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TESTO Commento su Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

Domenica delle Palme (Anno B) (28/03/2021)

Vangelo: Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». 20Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:

Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.

28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 29Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». 33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». 35Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. 36E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». 37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

43E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. 46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. 48Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!».

50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

53Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.

55I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. 57Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58«Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». 59Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. 60Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». 62Gesù rispose: «Io lo sono!

E vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire con le nubi del cielo».

63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.

65Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». 72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

1E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 3I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. 4Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 5Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. 28[..]

29Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!». 31Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. 47Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

La proclamazione della Passione di Gesù, che la Chiesa propone alla nostra meditazione in questa “Domenica delle Palme”, nelle versione dell'evangelista Marco, va interpretata con attenzione, evitando con cura quella lettura emotiva (e letteralistica) così frequente nelle nostre riflessioni e nelle omelie, ma che non spostano di una virgola i nostri atteggiamenti prima di entrare in chiesa (... “meno male che quest'anno si legge Marco, che è breve...”...speriamo che il prete non faccia l'omelia, è già lunga la lettura...); e dopo (...che cosa si mangia, oggi?... Che cosa facciamo per cena...?). La lettura della Parola è una cosa seria; deve impegnare tutta la nostra intelligenza., il nostro tempo, la nostra ragione e non solo la nostra emotività (momentanea); questo a cominciare dall'identificazione dell'Autore. Nella fattispecie la tradizione ci dice che l'Autore è Marco, che scrive verso il 70 d.C.. (e quindi è il primo degli evangelisti in ordine cronologico), ma autorevoli fonti non ne garantiscono la certezza (si vedano, in particolare Raymond E. Brown, Rudolf Bultmann, John Dominique Crassan). È stato proprio quest'ultimo Autore a scrivere la monografia Who killed Jesus? (Chi uccise Gesù?). Ed è da questa domanda che dobbiamo partire.

Da chi. Alcuni dicono “il popolo ebraico”, altri accusano l'umanità nel suo complesso, nella sua proiezione storica e spaziale, per i peccati che tutti abbiamo commesso e che stiamo commettendo. Ma le mezze verità non sono convincenti.
Il Concilio Vaticano II ha fatto giustizia della criminalizzazione del popolo ebraico sul quale - in un passato non molto lontano - è stata scaricata la colpa della morte di Gesù. Si tratta di una tesi antistorica, un po' come se il popolo italiano venisse accusato, nella sua totalità, delle nefandezze compiute dal fascismo. Sappiamo che non è così.
Gesù è al termine della sua attività missionaria: ha camminato lungo le strade della Palestina annunciando la buona notizia della liberazione. Arriva a Gerusalemme, accolto festosamente. Avrebbe potuto approfittare della situazione; avrebbe potuto prendere in mano il potere e insediarvisi. Ancora una volta, dopo la tentazione nel deserto, rifiuta questa prospettiva. Sa già che verrà ucciso. Il potere religioso, alleato - come spesso càpita nella storia - con il potere politico, ha già deciso: Gesù “deve morire”. La crocifissione di Gesù fu decisa a tavolino, dai gran sacerdoti e dai capi religiosi. Uno di loro era Caifa, sommo sacerdote in quell'anno. Lo racconta Giovanni (è utile abituarci a leggere i Vangeli confrontandoli tra loro): “Voi non capite! - disse ai capi dei sacerdoti e ai Farisei riuniti in tribunale - Non vi rendete conto che è meglio per voi la morte di un solo uomo piuttosto che la rovina di tutta la nazione” (Gv 11,49-50). È la ragione di Stato. Ci siamo ormai abituati a vederla anteposta al valore permanente ed essenziale della persona. Per Gesù non c'è scampo. Non c'è scampo per la libertà quando i poteri religiosi e il potere politico si alleano. C'è solo spazio per i Concordati. A riprova, varrebbe la pena considerare la pena inflitta a Gesù: la morte per crocifissione. La storia ci dice che, al tempo di Gesù, la pena della croce veniva inflitta ai sediziosi, agli oppositori (“malfattori”, dicono i Vangeli; in realtà oppositori al potere). Quanti oppositori al potere anche oggi vengono imprigionati ed uccisi!

Perché. Perché viene ucciso Gesù con un'esecuzione in piena regola? I Vangeli lo dicono chiaramente. I meccanismi istituzionali di difesa messi in atto dal potere religioso alleato a quello politico della colonia romana, non potevano che aver ragione di un profeta disarmato. Lui, sì, era disarmato: non tutti i suoi discepoli lo erano: Pietro aveva una spada; gli “zeloti” si opponevano al potere degli oppressori con le armi e l'apostolo Simone (definito da Marco “il Cananeo”) viene definito da Luca come “lo zelota”; Giuda è definito “l'Iscariota” (che significa “sicario”, dunque un portatore di armi). No, Lui, Gesù è disarmato. Ma era ugualmente “sedizioso” per il potere religioso-civile. “Immorale”, “irrispettoso della Legge”, “irrituale”, addirittura “blasfemo”. Gesù era un uomo che sedeva a tavola con i peccatori; che aveva avuto il coraggio di non condannare l'adultera, svergognando coloro che si accanivano contro di lei; che aveva avuto il coraggio di affermare che i peccatori e le prostitute avrebbero preceduto i Farisei e i benpensanti nel Regno dei cieli; che non rispettava neppure il sabato, anteponendogli le esigenze della persona; che aveva avuto la sfacciataggine di dire a una Samaritana - cioè a una donna “impura”, oltre che di dubbia moralità: “Viene il momento in cui l'adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte [il monte Garizìm] o a Gerusalemme; viene un'ora, anzi è già venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio. Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio” (Gv 4,22-24). Un uomo che aveva osato violare (come abbiamo letto nella terza domenica di Quaresima) la sacralità del Tempio. Un uomo così, che sconvolgeva le sicurezze secolari e la tranquillità delle Istituzioni, non poteva creare altri danni.

Per questo Gesù muore. Solo. I Dodici lo abbandonano; uno di essi lo tradisce e lo consegna agli esecutori; Pietro lo rinnegherà tre volte; gli altri se la danno a gambe, alla chetichella. Un fallimento totale? No. Perché Gesù li ama anche se fuggono, se lo tradiscono, se lo negano. Uno di loro sarà addirittura il primo Papa. Altri subiranno in suo nome il martirio. Potenza dell'amore! Gesù ama comunque. Gesù ci ama comunque, nelle nostre fragilità. Solo alcune donne gli sono vicine: una, addirittura, gli unge il capo con un profumo prezioso, scandalizzando i benpensanti. Solo un cuore di donna può capire. Ma tutti dovremmo avere un cuore di donna. Anche - e soprattutto - nella Chiesa, in cui le donne fanno ancora fatica a essere riconosciute e accettate come protagoniste... Quanti secoli ancora?

Così scrive Paolo alla comunità di Filippi, in uno dei primi grandi testi teologici (al quale è però opportuno affiancare una lettura antropologica) molto importante anche per le possibili implicazioni nei confronti dei temi della coppia e della famiglia:

«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,5-11).

Gesù non è solo un modello da imitare da parte di ogni cristiano (e di ogni essere umano). Lo sforzo che soprattutto dobbiamo fare - come singoli, come coppia, come famiglia - è quello di interiorizzare (avere, sentire in noi) gli stessi suoi sentimenti. E quali sono questi suoi sentimenti? Ecco: pur essendo di natura divina (cioè pur essendo Dio) egli considerò questo suo essere Dio come un dono e non come un tesoro geloso (ma sarebbe più corretto dire “una rapina”); per questo, come dice il testo greco, eautòn ekénosen, si annichilò, si annientò, si spogliò, spogliò e privò se stesso, si “svuotò” di questo essere uguale a Dio, potremmo anche dire “depose il suo Io”, assumendo la condizione di servo, e quindi, in questo senso, venendo riconosciuto come uomo. Il vero uomo, infatti, è il servo di tutti (non lo schiavo, servo di un padrone terreno che lo sfrutta, ma il servo, colui che si mette a disposizione degli altri. La condizione vera di ogni uomo e di ogni donna è il servizio; l'essere umano è il “servo” di Dio e - in termini filosofici e laici - il “servo” dell'umanità: ma le due posizioni a ben vedere coincidono, perché nell'Evangelo l'amore di Dio e l'amore del prossimo non sono disgiungibili. L'amore di Dio è l'amore del prossimo, l'amore del prossimo è l'amore di Dio. E Gesù umiliò se stesso (si “incarnò”, cioè, divenne “uomo” e “servo”) fino alla morte e addirittura (“e”, nel testo che abbiamo letto, ma in latino “autem”) fino alla morte di croce, che non è certo la morte che si confà all'uomo, ma è la morte dello schiavo.

