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TESTO Commento su Giovanni 1,29-34

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II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/01/2005)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Non sono ancora spenti gli echi, né le sofferenze, del terribile maremoto del Sudest asiatico. Allo stesso modo restano gli interrogativi inquietanti sulle cause e la domanda: dov'era Dio in quel momento. Non c'era o dormiva? Nessuno saprà mai dare una risposta. Ma nei testi liturgici di questa domenica, Dio e il suo comportamento si rivelano a noi in modo tutto diverso.

MIO SERVO TU SEI. Il progetto di Dio per la salvezza dell'uomo ha origini molto antiche. Già ne parla, secoli prima, il profeta Isaia che prevede la venuta di un "Servo", che sarà luce per tutte le nazioni. Ma non viene all'insegna del potere e della conquista, ma come servo e servo sofferente. Egli condividerà in pieno la condizione umana. Si pone con noi le nostre domande, si compenetra della stessa disperazione. Per portare la salvezza di Dio "fino all'estremità della terra", il preconizzato servo, di cui parla il profeta, agirà con la forza di Dio, per essere "luce delle nazioni", ma il prezzo della sua missione sarà la sofferenza. Già è annunciato un comportamento del Messia, il Figlio di Dio che verrà. Un suo modo d'essere che ci sorprende. Non viene a togliere la sofferenza dell'uomo, ma a condividerla. Il padrone si fa schiavo. Si annunciano le parole che dirà Gesù stesso: non sono venuto per essere servito, ma per servire.

ECCO L'AGNELLO DI DIO. Con questa singolare espressione, Giovanni il Battista, indica in Gesù ai suoi discepoli, la venuta di Colui che da tempo andava predicando e annunciando. Per i discepoli quella espressione "Agnello di Dio" doveva essere familiare. Giovanni la riferiva certamente a ciò che di Gesù si diceva nei testi profetici. Parlavano infatti di un agnello che sarebbe andato alla morte, senza lamento. Si sarebbe offerto volontariamente al sacrificio, in espiazione dei peccati del mondo. A Cristo si riferisce il Battista con la sua espressione. E testimonia a favore della sua identità, di aver visto scendere su di lui, al momento del battesimo nelle acque del Giordano, lo Spirito Santo. "E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio". Un rivelazione quindi e una testimonianza. Il Battista con assoluta onestà dichiara: "Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele". E, in realtà, al momento del battesimo di Gesù, il Padre fece sentire la sua voce per dichiarare apertamente. "Questi è il mio Figlio prediletto. Ascoltatelo!".

EGLI MI CAPISCE. Secondo la rivelazione che fa di sé nella Bibbia, siamo in presenza di un Dio che non regna indifferente sulla sofferenza umana, in una lontananza beata, poiché il Figlio stesso si è caricato dei nostri peccati. Si rivela, al contrario, come un Dio che si prende a cuore tutta questa sofferenza, anche quella del Sudest asiatico. Lui la conosce. Con l'incarnazione di Gesù, Dio entra nel cuore della nostra vita, si lascia toccare dalla nostra sofferenza umana. Prende su di sé i peccati del mondo e si lascia ferire dalla cattiveria dell'uomo, si lascia commuovere dalla malizia di questa terra, come un giorno ha pianto di fronte all'ostinazione di Gerusalemme. Egli ha voluto avvicinarsi il più possibile a noi, alla nostra vita, con i suoi dolori e le sue contraddizioni, i suoi falli e i suoi abissi. È in questo che la nostra fede cristiana si distingue da ogni altra religione. Solo in Cristo, Dio si è fatto uomo ed è salito sulla croce. Un fatto incredibile, ma vero. Per questo Egli è vicino al mio dolore, egli mi capisce e sa come mi sento. Un dolore che ha provato, ha condiviso e sopportato per me. Una verità che è consolante, ma anche scomoda. Impegna noi cristiani, a imitazione di Cristo, a farci portatori del suo messaggio ed a condividere, concretamente, il dolore dei nostri fratelli. Ad impegnarci per coloro che, nel mondo, stanno affondando nella solitudine e nella miseria, torturati o assassinati, che muoiono di fame o di disperazione.

Commento a cura di don Carlo Caviglione

 

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