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TESTO Noi cristiani “fuori di testa, ma diversi da loro...”

diac. Vito Calella

Santissima Trinità (Anno B) (30/05/2021)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Il successo mediatico del gruppo rock “Maneskin”, vittorioso a Sanremo e nella competizione di “Eurovison” il 22 maggio scorso, con la canzone “Zitti e buoni”, ci fa riflettere sul messaggio contenuto nel testo e sulla maniera eccentrica con cui esso è veicolato. Colpisce il ritornello del canto, che ripetutamente inneggia l'essere “fuori di testa”, in prima e seconda persona al singolare e poi volendo coinvolgerci tutti in prima persona plurale: «Sono fuori di testa, ma diverso da loro; tu sei fuori di testa, ma diversa da loro. Siamo fuori di testa, ma diversi da loro». Io, tu, noi: l'essere fuori di testa ci accomuna, ma ci sono modi e modi di esserlo. C'è l'essere “fuori di testa” del tossicodipendente, dello spacciatore e dell'alcolizzato. Ma il rockettaro, trasportato esclusivamente dalla sfrenatezza del ritmo musicale, dai gesti esasperati e dall'eccentricità ambigua del vestire, vuole essere “diverso da loro”, seppur sempre “fuori di testa”.

Ad un certo punto, nell'accavallarsi delle parole di un testo che richiama fotogrammi di situazioni accostate senza uno scontato nesso logico, appare una frase con un profondo significato funerario: «C'è scritto sopra una lapide, in casa mia non c'è Dio». La casa, il luogo della privacy e dell'intimità, diventa un cimitero. La lapide decreta la scelta di non voler ospitare Dio. Di fatto, si può scegliere di essere “fuori di testa” avendo voluto divinizzare un genere di musica, che poi si può trasformare in essere “fuori di testa” per la fama conquistata dallo tsunami dei “like” del televoto.

Ma si può anche scegliere di essere “fuori di testa” per essersi lasciati stupire dall'eccedenza incalcolabile di dono di un Padre Creatore, unito ad un Figlio Redentore da uno Spirito Santificatore.

Siamo entrati nell'era tecnologica e scientifica della conquista dello spazio, perché la nostra specie umana è in grado di esplorare le immensità delle galassie, dei buchi neri, delle stelle e dei pianeti con strumenti telescopici sempre più potenti e sofisticati. Si spendono milioni di dollari per accaparrarsi il business del turismo spaziale, della conquista della Luna e di Marte.

Il puntino sperduto nell'universo, chiamato "Terra", rimane un sistema fatto di miriadi di sottosistemi di biodiversità naturale e vitale dove la mente umana difficilmente riesce a custodire tutta quanta la creatività esuberante delle conformazioni rocciose e dei terreni, dei mari, della flora, della fauna e dell'arte umana.

Per quale motivo esistono coscienze umane esaltate nell'affermare di essere “fuori di testa” perché c'è una lapide con scritto sopra: «In casa mia non c'è Dio?».
Sono esse il Creatore?

Seppur piene di doti artistiche e intellettuali, non sono anch'esse creature limitate e vulnerabili? L'ormai famoso canto rock lo dice: «Voi siete sporchi [...] di fango; [...] la strada è in salita, [...] ho visto sale e poi lacrime».

Abbiamo ascoltato dal libro del Deuteronomio chi è il Creatore e chi è la creatura: «Dio creò l'uomo sulla terra».

Dio è l'artefice di tutto ciò che esiste e si muove «da una estremità all'altra dei cieli» (Dt 4,32a).

Oggi siamo qui per celebrare il nostro essere “fuori di testa”, diversi da chi assolutizza la musica, la fama, i soldi e la sua incondizionata libertà di volere e di agire come se Dio non ci fosse.

Celebriamo il nostro essere “fuori di testa” nell'adorare il Padre Creatore per mezzo del Figlio, «per il quale e in vista del quale tutto è stato creato» (Col 1,16c), dove la diversità di tutte le specie e l'armonia della biodiversità ci fanno contemplare la creatività della gratuità dell'amore divino, segno dello Spirito Santo presente in ogni cosa.

Tutto ciò che ci circonda è dono. Nulla ci appartiene come proprietà esclusiva. Diventando noi i padroni della natura, la stiamo distruggendo con il nostro amore interessato e non rispettoso del valore di tutto ciò che è “altro” da noi.
C'è una presenza divina tutta da scoprire.

Il mistero della nostra esistenza fugace in questo pianeta Terra ha avuto origine in essa.

Noi cristiani oggi siamo “fuori di testa” quando usciamo di chiesa e abbiamo il coraggio di custodire nella nostra mente e meditare bene nel nostro cuore la parola di Dio, per dire ai “fuori di testa” diversi da noi: «Il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n'è altro» (Dt 4,39).
Non è un Assente.

È un veramente, discretamente, pazientemente, rispettosamente Presente.

