PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Con Cristo ogni tempesta si calma e ritorna la pace

padre Antonio Rungi

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/06/2021)

Vangelo: Mc 4,35-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 4,35-41

35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

In questo anno e mezzo di pandemia, tante volte abbiamo fatto riferimento a questo Vangelo, trovando in esso la forza della speranza e lo sguardo dell'avvenire, aperto alla vita e alla risurrezione.
Un testo del Vangelo che ci fa comprendere quanto davvero sia importante sentire Cristo vicino a noi, specie quando si dischiudono i varchi di ripresa e di rinascita in tutti gli abiti della vita personale e sociale.
Senza Cristo, lo ripetiamo sempre a noi stessi e agli altri, non possiamo attraversare nessun lago, mare, o volare nei cieli, con la sicurezza di uomini della scienza e della tecnica.
Abbiamo bisogno di Dio e senza di Dio nulla è possibile all'uomo. Anche la stessa vita è messa in pericolo e minacciata non solo dalle tempeste di acqua, di mare o di vento, ma da tutte le altre tempeste che hanno attinenza con l'umano e il terreno. E nell'umanità c'è quell'aspetto importante di noi stessi che riguarda la nostra dimensione spirituale e psicologica, che non può essere dimenticata o dissociata dal corporeo, in quanto di anima e di corpo siamo fatti, in una unità inscindibile delle due parti dell'essere umano.

