PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Marco 5,21-43

don Michele Cerutti

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (27/06/2021)

Vangelo: Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 5,21-43

21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Parto nelle mie riflessioni questa domenica dalla seconda lettura che ci offre la liturgia della Parola.
Paolo scrive alla comunità di Corinto per sollecitarli ad una carità attenta nei confronti della Comunità di Gerusalemme provata dalla carestia.
Quello che richiede è una collaborazione materiale che sembra oggi rinnovarsi anche nel contesto pandemico che stiamo vivendo.
Abbiamo bisogno di cristiani che si fanno attenti ai fratelli che in questo periodo rischiano di rimanere indietro a causa delle ristrettezze economiche derivate da forti periodi di chiusura.
Il principio dell'aiuto e dell'assistenza trova fondamento in Cristo che da ricco si fece povero.
Principio ribadito in altre lettere e anche nel grande inno della lettera ai Filippesi in cui si esprime proprio che Gesù pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio.
Paolo nel brano di questa domenica esorta a ritrovare il principio di uguaglianza che consiste nell'eliminare le disparità che possono intercorrere tra gli uomini.
L'uguaglianza non è quella che si poggia su rivendicazioni umane, ma sulla Kenosis di Dio che ha cercato di calarsi nelle difficoltà dell'uomo per aiutarlo a ricuperare la sua dimensione originaria.
La carità nei confronti dei fratelli in difficoltà diventa l'antidoto contro i morsi del serpente, il divisore, colui che ha rotto l'unità tra l'uomo e Dio.
Dio si fa uomo, il demonio invece fa di tutto per essere Dio.
Si racconta che il Santo Curato d'Ars fu provocato dal diavolo che lo accusava di rubare anime, ma quando Giovanni Maria Vianney rispose che era soltanto una creatura, il divisore si arrabbiò.
Il serpente ha agito sempre mettendo nell'uomo il progetto di essere a tutti costi come Dio disobbedendo all'ordine di non cibarsi del frutto del giardino che aveva indicato.
Rompendo il rapporto con Dio il progetto del diavolo è creare divisione tra gli uomini e quindi creare egoismi e chiusure nei confronti di tutti.
Questo tempo che si presenta davanti a noi in cui vi è spazio per il riposo personale sia occasione per verificare qual è la nostra attenzione davanti alle nuove sollecitazioni che il contesto storico ci propone adottando qualche situazione difficile investendo le nostre risorse materiali e il nostro tempo per alleviarne le sofferenze e aprire il nostro cuore e vincere l'egoismo che sempre si annida.
Ci viene richiesta la stessa attenzione che Gesù dimostra nel brano evangelico che la liturgia ci sottopone questa domenica.
Gesù si cala in mezzo alle tante sofferenze anche davanti alle incomprensioni che si respira intorno a Lui.
Ilarità che nasce quando non si comprende che il miracolo della guarigione ha come fondamento la fede che sa smuovere anche le montagne.
Una donna del popolo provata da una lunga malattia si avvicina a Gesù lo tocca e davanti al Maestro che dice di non comprendere chi lo ha toccato si espone con timore, ma viene rincuorata dallo stesso Gesù perché quella donna ha dimostrato una grande fede.
Giairo che si inchina per chiedere aiuto per la figlia malata viene aiutato e il Figlio di Dio si indirizza verso casa sua proprio per guarirla.
Un Dio che si spezza per i fratelli diventa per noi tutti modello di attenzione e di cura nei confronti di chi è nel bisogno.
Una carità che nasce dalla fede porta a una sincera compassione per l'altro perché diversamente rischia di essere un semplice atto volontaristico o nel peggiore dell'ipotesi una sorta di ipocrisia.
Ci viene richiesto di capire fino a che punto siamo ancora capaci o meno di riconoscere le difficoltà del prossimo e questo diventa un passo preliminare per potersi interrogare su come porre dei rimedi mancando questa capacità di vedere il bisogno altrui, qualsiasi desiderio di affrontarlo e risolverlo con tutte le risposte che si possono dare che pur ammirevoli rimangono lettera morta.
Un aiuto ci viene offerto dal salmista che prega Dio perché riconosce nella propria vita di essere stato aiutato.
La nostra gratitudine al Signore passa attraverso l'attenzione ai fratelli per essere a nostra volta Provvidenza di chi è meno fortunato.

 

Ricerca avanzata  (53719 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: