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TESTO Commento su Giovanni 10,11-18

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IV Domenica di Pasqua (Anno B) (25/04/2021)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

“In quel tempo, Gesù disse: Io sono il bel pastore”. Il Vangelo della quarta domenica di Pasqua si apre con questa affermazione di Gesù che si presenta come il “Pastore bello”. Occorre infatti ricordare che nel testo originale greco la parola usata per “buono” è in realtà “kalos”, cioè “bello”. Gesù deve essere considerato come Kalos kai agathos, bello e buono. La parola “bello” è raramente presente nelle comuni traduzioni di questa pericope pur essendo di grande importanza per la retta comprensione del messaggio evangelico. La Fede, infatti, non è primariamente questione di morale, ma questione di bellezza. Omero affermava che “chi incontra la bellezza non può separarsene”, il Vangelo fa sua questa idea e la riprende per indicare che nell'incontro con Gesù di Nazareth si compie quell'infinito desiderio di bellezza scritto nel cuore di ogni uomo. Al tempo di Gesù le immagini del pastore e delle pecore erano molto comuni. Gesù però ha un modo nuovo di esercitare il suo essere Pastore. Egli cambia completamente il rapporto tra il pastore e le sue pecore. Solitamente il ruolo del pastore è quello di curare le pecore per venderle o sfruttarle per ricavarne la lana, il latte o la pelle, Gesù invece si presenta come il “Buon Pastore” che le conosce, le custodisce e le difende. Quindi un pastore che non sfrutta le sue pecore, ma che invece le aiuta a vivere. Il rapporto tra il bel Pastore e le sue pecore è inoltre caratterizzato da una reciproca e profonda conoscenza. Questo particolare riportato da Giovanni ci aiuta a capire che le pecore si fidano del Pastore perché sanno di essere conosciute e amate, per questo si fidano e lo riconoscono come guida. Ci possiamo fidare solo di chi conosciamo, di chi può dimostrare di amarci concretamente e in modo credibile. Per amare si deve essere credibili e la credibilità dell'amore, come direbbe lo stesso Giovanni, si dimostra con i fatti e nella verità. Anche il lupo è capace di riconoscere il bel Pastore dal mercenario, infatti solo il secondo vede venire il lupo verso di lui e verso il gregge, mentre verso il primo non sembra nemmeno avvicinarsi. Il lupo sa bene che il bel Pastore ha il potere di dare la sua vita e di riprenderla di nuovo, nessuno può toglierla e questo vale anche per tutte quelle pecore che lo riconoscono come guida e si affidano a lui. Alle pecore è chiesto solo di riconoscere la sua voce; di corrispondere alle sue cure; di seguire le sue indicazioni. Anche noi, se sapremo metterci dietro a lui, ascoltando la sua voce e seguendo le sue orme, saremo condotti un giorno ai pascoli sereni della vita che non ha fine.

Commento a cura di Paolo Morocutti

 

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