Si tratta, come afferma Franco Rodano in Lezioni di una storia possibile, Marietti, Genova 1986, pp. 65-94, di un superamento di quella “ideologia signorile” (che pure staziona ancora dentro di noi) attraverso la proposta di un ideale di uomo “diverso”, quindi di una nuova concezione antropologica e teologica di “obbedienza”.

Per ogni persona disposta a vivere come Gesù nella ricerca dell'obbedienza vera, non esiste situazione più difficile di quella in cui si deve scegliere se dire “sì” o “no”. Perché si può obbedire per necessità, per convenienza, per calcolo, per amore di tranquillità, per timidezza, per paura... Si può obbedire alla lettera della Legge, evitando di entrare nel suo spirito. Si può fingere di obbedire: un'obbedienza formalistica che non farà mai crescere la storia, né lievitare il Regno. In fondo, anche nostro fratello Giuda è stato un obbediente formalista: il Maestro aveva preso una “cattiva” strada ai suoi occhi: era necessario salvare l'ortodossia; per questo serviva un'obbedienza cieca che si rivelò poi in tutto il suo grottesco tragico. Anche Gesù avrebbe potuto essere un formalista. Avrebbe avuto la possibilità di entrare in Gerusalemme e insediarvisi, come hanno fatto, e fanno, molti uomini di Chiesa. Godere dentro di sé per gli onori, per gli “Osanna al Figlio di Davide”, e cercare di mantenerli, evitando di scendere agli inferi di Gerico, perché in quella discesa si trovano i feriti della storia con i quali è rischioso avere troppi contatti. Non è difficile smascherare questo modello di obbedienza. Il dramma però è che, per ragioni speculari alle prime, si può essere anche disobbedienti: per aggressività, per il gusto della sfida, per un malinteso senso del rischio, per una sorta di anticonformismo di maniera, per ribellione... Tra questi due poli, tra l'obbedienza formalistica e la disobbedienza aggressiva, si trova la persona adulta, quella che ha interiorizzato non la norma, ma lo spirito della Legge, quello che ci conduce in un cammino per passare dalla schiavitù alla libertà. Per il credente il modello ultimo di questo cammino è il Cristo. Lui che “abbassò se stesso, fu obbediente fino alla morte di croce “(Fil 2,8).

Ma c'è un'altra conseguenza vitale importante: se la condizione “ideale” dell'uomo e della donna è quella di “servi”; e se la condizione di “servo” è contraddistinta da una condizione di “limite” (limite di potere, anche di “cultura”, impossibilità di accedere ai beni che si desiderano, fragilità...), si comprende come la tensione verso l'Assoluto sia inattingibile se non attraverso la consapevolezza e l'accettazione di questo limite. Come a dire: solo se saremo “servi” gli uni degli altri, solo in una condizione accettata e costantemente perseguita di servizio, potremo cogliere l'Assoluto, tendere a lui dalla nostra stessa condizione di creaturalità.
Ci sono coppie e famiglie forse un po' “scalcagnate”, considerate “fuori” della norma, in cui tuttavia l'Assoluto si fa presente perché i loro componenti, magari con grande fatica, sono capaci o almeno tentano - ad imitazione (non sempre e necessariamente consapevole) di Gesù - di vivere questa condizione di servizio reciproco, come possono e come sanno, certo, ma pur sempre fidandosi ed affidandosi a vicenda e scoprendo così a poco a poco la sovrabbondanza del dono. La comunità cristiana non può emarginare queste coppie e queste famiglie, chiudendosi in una sorta di protezionismo spirituale, ma deve stare in mezzo a loro, coinvolgerle, scoprire la ricchezza che esse possiedono. Fare comunione con loro. Molte volte ci accorgiamo di non avere parole per il dialogo con esse, ed è allora che possiamo - come era solito dire il cardinal Martini - intercedere, cioè proprio “inter - cedere”, camminare in mezzo, che significa incominciare con il vivere insieme con loro, imparando ad apprezzarci a vicenda ancora prima di intraprendere un dialogo esplicito. Se portiamo assieme la croce, la fatica si fa meno pesante.

