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TESTO La fede per la vita

padre Gian Franco Scarpitta  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (27/06/2021)

Vangelo: Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 5,21-43

21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Per dodici anni aveva sofferto la donna emorroissa prima che finalmente toccasse il lembo del mantello di Gesù. Dodici anni ha la bambina che Gesù richiama alla vita. Dodici sono gli apostoli, dodici erano le tribù di Israele e anche l'Apocalisse evoca questo numero per indicare la completezza e la maturità dell'uomo. Il numero dodici è infatti simbolo di pienezza umana e nei casi descritti dall'evangelista Marco esso attesta la pienezza della fede, la completezza che merita anche il miracolo di guarigione. Nel caso della donna che accusa perdite di sangue, contrariamente a quanto avviene nel corso di numerosi miracoli di Gesù, essa non viene interpellata dal Signore e neppure le si presenta. Agisce indirettamente, nella certezza che, anche non avendo Gesù per interlocutore potrà ottenere una grazia da parte sua. Le basterà toccare il lembo del suo mantello, un po' come avverrà a proposito degli interventi di Pietro, “perché anche la sua ombra coprisse i malati appositamente portati nei giacigli e nelle lettighe (At 5, 15). Gesù percepisce di essere stato toccato perché “una forza è uscita da lui”. Non si sa esattamente cosa possa indicare questa “forza” fuoriuscita, ma di certo Gesù si accorge che qualcuno lo ha toccato appositamente e quello strattone era allusivo a una fede reale e convinta; in parole povere comprende che qualcuno ha avuto davvero tanta fede nella sua figura di Messia e Salvatore, venuto nel mondo per recuperare l'uomo alla salute e alla vita; questa fede gli ha procurato la guarigione fisica e la salvezza. Appunto per aver creduto e per avere sperato fermamente in lui, la donna emorroissa è guarita dopo tantissimi anni di sofferenze e di ricorsi medici fallaci. La sua disinvolta convinzione di trovarsi a contatto, seppure indiretto, con il fautore della vita l'aveva animata. Cosi come la convinzione di dover pendere dalle sue labbra per apprendere da ogni suo discorso o insegnamento e conseguentemente anche la buona disposizione a mettere in pratica la sua Parola e a farne criterio di vita.

Così pure è la fede in Gesù che merita al capo della sinagoga che la sua figlioletta venga riportata alla vita. A questo uomo disperato che chiede il suo intervento prodigioso sulla figlia, Gesù raccomanda le condizioni fondamentali per essere graditi a Dio soprattutto a proposito dei benefici soprannaturali: "Non temere, soltanto abbi fede". Lo convince cioè a non aver paura della morte, a non lasciarsi sorprendere dal timore dell'irrimediabile, ma ad aprire il cuore limitando la razionalità per non darla vinta al dubbio e all'arrendevolezza gratuita. Deve avere fede, cioè credere e affidarsi senza riserve a Colui che non è vincolato dai limiti circoscritti delle potenzialità dell'uomo, ma che le trascende e le prevarica. Insomma deve credere in Colui che può tutto. Una fede nel Figlio di Dio fatto uomo, Sapienza del Padre per mezzo della quale è stato creato il mondo, che è incarnata perché noi vivessimo della stessa sapienza e sperimentassimo l'efficacia della liberazione da ogni male. La fede quindi in Gesù che ha il primato sul dolore e sulla morte, che vanifica le risorse del peccato e del maligno e che ha la meglio su tutto ciò che della morte è potere.

La Prima Lettura di oggi ci assicura che Dio ha creato ogni cosa per la vita e non gode della morte, ma che ha creato tutto per l'esistenza e per l'immortalità. Solo il maligno può indurre l'uomo a cercare la morte in questa stessa vita nella perseveranza nel peccato, che della morte è il pungiglione (1Cor 15, 56). Aver fede vuol dire infatti credere, ma anche immedesimarsi nel mistero di Dio fatto uomo in Cristo e farlo proprio, radicando noi stessi interamente nella sua vita. Di conseguenza rigettare tutto ciò che ad esso si oppone o che contrasta con la salvezza e con la vita, quindi aver fede vuol dire fuggire il peccato, fuggire al diavolo (quello vero) ed egli fuggirà da noi (Gc 4, 7). Bandire dalla nostra vita ogni elemento che possa contrastare con il progresso personale e con il trionfo della vita. E la vera fede potrebbe anche apportare miracoli e guarigioni fisiche. E' infatti in conseguenza della disponibilità umile dell'apertura del cuore, del suo credere e affidarsi, del suo donarsi incondizionato a Dio, che è possibile essere destinatari di un evento straordinario. O altrimenti conduce a confidare nel Signore che ha creato tutto per il bene dell'uomo, che supera le angosce e le sofferenze e che è in grado, unico, di soddisfare le nostre attese.

 

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