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TESTO Commento su Luca 24,35-48

don Michele Cerutti

III Domenica di Pasqua (Anno B) (18/04/2021)

Vangelo: Lc 24,35-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni.

Lo stile della prima predicazione lo possiamo desumere da questi brevi versetti, che la liturgia ci propone questa domenica, negli Atti degli Apostoli.
Colpisce la modalità di franchezza che caratterizza Pietro nel parlare alle folle.
Lui che, nel Venerdì Santo, agiva nell'ombra rinnegando Gesù una volta divenuto testimone della Risurrezione non ha remore nell'affermare che colui che hanno crocifisso è risorto.
Il principe degli apostoli denuncia il comportamento dei Giudei.
Franchezza che invoco prima di tutto nel mio ministero per evitare di essere sballottati come onde nel mare aperto che è il mondo.
Mi viene in mente a tal proposito l'insegnamento di S. Giovanni Bosco.
"E' pia credenza - scrive Don Bosco nelle sue Memorie - che il Signore conceda infallibilmente quella grazia, che il nuovo sacerdote gli domanda celebrando la prima messa: io chiesi ardentemente l'efficacia della parola, per poter fare del bene alle anime. Mi pare che il Signore abbia ascoltato la mia umile preghiera”.
Il santo di Valdocco viveva con questo stile quando a chi lo incontrava enunciava subito il suo motto "Da mihi animas". E quando, al primo approccio, parlava ai ragazzi delle cose dell'anima, lasciandoli così sbalorditi che, per uscire, qualcuno imboccava la porta dell'armadio.
Egli soleva affermare che "il prete, per far molto bene, bisogna che unisca alla carità grande franchezza. "Ogni parola del prete deve essere sale di vita eterna e ciò in ogni luogo e con qualsivoglia persona" fino ad arrivare alla celebre battuta detta a Bettino Ricasoli, il barone di ferro: "Sappia che don Bosco è prete all'altare... prete in mezzo ai suoi giovani... prete nella casa del povero... prete nel palazzo del Re e dei ministri". Che cosa era la sua se non incandescente franchezza?
Questo comporta inevitabilmente anche la conseguente persecuzione.
Ascoltando Pietro e Giovanni alcuni rimangono indispettiti e iniziano a osteggiarli fino a rinchiuderli in prigione per impedire che annunziassero ancora.
Oggi la franchezza è lo stile richiesto ai discepoli di Gesù nel presentare le verità della fede e nel testimoniare con la vita la scelta di Cristo. Tutta la storia degli Atti è attraversata da questo stile.
Lo vediamo in Pietro, lo scopriamo in Paolo nelle diverse vicissitudini che lo condurranno a Roma per affrontare il giudizio e lo scopriremo nel confronto del Concilio di Gerusalemme, dove le posizioni diverse si affrontano per giungere a delle conclusioni.
La franchezza, infatti, vuol dire parlare senza condizionamenti nella ricerca della verità e non va confusa con lo stile odierno di presentare in faccia gridando supposte realtà, ma affrontare con chi ci sta davanti, nel dialogo, un cammino per giungere a una pienezza.
D'altra parte questo stile lo raccomanda Gesù quando afferma: “Il vostro parlare sia Sì, Sì e No, No” e ogni aggiunta viene dal maligno e il Maestro ha vissuto con questa modalità e lo possiamo verificare proprio nel momento più alto che è stato quello della donazione di sé nella passione sulla Croce.
La franchezza richiede anche il mettere a rischio noi stessi per amore della verità, ma nello stesso tempo è sostenuta dalla grazia. Pietro verrà arrestato, ma sostenuto dalla preghiera delle comunità verrà liberato dalla prigione.
Gesù deve cercare prima di tutto infondere il coraggio vincendo resistenze e timori dei suoi discepoli.
Il Maestro, che si era fatto compagno dei due discepoli, che raminghi andavano spaesati nelle lande desolate della Palestina lasciando Gerusalemme, ora si presenta a tutti quanti attoniti perché i due discepoli comunicano a loro che Gesù stesso si era reso visibile e lo avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Gesù non si presenta con potenza e anche questa volta si manifesta nella convivialità di un pasto consumato in fraternità.
Mi rendo sempre più conto come Gesù sceglie il momento della tavola e quindi dei pasti per segnare momenti importanti nella vita dei suoi.
Abbiamo parlato di franchezza come stile molte volte la cerchiamo in grandi occasioni trascurando aspetti importanti invece come questi che la quotidianità ci offre.
C'è bisogno di riscoprire la presenza di Dio nei piccoli momenti della nostra vita.
Chiediamola questa grazia riuscire a vivere scoprendo la sua vicinanza laddove ci troviamo.

 

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