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TESTO Commento su Marco 8,27-35

padre Lino Pedron  

Giovedì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (20/02/2003)

Vangelo: Mc 8,27-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

L'episodio comincia con una domanda:" Chi dice la gente che io sia?". Le risposte che danno i discepoli corrispondono a quello che pensa e dice la gente. Sono risposte positive, che esprimono rispetto e stima per Gesù, ma rimangono incomplete perché cercano di spiegare il mistero di Gesù accostandolo ad altri personaggi pur grandi della storia della salvezza. Tutte queste risposte non riescono ad esprimere la novità e l'unicità della persona del Cristo.

Gesù pone ai discepoli una seconda domanda, diretta, personale:" E voi, chi dite che io sia?". Risponde Pietro: "Tu sei il Cristo". La risposta corrisponde a verità, ma va chiarita nel suo contenuto. E' per questo che Gesù proibisce ai discepoli di parlare di lui alla gente e inizia a svelare loro la sua vera messianicità: quella del Cristo che deve soffrire e morire. Egli non è il liberatore nel senso voluto dai giudei, ma il Salvatore nel senso voluto da Dio. Il Cristo "deve" percorrere il cammino che lo porterà alla croce (v.31) per fare il sacrificio della propria vita per la salvezza di tutti. Gesù è il Figlio dell'uomo incamminato verso la croce. Da questo punto in avanti, il tema della croce e della risurrezione è, in un certo modo, l'unico tema trattato, perché tutto gira attorno ad esso. Gesù è il Messia sofferente, il Servo di Dio disprezzato, abbandonato dagli uomini e destinato ad una morte infame (cfr Is 53).

Siccome l'idea che i discepoli hanno sul Messia è insufficiente, Gesù incomincia un nuovo insegnamento, una nuova rivelazione (vv.31-32). E proprio Pietro, che aveva proclamato con sicurezza: "Tu sei il Cristo", si oppone violentemente alla nuova rivelazione di Gesù. Il Messia che lui e i suoi compagni attendono è uno che all'occorrenza uccide gli altri, non uno che mette nel suo programma la propria sconfitta e la propria morte. Ma Gesù è il Cristo come lo vuole Dio, non come lo vorrebbero gli uomini. Egli è venuto per cambiare il mondo, e questo richiede, come prima cosa, il capovolgimento del modo di pensare degli uomini e il cambio di direzione per ritornare a Dio (cfr Mc 1,15).

E qui viene spontanea una considerazione. Opponendosi alla passione e morte di Gesù, Pietro crede di fare il vero bene di Gesù e di tutti, di dimostrargli un amore grande e di dargli un consiglio eccezionale. Di fatto, però, svolge il ruolo di satana che tenta di distogliere Gesù dall'obbedienza al Padre. Il diavolo tentatore prova nuovamente il colpo che non gli era riuscito nel deserto (cfr Mc 1,12-13): Gesù, che non aveva ceduto alla tentazione del nemico, forse cederà alle insistenze del miglior amico. Ma Gesù resiste a viso aperto. Quante azioni sataniche si compiono "a fin di bene, per amore,...", ma in direzione opposta a quella insegnata e percorsa da Gesù!

La teoria del vangelo è molto chiara. Dio è amore che dona la vita e giunge alla risurrezione attraverso la povertà, l'umiltà e l'umiliazione della morte in croce. L'uomo è egoismo che cerca di salvarsi e produce morte attraverso la ricerca dell'avere, del potere e dell'apparire. Questi due modi di essere e di comportarsi sono inconciliabili tra loro. Quando il cristiano, "a fin di bene", vuole costruire il regno di Dio con il materiale scartato dal Cristo (avere, potere, apparire), in realtà costruisce il regno di satana. Indossa la divisa di Cristo, ma gioca nella squadra avversaria e, in questo modo, gli è più facile far vincere il suo vero padrone, il diavolo. Anche su questo Gesù ci ha preavvisati:" Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci" (Mt 7,15). I falsi profeti sono i cristiani che dicono e fanno diversamente da quello che insegna il vangelo. Il vero cristiano è colui che segue Gesù crocifisso, rinnega se stesso, prende la sua croce e lo segue, povero, umile e umiliato, verso il Calvario per morire e risuscitare con lui.

 

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