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TESTO Commento su Giovanni 10,1-10

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IV Domenica di Pasqua (Anno A) (17/04/2005)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Nella preziosa eredità lasciataci da Giovanni Paolo II, vi è la sua apertura verso tutte le religioni del mondo, non solo quelle cristiane. Molti ricordano il meeting di Assisi, nel quale il Papa volle chiamare tutti i rappresentanti delle religioni del mondo a pregare per la pace. Il che non può e non deve indurre a pensare che al Santo Padre andassero bene tutte le religioni. Una precisazione autorevole in merito venne poco tempo dopo con il documento "Dominus Jesus", nel quale il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ribadiva che Cristo è l'unico Salvatore e Mediatore tra noi e Dio in ordine alla salvezza.

VOGLIA DI RAPPORTO CON DIO. Scrive il vescovo di Como, monsignor Maggiolini: "Siamo un poco tutti malati di autonomia. Vorremmo essere noi a trovare Dio, a mettergli addosso le mani e ad incapsularlo nelle nostre categorie. Siamo un po' tutti malati di razionalismo. Vorremmo conoscere Dio con le sole nostre forze e magari ridurlo ad una idea astratta e vuota. Siamo un poco tutti ammalati di immediatismo. Ci indispettiscono i segni nei quali Dio ci si rivela e gli strumenti attraverso i quali ci si consegna. La Chiesa soprattutto, ci appare un ostacolo, un ingombro, una cappa di piombo che turba il nostro rapporto religioso e soffoca la nostra libertà". Al contrario il Vangelo di questa domenica ci fa sapere che il nostro rapporto con Dio è già progettato da lui stesso. La salvezza non è un fatto personale ma collettivo, siamo invitati a far parte di un gregge, a metterci liberamente sotto la guida di un pastore, che è Cristo. Non è possibile salvarci da soli, poiché lui è l'unico Mediatore tra noi e il Padre.

CI CONOSCE UNO PER UNO. Una strana cosa è accaduta alla morte di Giovanni Paolo II. Non pochi dei pellegrini, interpellati alla televisione, rispondevano di essere giunti a Roma perché volevano salutare il loro "padre" del quale si sentivano veri figli spirituali. Non solo i polacchi, ma gente che veniva da ogni parte del mondo. Proprio come se fossero conosciuti personalmente da quel Papa che amavano e che aveva fatto più volte il giro del mondo. Non possiamo ritenere tutto ciò una semplice suggestione, ma ci fa capire meglio il nostro rapporto di credenti e battezzati con Gesù, il quale dichiara con forza, non solo di essere il pastore delle pecore, ma anche di "chiamarle una per una". Ed aggiunge "cammina davanti a loro ed esse lo seguono, perché conoscono la sua voce". È un rapporto intimo e profondo con Cristo, da parte di coloro che appartengono al suo gregge, Questa appartenenza poi è la condizione per tutti alla salvezza.

PERCHÉ ABBIANO LA VITA. Lo scopo ultimo del pastore, da conseguire per tutte le pecore del suo gregge, è dichiarato in modo esplicito da Gesù che dice: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza". Di quale vita si tratta, dal momento che Gesù non parla a dei morti, ma a dei viventi? Ovviamente egli parla di una vita che va oltre quella terrena, una vita che appartiene a coloro che, per il battesimo e la fede, sono entrati a far parte della vita stessa di Dio, quella soprannaturale. È in forza di questa vita nuova, che chiamiamo "grazia", che noi, già da questa terra, siamo "figli di Dio" e, come dice l'apostolo Giovanni "lo siamo realmente". Non è un modo di dire, ma una realtà. Purtroppo non ancora definitiva, poiché le nostre debolezze e la fragilità possono sempre privarci, almeno temporaneamente, di questo bene prezioso. Abbiamo bisogno ogni giorno di ascoltare la voce di coloro che il Pastore ha lasciato come nostre guide spirituali: il Papa, i vescovi, i sacerdoti. In buona sostanza, la Chiesa che Gesù ha voluto costituire, perché la sua opera di verità e di salvezza continuasse nel mondo. Per la salvezza di tutti.

Commento a cura di don Carlo Caviglione

 

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