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TESTO Una predica rivolta a chi predica

padre Gian Franco Scarpitta  

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XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/10/2005)

Vangelo: Mt 23,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

Che la Parola di Dio e le esortazioni spirituali debbano interessare tutti i battezzati anteriormente alla loro specifica collocazione nella Chiesa è cosa ovvia e assodata soprattutto da parte del Concilio Vaticano II; così pure è altrettanto fondato che la comunicazione della Parola, la guida, l'edificazione e la santificazione del popolo di Dio avvenga per opera di Cristo attraverso la ministerialità del papa, dei vescovi e dei sacerdoti: divinamente scelti dal gregge, essi sono rivestiti del ruolo di pastori con il compito di essere primi annunciatori della Parola di Dio, esortando tutti i fratelli alla sequela di Cristo e aiutandoli nel cammino verso la santità, anche come dispensatori dei sacramenti. Il sacerdote è annunciatore del messaggio di salvezza, guida spirituale ed responsabile dell'edificazione del popolo di Dio e per questo va seguito dai fedeli con zelo e spirito di fiducia in tutto il suo ministero.

Ora, che i sacerdoti (e i vescovi) siano ministri di Dio presso il popolo ciò non vuol dire che non siano stati resi essi stessi destinatari di un messaggio divino, che siano esentati da responsabilità in ordine alla Parola e alla rettitudine del comportamento e che non debbano essere oggetto di moniti e di riprovazioni. Chi predica agli altri ha infatti una responsabilità enorme per la quale è tenuto a rendere se stesso esempio effettivo e vivente di quello che annuncia, mostrando di credere nel messaggio che sta proferendo e di conseguenza mettendo in atto ogni parola che proferisce, specialmente in ordine al bene, alla morale e alla carità, sicché anche i sacerdoti sono continuamente resi oggetto di esortazioni e richiami alla rettitudine nella condotta verso gli altri perché il loro messaggio non sia vanificato e non è affatto vero che a noi preti si escluda la possibilità della divina condanna anche nell'altra vita.

Tutt'altro. Proprio perché responsabili di un mandato di provenienza divina saremo chiamati a rendere conto a Dio più di tutti gli altri di come ci saremo comportanti con il prossimo, di come avremo recato nella nostra vita il Vangelo predicato dai pulpiti, e soprattutto della sollecitudine mostrata verso la gente, specialmente in tempi come i nostri, nei quali il popolo, ormai gonfio e stanco di innumerevoli sermoni e ampollosi discorsi su Cristo, attende con ansia che qualcuno gli mostri nei fatti come Cristo ha vissuto...

Non molto tempo fa' Benedetto XVI ci esortava ad emulare le virtù di Padre Pio e ad essere di vita esemplare per tutti i fedeli. Così anche Giovanni Paolo II nelle sue lettere indirizzate ai sacerdoti invitava a che noi mettessimo in pratica il Mistero Eucaristico che celebriamo tutti i giorni, mentre perentori moniti alla sollecitudine verso le pecorelle vengono rivolti da Ezechiele, a cui ha fatto magistralmente eco una bellissima opera di sant'Agostino; ma le medesime esortazioni ci vengono rivolte oggi dal profeta Malachia (I Lettura) e dallo stesso Signore Gesù Cristo nel suo vangelo, entrambi aventi come scopo lo sprone dei sacerdoti e dei ministri alla sincerità, alla trasparenza, l'esemplarità di vita e la fuga da ogni vanagloria e falso orgoglio.

Ci viene rivolto infatti uno specifico monito a non ergerci al di sopra dei fedeli, a non collocarci su un livello troppo elevato sulla massa e a non ostentare superiorità che di fatto il Vangelo non ci accorda, quasi potendo noi usufruire della nostra posizione per vantare diritti sugli altri, e questo anche nell'assai discusso appellativo di "padre", la cui negazione è del tutto legittima, così come – lo dico con sincera spontaneità- è da considerarsi riprovevole, assurdo e ridicolo il continuo ricorso in campo ecclesiastico ai titoli e agli aggettivi di benemerenza facenti parte non già di una pedagogia evangelica bensì di una determinata serie di consuetudini apportate nel corso della storia della Chiesa e purtroppo ancora vigenti.