Rileggendo il brano del vangelo di Marco di questa XII domenica del tempo ordinario sembra rivivere i tanti momenti drammatici della nostra vita personale e sociale, soprattutto negli ultimi tempi, presi come siamo stati da un'angoscia mortale per la pandemia che ha messo in crisi le nostre sicurezze.
Rispetto a mali più gravi e meno risolvibili, abbiamo abbassato la guardia davanti ad un virus letale che ha portato via milioni di persone in tutto il mondo.
La paura della malattia, della morte, della fame e della miseria, emerge nella sua drammaticità in questo nostro difficile momento storico a livello mondiale.
Ma entrando nel merito di questo testo del vangelo lo scopriamo nella sua giusta portata e comprendiamo bene che esso è di conforto, consolazione e di apertura alla speranza, che mai deve assopirsi nel cuore dei cristiani.
Con Gesù, come gli apostoli, siamo chiamati anche noi a passare all'altra riva che non è soltanto una gita in barca, una gara a vela o una corsa di aliscafo, traghetto o di una nave crociera, ma di passare dalla paura alla gioia e alla speranza di vivere, dallo spavento all'abbandono totale ai disegni di Dio, che riguardano la storia di ognuno e di tutti. Non possiamo rimanere ancorati alla riva o al porto della delusione e della paura di attraversare l'esistenza terrena, ma è necessario rischiare, prendere le proprie barche o i propri strumenti per andare oltre e giungere altrove, dove si potrà vivere e lavorare nella pace di Cristo.
Quante sere e notti di paura abbiamo vissuto da piccoli fino ad oggi?
La paura ce la presentavano sotto tante forme linguistiche, immaginarie e reali.
Alla fine abbiamo vissuto sempre nella paura ed uscire da queste paure non è stato facile per nessuno e non lo è tuttora, nonostante le consulenze piscologiche e gli aiuti umani di persone che hanno a cuore le nostri sorti.
Chi davvero ci aiuta e ci fa superare, nella fede, le nostre paure è proprio Colui che sale sulle nostre barche e ci accompagna nelle traversate, soprattutto quando la tempesta minaccia la vita dei marinai e dei passeggeri. Lui, Gesù, interviene e mette a posto ogni cosa.
C'è poco da commentare su questo testo del vangelo di Marco una vera cronaca di un evento straordinario, che può esserci di aiuto a capire con quale vascello stiamo oggi viaggiando su questa terra e a quale porto vogliamo arrivare con la logica del mondo e non di quella del creatore del mondo: la sola scienza o la scienza e la fede insieme?
Gesù ci invita a passare all'altra riva, anche se davanti a noi ci sono le tenebre della notte, del buio e dell'incertezza di un viaggio in mare. Noi con Gesù e con gli apostoli possiamo ben dire che in tante notti ci sono state grandi tempeste di vento e di onde, più o meno alte nella nostra vita, al punto tale che si sono rovesciate nelle nostre anime e nei nostri pensieri, occupando tutto lo spazio della fiducia e della speranza. Eppure Cristo è sempre con noi. Anche se apparentemente dorme sulle barche dei nostri quotidiani attraversamenti dei vari mari, Egli ci sta vicino e basta un semplice gesto di fiducia in Lui che in un batter d'occhio evolve al positivo. Bisogna aver il coraggio di rivolgerci a Lui, come hanno fatto gli apostoli: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?».
Lui di fronte alle nostre paure non ci lascia soli e abbandonati alle nostre angosce. Si desta ed interviene, perché ha il potere su tutto, sulla vita e sulla morte, sulla creazione e sulle leggi che ne regolano la vita, al punto tale che è nelle sue facoltà di sospenderle temporaneamente ed operare il miracolo richiesto. Perciò quando permettiamo a Dio di starci vicino e indirizzare al bene, nella libertà, il nostro agire umano, Egli può dire alle forze della natura, al vento e al mare, in questo caso della tempesta sedata: «Taci, calmati!». E con quella parola che, come al momento della creazione diede origine alla vita, così in questo momento quella parola pronunciata la Verbo Incarnato, produce subito l'effetto. Infatti, “il vento cessò e ci fu grande bonaccia”.
Gesù nella sua grandezza e soprattutto nella sua vicinanza agli apostoli fece finta di non capire quella paura che aveva presso il gruppo degli apostoli e quanti si erano imbarcati a loro seguito per seguirlo all'altra riva. La domanda d'obbligo da parte di Gesù scatta da subito: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Chi ha fede non ha paura di nulla, né della malattia, nelle delle tempeste e neppure della più spaventosa di tutte le paure che è della morte. Dietro questo interrogativo posto da Gesù agli apostoli, che una reazione che l'evangelista Marco evidenzia nel brano: essi furono presi da grande timore (che in questo caso è solo e soltanto un atto di amore verso il Salvatore) al punto tale che si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». C'era poco da mettere in dubbio chi era Gesù. Loro non l'avevano ancora capito e Gesù con un altro dei suoi miracoli ha cercato di far capire agli apostoli chi era davvero per loro e per tutti: l'amore che si fa soccorso ed aiuto nei momenti lieti e tristi della nostra vita.
Di fronte alla potenza di Dio, il nostro orgoglio dove lo mettiamo, la nostra superbia, la pretesa di essere insostituibili e comandanti in capo per tutta la vita? Ci aiuti anche il brano della prima lettura di oggi, tratta dal Libro di Giobbe, l'uomo esemplare della pazienza: Dio ha messo dei limiti nella creazione e nell'uomo, perché presumessero di essere dei, ma solo povere creature. Terra, mare, montagne e tutte le forze della natura e del creato hanno limiti, che si infrangono con la precarietà e la provvisorietà, perché niente eterno di quanto è stato creato.

Per capire il mistero della creazione e della redenzione è necessario attingere l'insegnamento dottrinale da quanto scrive l'apostolo Paolo nel brano della sua seconda lettera ai Corinzi: “L'amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro”. La fede in Cristo sta in questo che è Lui l'unico salvatore e redentore. In questa nuova prospettiva di fede, noi cristiani non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove”. La fede in Cristo rende nuove le cose, nel vero senso del termine, in quanto c'è una ristrutturazione dell'essere e dell'agire di chi ha fede in Dio e guarda con fede le creature e soprattutto chi è al vertice stesso del creato che è l'essere umano.

Con tutta la Chiesa preghiamo con queste parole della colletta di oggi: “O Dio, tutte le creature sono in tuo potere e servono al tuo disegno di salvezza: rendi salda la fede dei tuoi figli, perché nelle tempeste della vita possano scorgere la tua presenza forte e amorevole”. Amen.

 

Ricerca avanzata  (53954 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: