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TESTO Commento su Giovanni 15,26-16,4

don Walter Magni  

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VI domenica T. Pasqua (Anno B) (09/05/2021)

Vangelo: Gv 15,26–16,4 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

1Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto.

Non ve l’ho detto dal principio, perché ero con voi.

Il Vangelo della VI domenica di Pasqua ci porta al cuore del testamento che Gesù consegna ai Suoi durante l'Ultima cena. Il personaggio che entra in gioco, ormai da protagonista, è lo Spirito santo, che Gesù chiama anzitutto Paraclito, Consolatore. E la tradizione della Chiesa Gli farà eco invocandolo “Consolatore perfetto, ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo”.

“Quando verrà il Paraclito”
Intanto lo Spirito Santo è Colui che viene. Anzi: che verrà: “quando verrà il Paraclito”. C'è una sequenza temporale da evidenziare. Infatti, solo dopo che Gesù avrà portato a compimento la volontà del Padre morendo sulla croce ci potrà anche donare in pienezza il Suo stesso Spirito: “'È compiuto!'. E, chinato il capo, rese lo spirito” (Gv 19,30). Come Gesù si immaginava lo Spirito Santo? Come ce l'ha descritto? Una notte, un certo Nicodemo va a trovarLo. A un certo punto del colloquio Gesù dice: “il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va. Così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8). E questa immagine ritornerà la sera del giorno di Pasqua, come se Gesù la facesse profondamente Sua, immaginando lo Spirito come un Suo soffio, una Sua emanazione. Infatti compare agli Undici già raccolti nel Cenacolo, “alitò su di loro e disse: ‘ricevete lo Spirito Santo'” (Gv 20,22). Rievocando l'inizio della creazione secondo la Genesi, quando si dice che “la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,2). “Affidarsi allo Spirito significa riconoscere che in tutti i settori arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo, né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, seguirlo. Anche nel buio del nostro tempo, lo Spirito c'è e non si è mai perso d'animo: al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge, arriva là dove mai avremmo immaginato” (C.M. Martini).

“Egli darà testimonianza di me”
E cosa fa lo Spirito Santo venendo? Stando a quanto Gesù stesso dice, mette in atto una testimonianza nei Suoi confronti. Cioè lo Spirito santo, secondo Gesù, non ha altro compito che testimoniare Gesù, riproponendoLo in pienezza, come Figlio dell'uomo e Figlio di Dio. Quello Spirito che nessuna parola può imbrigliare, perché è come il vento o come il fuoco, in Gesù trova pieno compimento. Così come aveva cominciato ad operare in Maria: “Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà dell'ombra sua; perciò, anche colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio” (Lc 1,35). Trova così spiegazione piena anche il passaggio del Prologo che dice “tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta” (Gv 1,3). Tutto quanto lo Spirito santo ha fatto creando il mondo mirava a Gesù e quanto ancora opererà, dopo l'avvento di Gesù nella storia, sarà sempre finalizzato a riproporre e a ridire Gesù. Così pregava Elisabetta della Trinità: “O Spirito d'amore, scendi sopra di me: rendi la mia anima una immagine vivente di Gesù, perché Egli possa rinnovarvi tutto il suo mistero. E Tu, o Padre, chinati su questa tua piccola creatura, coprila con l'ombra del tuo Spirito e guarda in lei unicamente il figlio tuo prediletto, nel quale hai riposto tutte le tue compiacenze. O mio Dio Trinità, mio tutto, mia beatitudine, (...) Immergetevi in me perché io mi immerga in voi, in attesa di venire a contemplare, nella vostra luce, l'abisso delle vostre grandezze”.

“E anche voi date testimonianza”
Così Gesù conclude coinvolgendo i Suoi nella testimonianza suprema dallo Spirito, dicendo: che “anche voi date testimonianza”. Come pure proclamerà al momento dell'Ascensione: “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1,8). Forti della testimonianza che lo Spirito ha avviato nei confronti di Gesù, anche i Suoi discepoli faranno altrettanto.
Riproponendo a tutti Gesù con la gioia che ci deriva dalla Sua Pasqua di resurrezione. Come anche ci ricorda, scuotendoci un poco, un pensatore non credente: “Se la vostra fede vi rende beati, fatevi conoscere come beati! Se la lieta novella della vostra Bibbia vi stesse scritta in faccia, non avreste bisogno di imporre così rigidamente la fede” (F. Nietzsche, Umano, troppo umano). Uscendo da “una psicologia della tomba, che a poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo” (EG 83).
Chi pensa e vive la fede cristiana come un peso schiacciante e un impegno severo, che non lascia spazio a manifestazioni di gioia, non ha ancora capito qual è la testimonianza alla quale il Vangelo chiama. Il volto del cristiano deve essere il riflesso vivente del Dio della gioia. Come anche Maria ci inviterebbe a riconoscere, quando la invochiamo nel tempo pasquale come Vergine e Madre della gioia provata per la presenza di Gesù risorto: “Regína caeli laetàre, allelúia. Quia quem merúisti portàre, allelúia. - Resurréxit, sicut dixit, allelúia. - Ora pro nobis Deum, allelúia. - Gaude et laetàre, Virgo María, allelúia. Quia surréxit Dominus vere, allelúia”.

 

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