Ad onor del vero, il titolo di "padre" possiede una certa legittimità spirituale, visto che Paolo definisce se stesso genitore dei fratelli e padre nella fede (1Cor 4,14-16; 1Ts 2, 7-14) rivendicando per sé la paternità come guida, ma è ben lungi dal qualificare la prevaricazione o l'affermazione sulla gente da parte del presbitero.

Piuttosto, la mansuetudine e la disponibilità al servizio nonché lo zelo per le anime e la tutela della causa del Regno è quanto chiede Cristo dal nostro ministero; ci si chiede anche che da parte nostra si condividano le pene e le fatiche della gente, che ci si lasci coinvolgere dai loro problemi e dalle loro difficoltà, non lesinando mai sul tempo da dedicare all'ascolto e all'attenzione della gente e quando possibile ad essere anche di aiuto materiale per tutti rifuggendo presunzione, vanagloria e quell'altezzosità che di fatto il nostro abito non di rado ci procura disponendoci ad operare noi stessi quello che predichiamo dall'altare, specialmente quando debba comportare pesi e rinunce.

Se da una parte è innegabile che si siano verificati abusi e devianze nelle attitudini della gerarchia ecclesiastica a causa di non pochi sacerdoti poco coerenti con il loro ministero, va considerato tuttavia che non sono stai affatto pochi quei pastori ferventi nella virtù e nella perfezione di vita e nella sincera operosità nell'amore verso gli altri, a volte anche affrontando rischi, pericoli e perfino offrendo la propria vita per la causa del vero Vangelo, e tali esemplarità non possono che essere di sprone per noi tutti presbiteri.

Il pontefice non manca di rivolgerci le sue continue esortazioni nel senso suddetto e anche da parte nostra si è tenuti a rivedere il nostro atteggiamento e lo stile di vita e di ministero, senza mai presumere di essere migliori dei nostri fedeli solo perché celebriamo Messa e considerando che anche per noi (anzi soprattutto per noi) vi sarà un giudizio. Quella del presbitero è una missione assai delicata, giacché in essa è in fondo secondario quello che si "fa", mentre è determinate quello che si "è" e non saremo mai fedeli al mandato di Gesù finché non predicheremo con la nostra stessa prassi di vita.

Quanto ci siamo detti non esclude tuttavia che anche da parte dei fedeli debba essere considerazione verso i loro pastori, e questo innanzitutto nella frase di Gesù relativa ai farisei: "Ascoltate e praticate quello che dicono e non quello che fanno": se pure eventualmente inadempiente alla sua missione il presbitero rimane sempre ministro di Dio e pertanto dispensatore della Sua grazia ed è per questo che non si è mai legittimati quando si tenta di giustificare le proprie lacune spirituali e le inosservanze nei precetti della Chiesa con il pretesto del parroco non esemplare o del prete che non vive quello che insegna: equivale di fatto a non aver avuto mai fede nel Signore, il quale oltretutto è libero di adoperare anche strumenti inadeguati per l'annuncio della sua parola, come già lo furono gli stessi apostoli (uno ladro, l'altro pagano... un altro addirittura traditore). E' sempre Lui il nostro obiettivo nonché il punto di riferimento della nostra vita al quale guardare sempre con fiducia e attenzione, anche quando i pastori debbano recarci delusioni e mostrare demeriti e motivi di riprovazione e confidare nell'amore del Signore è possibile anche al dì là della persona che lo sta predicando e dalle sue qualità...

Sempre la centralità di Cristo vuole ancora che noi tutti si mostri comprensione e interesse verso i presbiteri sostenendoli nella loro attività ministeriale, incoraggiandoli e dando loro aiuto e orientamento anche nei loro errori e nelle eventuali crisi, essendo quella del sacerdozio una spinosissima avventura nella quale non di rado si avverte il bisogno di essere sostenuti e incoraggiati.

 

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