PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Matteo 22,15-21

Totustuus  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/10/2005)

Vangelo: Mt 22,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,15-21

In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

NESSO TRA LE LETTURE

Il tema che sembra dare unità alle letture di questo giorno è quello della sovranità e dell'autorità del Signore. La prima lettura ci presenta Ciro, Re di Persia dal 550 al 530 a.C., e gli riconosce l'alto titolo di "unto del Signore". Davvero, non fu poco quel che Ciro fece in favore d'Israele: pose fine alla deportazione in Babilonia - a partire dal 538 -, restituì gli oggetti d'oro e d'argento espropriati da Nabucodonosor, e pubblicò l'editto della ricostruzione del tempio. Il libro di Isaia offre una lettura di questi fatti storici a partire dalla sovranità di Dio. Il Signore tiene le redini della storia. Egli è il Signore e non ce n'è altri. Israele ha appreso che il Signore non solo è l'unico Dio d'Israele, ma è, in assoluto, l'unico Dio esistente (prima lettura). Il vangelo ci narra un incontro molto significativo tra Gesù e gli emissari dei farisei. Questi tendono un tranello a Gesù, per coglierlo in fallo. Gli presentano un dilemma, apparentemente insolubile: si deve o no pagare il tributo a Cesare? Il quesito è insidioso. Ma Gesù offre una risposta che sorprende tutti, avversari e discepoli: "date a Cesare quel che è di Cesare, e date a Dio quel che è di Dio". Con queste parole, Gesù non solo confonde i suoi avversari, ma ci insegna ciò che dobbiamo offrire a Dio. Ci indica che dobbiamo dare a Dio tutto ciò che gli conviene come Creatore, come Signore della vita e della storia. Le parole di Gesù sono piene di saggezza divina; ci rivelano che la vita umana è grande e sacra, perché appartiene a lui. Ci istruiscono sull'unico modo che l'uomo ha per realizzare pienamente la sua umanità: cioè dare a Dio ciò che gli appartiene, offrendogli un omaggio e un'oblazione con la propria vita, vissuta nella piena donazione di sé agli altri. Con questa domenica, inoltre, iniziamo la lettura della Lettera ai Tessalonicesi. È un documento di grande interesse, perché fu scritta circa 30 anni dopo la morte di Gesù (51 d.C.), e ci presenta alcune delle abitudini e dei modi di vita delle prime comunità cristiane.

MESSAGGIO DOTTRINALE

Le domeniche XXIX, XXX e XXXI del Tempo Ordinario ci offrono alcuni insegnamenti di Gesù, ma non vi troviamo più, come nelle domeniche precedenti, le parabole usate come strumenti di trasmissione del messaggio. Ora, invece, questi insegnamenti ci vengono offerti attraverso gli incontri tra Gesù e i farisei. Incontri caratterizzati dall'ipocrisia dei dottori della legge e dalla grande sincerità e profondità di Cristo.

"Io ti ho chiamato per nome, sebbene tu non mi conosca". Queste parole della prima lettura, dal libro del profeta Isaia, commentano le gesta di Ciro a favore di Israele. Il profeta vede tutto ciò che Ciro ha fatto come parte della chiamata divina; vede in Ciro non solo il re di Persia, ma anche l'unto del Signore; cioè vede in lui uno strumento umano per i disegni del Dio della storia. Da ciò conseguono alcune implicazioni teologiche assai importanti: il Signore non forza la libera determinazione del re, tuttavia, senza che egli se ne renda esattamente conto, guida i suoi passi: "Io ti ho chiamato per nome, sebbene tu non mi conosca". Possiamo notare, come in altre occasioni, l'iniziativa di Dio nella scelta degli uomini. È sempre Dio che per primo ci viene incontro. Egli, che è ricco in amore e misericordia, non si dimentica di noi. Non si dimentica di quella creatura che Egli stesso creò all'inizio dei tempi, ma che si è allontanata da Lui a causa del peccato. È Dio che, con amore di padre, prova tenerezza per i suoi figli. Poi, conviene sottolineare l'importanza della mediazione della creatura. Quando diciamo che Dio è il primo protagonista, non possiamo però prescindere dal ruolo di intermediari che gli uomini occupano nello sviluppo della storia. In realtà, non sono gli uomini, per le loro qualità, che si industriano nel compimento di una missione; piuttosto è la missione loro affidata da Dio che li trasforma in persone capaci di portare avanti quel compito.