È la prospettiva annunciata da Isaia:
Dio, il Signore, mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro...(Is 50,5).
A qualunque condizione, come Gesù: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi...(6). E come Simone di Cirene (cf Lc 23,26), il discepolo porta la croce (ogni discepolo porta la sua croce). Così come molte coppie di fidanzati e di sposi portano sulle spalle la loro croce pesante e spesso, come Gesù, inciampano per strada e cadono, per la stanchezza, il dolore, l'angoscia, la fragilità, l'incapacità di comunicare... Gesù è vicino a queste coppie, Lui che ha provato la fatica del cammino; come è vicino ai “malfattori” per i quali si apre una strada di salvezza, e vicina deve essere dunque la comunità cristiana, disposta sempre a fare scelte, anche contro corrente o non comprese, a favore di chi fa più fatica, di chi soffre per situazioni difficili, senza porsi mai su un piano di giudizio e di ammirazione o di autocompiacimento per la sua “perfezione”.

La croce non è solo al centro delle letture di questa Domenica delle Palme, è al centro di tutta la nostra vita e della storia. Anzi, è solo partendo da essa che possiamo, a ritroso, ri-leggere e ri-narrare la vicenda di Gesù. Spesso la banalizziamo, la croce di Cristo. Essa non è una croce qualunque; e le croci che ci ingombrano il cammino ai crocicchi delle nostre strade, nei lebbrosari dell'Africa, nelle favelas del Brasile, nei barconi dei profughi, sotto le bombe sganciate dagli imperialismi d'ogni colore, complici i mercanti di armi, anche italiani, nei luoghi dove vengono appesi e dimenticati uomini e donne d'ogni fede, di ogni razza, di ogni età, nelle case dove vivono coppie in crisi, “irregolari”, angosciate... non sono croci qualunque.

Per questo la croce non va mai esibita, non va mai trasformata in oggetto di scandalo, come quelle sugli scudi dei soldati di Costantino, o quelle d'oro e tempestate di pietre preziose portate da molti uomini di Chiesa, o da ricche signore esibizioniste. La croce è una cosa seria. È il caso più serio della vita. Perché è su di essa che il Cristo ha avuto il coraggio di gridare: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perché rimani lontano e non m'aiuti? Perché non ascolti il mio pianto?” (Sal 22 [21],2).
No, Dio non abbandona chi sceglie l'obbedienza a Lui e allo Spirito che Egli ci dona e che plasma la nostra coscienza. L'obbedienza del Cristo è stata una scelta d'amore al Padre e ai fratelli. Davvero la pedagogia del nostro Dio è spesso strana: Egli ci dona la vita attraverso la morte, la ricchezza attraverso la povertà, la gioia attraverso le lacrime, la libertà attraverso l'obbedienza alla sua Parola.
Per questo, anche per noi, come per Gesù, è possibile che venga il momento in cui ci troviamo costretti a scegliere la “fedeltà”. Obbedire o disobbedire, allora, potrebbe essere l'atto più onesto della nostra vita.

Traccia per la revisione di vita
- Che cosa suggerisce oggi alla nostra coppia e alla nostra famiglia la “Passione” di Gesù?
- Che cosa mi suggerisce l'atteggiamento dei discepoli verso Gesù; e che cosa mi suggerisce l'atteggiamento di Gesù verso i discepoli?
- Che cosa significa, per me, avere “un cuore di donna”?
- Siamo disposti in famiglia a portare reciprocamente le nostre croci, con la “pazienza” di Gesù, cioè con la sua disponibilità a “patire-con” noi?
- Siamo capaci di cogliere il mare di sofferenza, di fatica e di angoscia che è attorno a noi e a rinunciare ai nostri atteggiamenti superficiali e giudicanti?
- Sappiamo ricostruire e rileggere a partire dalle croci disseminate lungo il nostro cammino, tutta la nostra storia e la storia di chi ci sta accanto?

Luigi Ghia - Direttore di “Famiglia Domani”

 

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