Siamo entrati nell'era della comunicazione mediatica, siamo tutti interconnessi in rete. Il nostro smartphone ci mette in relazione ventiquattro ore su ventiquattro con l'oceano di parole, parole, parole e immagini, immagini, immagini provenienti da tutto il mondo. Il canto dei Maneskin dice: «La gente purtroppo parla, non sa di cosa parla». Ci sembra di affogare nel mare di notizie, di dati, di fake news, di pettegolezzi, di opinioni, di pregiudizi. Il canto dice: «Tu portami dove sto a galla che qui mi manca l'aria». Siamo saturati di parole e forse lo stile non logico dei testi delle canzoni odierne, senza un nesso sintattico tra una frase e l'altra, è il segno più eloquente di quanto stiamo annegando in questo mare della comunicazione senza limiti.

Nell'oceano immenso della cultura della comunicazione noi cristiani siamo “fuori di testa”, diversi da coloro che hanno gli orecchi legati all'auricolare per tutto l'arco della giornata. Siamo diversi perché abbiamo scoperto l'esistenza, già disponibile e donata, delle parole del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo.

Siamo “fuori di testa, diversi da loro” quando il custodire e il meditare le parole e i comandamenti di Dio ci chiede la fatica del silenzio, dello svuotamento, della calma, non certo auspicati dal rock duro e metallico. Tra l'oceano di parole, resiste la parola di Dio, rivelata all'umanità e tramandata di generazione in generazione nelle Sacre Scritture e attraverso la nostra testimonianza di vita.

Prima di diventare noi cristiani “fuori di testa”, nello scegliere di voler essere ascoltatori della parola di Dio e dei suoi comandamenti, lo è stato il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo!

Il libro del Deuteronomio ci dice che Dio Creatore si è rivelato anche come Redentore.

È un Dio “fuori di testa”, pazzo di amore per la nostra umanità decaduta nelle più svariate forme di schiavitù provocate dalla radice egoistica del cuore umano: «Vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un Dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un'altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi?» (Dt 4,32b-34).
Dio è “fuori di testa”!

Ha scelto di abbassarsi a comunicare con noi usando lo strumento principale dei nostri legami sociali: il linguaggio verbale. Ha scelto di farlo scegliendo un popolo insignificante in un angolo sperduto della Terra: il popolo di Israele, un popolo sofferente e schiavo, ma anche di dura cervice.

Non bastando i comandamenti della prima alleanza, la redenzione divina a favore dell'umanità si è concretizzata nella Parola fatta carne, cioè in Gesù Cristo, il Figlio del Padre, venuto ad assumere la stessa nostra condizione umana: «Dio ha tanto amato il mondo (è divenuto “fuori di testa” d'amore per noi), da consegnare il suo unico Figlio!» (Gv 3,16).

La pienezza della verità contenuta in tutte le parole delle Sacre Scritture si è avverata con la sua morte di croce: rivelazione della pazzia dell'amore gratuito senza nessuna gratificazione.

Per i giudei e per i greci noi cristiani siamo “fuori di testa” nel credere e annunciare Cristo crocifisso, per loro «stoltezza e scandalo» (cf. 1Cor 1,23).

Per i detentori del sapere siamo “fuori di testa” nel credere che Gesù è stato risuscitato, come avvenne con l'apostolo Paolo ad Atene: «Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: ti sentiremo su questo un'altra volta”» (At 17,32).

Siamo “fuori di testa” per credere in Gesù Cristo, nostro Redentore, che ci riconduce a riscoprire l'essenziale della nostra comunione con il Padre.

Noi cristiani, con l'apostolo Paolo, siamo “fuori di testa” nel credere che Gesù morto e risuscitato «ha effuso lo Spirito Santo nei nostri cuori» (Rm 5,5). Lo Spirito Santo abita nel «tempio del nostro corpo» (cf. 1Cor 3,16; 6,19-20). Nonostante le nostre difficoltà, poiché tendiamo sempre «a non compiere il bene che vogliamo, ma il male che non vogliamo» (Rm 7,19), lo Spirito Santo, già presente in ciascuno di noi «viene in aiuto delle nostre debolezze, intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26) affinché tutti insieme, uniti nella carità, possiamo riconoscerci tutti fratelli, ospitati nel cuore misericordioso del nostro unico «Abbà, Padre», da figli amati (cf. Rm 8,14-17).

In questa cultura della pluralizzazione delle verità, delle opinioni, delle esperienze religiose più variegate, del correre frenetico quotidiano sommerso di tante parole, senza preghiera, il Cristo risuscitato oggi è “fuori di testa” nell'inviare anche noi, così come siamo, noi che ancora dubitiamo come gli apostoli. È “fuori di testa” nell'inviarci a custodire e annunciare il suo lieto annuncio del Regno del Padre. Gesù Cristo risuscitato confida in ciascuno di noi, per fare in modo che il «battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» non sia più un servizio religioso gettonato dalla nostra memorabile ex-cultura cristiana, ma diventi sempre più il rito che fa la differenza del nostro voler essere “fuori di testa, ma diversi da loro” nelle nostre relazioni unitive e rispettose dell'altro, ciò frutto dell'eccedenza di dono gratuito del «Dio con noi fino alla fine del mondo» (Mt 20,28).

 

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