge, senza far perdere neppure una delle pecore. Il Pastore-Messia, che sarebbe venuto in suo nome, doveva essere un germoglio giusto discendente dal tronco genealogico del re Davide, e sarebbe stato chiamato “Signore-nostra-giustizia”. I dodici apostoli erano appena rientrati dalla loro prima esperienza missionaria, si sentivano rappresentanti del loro Maestro e ben sapevano che Gesù era un discendente della stirpe di Davide. Si rendevano conto che stavano imparando ad essere pastori come Gesù, il buon pastore del salmo 23, che stava radunando il resto delle sue pecore da tutte le regioni dove si erano disperse e le stava facendo tornare ai loro pascoli (cf. Ger 23,1-6).

Quella folla in disordinato movimento divenne improvvisamente calma grazie al primo dono di Gesù-Pastore: offrire loro «il pascolo erboso e le acque tranquille» (Sal 23,2) dei suoi insegnamenti: «Si mise a insegnare loro molte cose» (Mc 6,34b). Domenica prossima contempleremo il secondo dono di Gesù-Pastore: il banchetto offerto a tutti di pani e pesci, che viene come conseguenza del banchetto della Parola vissuto durante tutta quella giornata.

Questa scena evangelica ci invita oggi a rivalutare il dono del giorno del Signore, aperto a tutti come opportunità del riposo della folla.

L'andare e venire stressante di quella folla è simile al sistema di vita della nostra società contemporanea, schiava della cronologia del tempo programmato, impegnata a fare una molteplicità di attività che, come cornici di un quadro, si accostano l'una all'altra formando ogni giorno i fotogrammi del film di una esistenza inarrestabile, che corre dietro alla soddisfazione immediata di tantissimi bisogni, indotti dalla mentalità consumistica e competitiva del nostro mondo, illusoriamente civilizzato. In questa immensa umanità inarrestabile c'è anche chi ancora cerca in qualche modo Gesù. Lo conosce perché tradizionalmente è battezzato, cresimato e solo in qualche occasione fa la sua apparizione in chiesa, “assistendo” alla celebrazione eucaristica domenicale..

Il riposo della folla dalla pazza frenesia della sua vita quotidiana diventi oggi l'invito a dare importanza al «giorno del Signore». Corrisponde all'invito di riscoprire il dono offerto a tutti del banchetto della parola di Dio e di quello eucaristico, celebrato nella santa messa domenicale per riscoprire la centralità di Cristo nostra pace e vero Pastore delle nostre anime, in grado di farci vivere relazioni non più sbarrate da muri di inimicizia, ma dalla gioia dell'incontro e del rispetto reciproco (cf. Ef 2,13-18)

Il riposo dei Dodici fa diventare il riposo della folla culmine e fonte della vita

Il riposo dei Dodici, attualizzato per noi da un serio progetto personale di preghiera biblica e di tempi di deserto, possa diventare prioritario affinché il banchetto della Parola e dell'Eucaristia a cui tutti sono invitati ogni domenica, possa veramente diventare culmine e fonte dell'esistenza.

 

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