Questo modo di operare di Dio si ripete nella storia di ogni essere umano: "Io ti chiamato per nome... sebbene tu non mi conosca". Chiamandoci per nome, il Signore rivela i suoi propositi di benevolenza per noi, perché i pensieri di Dio sono di pace e non di afflizione. Il nostro nome, pronunciato con dolcezza e con decisione da Dio, acquista senso e assume un valore trascendente. La nostra piccola vita, in un certo senso, è diventata sacra, dal giorno in cui Dio ha pronunciato il nostro nome. Tuttavia, spesso, abbiamo l'impressione di non conoscere il Signore; sembra che, sebbene Dio pronunci il nostro nome, noi non sappiamo chi sia, e quali siano i suoi piani e le sue intenzioni. Ci addentriamo guardinghi nella vita, consapevoli del male esistente intorno a noi, e dentro di noi. Cresciamo sgomentati dalla prospettiva della morte, dall'inevitabile dissolvimento del mondo e delle creature, dall'azione delle forze del male. Allora è più che mai necessario ascoltare Dio, che pronuncia il nostro nome con amore, ma con autorità. Egli ci dà un titolo, ci porta sul retto cammino, ci dà un compito da realizzare. Egli vince il male col bene, e ci rende strumenti di bene, come Ciro. Dobbiamo, dunque, riconoscere che il Signore è Dio e non ce n'è altri. Riconoscere che Egli stringe nelle sue mani le redini della storia, e che il suo potere e la sua bontà sono già all'opera, anche se in modo misterioso, in questo mondo e lo preparano per la sua definitiva trasformazione. Solo in Cristo arriveremo alla piena realtà di quell'"unto del Signore", di colui che libera definitivamente il suo popolo dalla schiavitù della morte e del peccato. In Cristo, conosciamo la bontà del Padre, perché il Figlio ci rivela il volto benevolo del Padre.

I doveri dell'uomo davanti alla maestà di Dio. Se Dio è il Signore, l'unico Dio e non ve ne sono altri, sta all'uomo lodarlo, ringraziarlo, chiedergli doni, sollecitare il suo perdono.

- Lodare Dio: la lode di Dio deve stare sempre sulle nostre labbra, perché Egli è Dio e noi siamo le sue creature. Il fine della nostra esistenza è lodare e glorificare a Dio, perché Egli è il Signore, degno di ogni lode. Sono così tanti i benefici di Dio all'uomo, che la lode nasce spontanea dalle nostre labbra: "Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore", (Sal 116 12-13). Dato che siamo stati creati ad immagine di Dio, la nostra vita non dovrebbe essere altro che un canto di lode al Signore, per il suo immenso amore. Il commento di Agostino al testo evangelico di oggi è molto eloquente al riguardo: "Come Cesare esige la sua immagine nella tua moneta, così allo stesso modo esige la sua propria immagine nella tua anima. 'Dà a Cesare - dice - quello che è di Cesare'. Che cosa pretende Cesare da te? La sua propria immagine. Che cosa esige il Signore da te? La sua propria immagine. Ma l'immagine di Cesare sta sulla moneta, invece l'immagine di Dio sta in te stesso. Se piangi quando perdi la moneta, perché hai perso l'immagine di Cesare, non dovresti piangere quando adori gli idoli, perché ingiuriano in te l'immagine di Dio?" (Cf. Agostino, Discorsi, Disc. 113/A,.

- Ringraziarlo: davanti a Dio l'uomo si presenta come debitore dei doni divini: il dono dell'esistenza, il dono della fede, il dono della redenzione... La vita dell'uomo, in questo senso, deve essere una continua "azione di grazie" a Dio che, previdente, protegge le sue creature con amore di Padre. "Deo Gratias!", si renda grazie a Dio. Questo soprattutto è gesto saggio, perché ci obbliga a riflettere sulla dignità della vita, che nasce da un pensiero originale e creativo di Dio. La vita è un dono che ha la sua origine in Dio. Poi, dobbiamo scoprire che tutto è un dono: "Tout est gr'ce". È bello il mondo? Rendiamo grazie a Dio. È feconda la natura? Rendiamo grazie a Dio. La nostra stessa esistenza è un miracolo? Rendiamo grazie a Dio (cf Paolo VI, Angelus 10-XI-1974).

- Chiedergli doni: la nostra vita, immersa nella storia, è sempre bisognosa dell'aiuto e della protezione divina. La nostra preghiera si eleva come l'incenso, per supplicare il Signore di concederci le grazie necessarie per proseguire il cammino. Solo con l'aiuto e il sostegno di Dio possiamo realizzare compiutamente la nostra missione. In realtà, chiedendo doni, ciò che facciamo è allargare la nostra capacità di desiderare, perché il Signore sa molto bene ciò di cui necessitiamo, ed è disposto a concedercelo. La preghiera, dunque, accresce il nostro desiderio e con esso la capacità di ricevere i doni di Dio.

