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TESTO Amati per amare

Paolo De Martino  

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VI Domenica di Pasqua (Anno B) (09/05/2021)

Vangelo: Gv 15,9-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,9-17

9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

In questa pagina è racchiusa forse l'essenza del cristianesimo.

Siamo al cuore dei discorsi di addio, cioè siamo al cuore del testamento che lascia Gesù.

In questi nove versetti per nove volte risuona la parola “amore/amare” e per tre volte la parola “amici”.

Lo sappiamo, l'amore è l'esperienza più importante della nostra vita. Siamo tutti mendicanti d'amore. Solo l'amore è capace di colmare la nostra sete di felicità. Ogni uomo non desidera altro che essere amato.

C'è subito una bella notizia: tu sei amato (... così io ho amato voi). E siamo amati gratis, senza condizioni.

Ogni uomo respira amore. Se smette di respirare, se smette di amare, muore.

Perché siamo amati? Perché la nostra gioia sia piena! La gioia è sintomo che il cammino che stiamo facendo è buono. Il sentirsi amati, credetemi, sposta le montagne.

Il brano è tutto un alternarsi di misura umana e di misura divina nell'amore. Gesù non invita semplicemente ad amare. Potremmo amare per dipendenza, necessità, tornaconto. Invita ad amare perché se non amiamo ci distruggiamo. E non invita neppure ad amare gli altri come amiamo noi stessi (ci sono persone che non si amano o si amano poco) ma ad amare come Lui ci ha amato. Dio è la misura dell'amore.

Poi Gesù dice: "Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore".

Per stare dentro l'amore basta osservare i comandamenti che non sono il decalogo ma il modo di agire di Dio. In Giovanni non c'è nessuna lista di comandamenti di Gesù. Al limite nei vangeli Gesù invita a seguire le otto Beatitudini.

Il "comandamento dell'amore" non è: "Ama il prossimo tuo come te stesso". Questo lo insegnava la spiritualità ebraica ma non Gesù, anche perché, per un ebreo, il prossimo solo degli altri ebrei.

Il comandamento di Gesù è "Amatevi come io vi ho amati" e il riferimento è la lavanda dei piedi. L'amore non si trasmette attraverso una dottrina, ma solo attraverso gesti che comunicano vita.

Gesù aveva dato un comandamento nuovo (kainos) che vuol dire nuovo nel senso di qualità. Gesù non aggiunge, ne dà uno totalmente nuovo, che soppianta tutto ciò che c'è prima.

Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”. Stiamo attenti a non tranciare mai a metà il comandamento. Ci viene chiesto di amarci “come” Lui ci ha amati.

Gesù non dice amate quanto me, il confronto ci schiaccerebbe, ma come me.

E' il “come” la peculiarità del cristianesimo. Certe volte sento lo slogan “basta che è amore”, ma in realtà dovremmo domandarci se quell'amore salva, aggiunge un di più alla vita, o è solo una pessima imitazione di ciò che dovrebbe essere l'amore.

Quel "come" ci mette con le spalle al muro. Tutto è in quel "come". Le nostre comunità, se lo prendessero sul serio, farebbero salire la temperatura della gioia e metterebbero da parte risentimenti e frustrazioni.

Senza l'amore vicendevole, non si dà nessuna comunità cristiana, perché è l'amore l'unico segno vero della identità di un cristiano; da questo riconosceranno che siete miei discepoli... se uno ama, quello è il segno di riconoscimento, quello che può suscitare nell'altro la consapevolezza e fargli dire: ecco un cristiano!

A me piace quel "come" perché ci svela che è Lui il modello e la fonte dell'amore.
Modello perché ci mostra ciò a cui dobbiamo tendere.

Fonte perché è il Suo amore è il motivo e la ragione del mio amore.

Un cristiano ama semplicemente perché si è sentito amato. Si dona perché ha percepito la passione di Dio per lui.
Condivide perché in Gesù si è ritrovato amico e fratello.

L'amore cristiano non parte da uno sforzo, da un impegno ma dallo stupore di un amore folle da cui mi trovo investito.

La vita cristiana è l'esperienza di questo amore gratuito che mi raggiunge e rende feconda la mia vita e quella della comunità.
L'unico problema è accogliere il suo amore.

Il cristianesimo, lo ricordo spesso, è un lasciarsi trovare da Dio non un andargli incontro.

A questo punto nasce spontanea una domanda: in che consiste il “come” di Gesù?

È Lui stesso a dircelo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.

Nel vangelo amare è tradotto sempre con “dare” non già sentire o emozionarsi, ma dare.

Questa immagine è stata spesso distorta facendo intendere che fosse richiesto un morire per gli altri, un darsi fino a sfinire, un sacrificarsi fino all'estreme conseguenze. Ovviamente un “darsi” inteso così non basterà mai!

Giovanni usa il temine ”psiché” che vuol dire psiche, vita interiore, anima. E' questa che bisogna dare ai propri amici: ciò che si ha dentro.

Il dono più grande per un figlio non sono i soldi, né un avvenire sicuro; vero dono sarà dargli ciò che abbiamo dentro, la nostra parte più vera, più profonda, più intima fatta di paure, dubbi, slanci.

Se non hai nessuna vitalità (psychein), nessun ideale, se sei vuoto dentro, cosa puoi donare? Possiamo stare con una persona tutta una vita donandoci corpo, tempo, cose ma se non ci doniamo mai ciò che abbiamo dentro, rischiamo di essere due estranei pur vivendo sotto lo stesso tetto.

L'amore autentico consiste nel dare la propria vita per ciò che si ama. L'amore è tale quando dona. E' questo che ci aiuta a riconoscere l'amore quando è vero, cioè quando ci rende felici. “Dare la vita”, lo ripeto, non è sacrificarsi, ma tirare fuori il meglio di noi stessi proprio quando sembra che stiamo rinunciando a qualcosa di grosso. Forse dovremmo fermarci e domandarci “come” stiamo vivendo l'amore nella nostra vita.

Gesù ha anche l'audacia di reinterpretare il rapporto tra Dio e il credente tracciato da tutte le Scritture prima di lui. “non vi chiamo più servi, ma amici”. Ma Gesù non li aveva mai chiamati servi? Nella Bibbia il titolo di servo è qualcosa di importante perché tutti i profeti sono chiamati servi di Dio. Chiamare “amici” i discepoli è un salto di qualità impressionante perché questo titolo nella scrittura viene dato solo a due persone: Abramo e Mosè! Il cristiano non è semplicemente qualcuno chiamato a essere servo per svolgere un'azione, ma è un amico che entra in relazione con il Signore. Chissà quale gioia hanno provato i discepoli a sentire quelle parole!

La bella notizia di questa Domenica? C'è un fiume d'amore che scorre dal cielo fino a noi. Come la linfa nella vite. Se ci lasceremo amare, la nostra gioia sarà piena!

E' appena uscito il mio ultimo libro: "IL DISCEPOLO. Anche noi come Pietro, in cammino con le nostre fragilità"

 

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