- Sollecitare il suo perdono: se il Signore tenesse conto delle nostre mancanze, chi potrebbe resistere davanti al suo sguardo? Chi potrebbe presentarsi innocente davanti al Signore? Abbi misericordia di noi, Signore, perché abbiamo peccato contro di te! Suggerimenti pastorali La scoperta che Dio è il Signore della storia. Chi dubita che gli eventi drammatici della nostra storia mettono alla prova la nostra fede e la nostra speranza? Sentiamo la stessa interpellanza che i malvagi facevano all'uomo giusto: "Per l'insulto dei miei avversari sono infrante le mie ossa; essi dicono a me tutto il giorno: "Dov'è il tuo Dio?"" (Sal 42,11). "Certamente i drammatici avvenimenti del mondo di questi ultimi anni, hanno imposto ai popoli nuovi e più pesanti interrogativi che si sono sommati a quelli già presenti, sorti in rapporto all'orientamento di una società globalizzata, ambivalente nella realtà, nella quale "non si sono globalizzate solo tecnologia ed economia, ma anche insicurezza e paura, criminalità e violenza, ingiustizie e guerre"", (Ripartire da Cristo: un rinnovato impegno della Vita Consacrata nel Terzo Millennio, Istruzione della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, n.1). Di fronte a queste realtà, è più attuale che mai la missione del cristiano, che testimonia con la sua fede che Dio rimane presente nel mondo e che, nonostante le apparenze, è l'amore di Dio che trionfa sul male, sul peccato e sulla morte. Non conviene dimenticare che, come menziona il Catechismo della Chiesa Cattolica: "La creazione ha la sua propria bontà e perfezione, ma non è uscita dalle mani del Creatore interamente compiuta. Fu creata "in stato di via" ("in statu viae"), verso una perfezione ultima, alla quale Dio l'ha destinata, ma che ancora deve essere raggiunta. Chiamiamo divina Provvidenza le disposizioni per mezzo delle quali Dio conduce la creazione verso questa perfezione.

Dio conserva e governa con la sua Provvidenza tutto ciò che ha creato, "essa si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa" (Sap 1. Infatti "tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi" (Eb 4, 13), anche quello che sarà fatto dalla libera azione delle creature (Conc. Vaticano I: DS 3003).

La testimonianza della Scrittura è unanime: la sollecitudine della divina Provvidenza è concreta e immediata; essa si prende cura di tutto, dalle più piccole cose fino ai grandi eventi del mondo e della storia. Con forza i Libri Sacri affermano la sovranità assoluta di Dio sul corso degli avvenimenti: "Il nostro Dio è nei cieli, egli opera tutto ciò che vuole" (Sal 115,3); e di Cristo si dice: "Quando egli apre, nessuno chiude, e quando chiude, nessuno apre" (Ap 3,7); "molte sono le idee nella mente dell'uomo, ma solo il disegno del Signore si realizza" (Prv, 19 21) (Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 302-303).

Il valore della propria vita nella storia della salvezza. Dunque, noi come creature libere, possiamo collaborare con la provvidenza di Dio, che tutto dispone e governa con fermezza e dolcezza. Come Ciro, possiamo trasformarci in strumenti di grazia e contribuire, con il nostro granello di sabbia, alla storia della salvezza. Possiamo farlo in diversi modi:

- Avendo un crescente senso di responsabilità per i nostri fratelli; per tutti, ma specialmente per coloro che soffrono. Dobbiamo diventare nella nostra stessa umanità dispensatori di bene, di pace, di gioia.

- Riconoscendo l'unità e la vera dignità di tutti gli uomini: tutti sono stati fatti "a immagine e somiglianza di Dio" (cf. Gn 1,26). Come la moneta ha l'immagine di Cesare, ogni essere umano possiede l'immagine di Dio (cf. sant'Agostino).

- Cercando il bene delle cose create: la fede in Dio, l'unico, ci porta ad usare tutto ciò che non è Lui, nella misura in cui ci avvicina a lui, e a separarci da esso nella misura in cui ci allontana da Lui, (cf. Mt 5,29-30; 16,24; 19,23-24): "Signore mio e mio Dio, toglimi tutto ciò che mi allontana da te. Signore mio e mio Dio, dammi tutto ciò che mi avvicina a te. Signore mio e mio Dio, spogliami di me stesso per darmi tutto a te" (preghiera di S. Nicolàs di Flüe).

- Fidandosi di Dio in tutte le circostanze, anche nelle avversità.

 

Ricerca avanzata  (54000 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: