TESTO Nel tepore delle risurrezioni
don Angelo Casati Sulla soglia
Domenica di Pasqua (04/04/2021)
Vangelo: Gv 20,11-18

11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
So che voi mi perdonerete. Per vecchiaia, - sperando che non sia vecchiaia di cuore - questa omelia non ha un ordine. All'inizio un po' mie ne sono vergognato, poi ho pensato che non c'è ordine nemmeno in questi racconti della risurrezione. Ed è - a ben pensarci - il suo bello, perché la risurrezione in sé è un disordine. La morte è ordine. Più ordine di così: immobilizza. La risurrezione è insurrezione, rovescia la pietra, è movimento, scompiglia il risaputo. In linea con tutto il vangelo, la risurrezione è disordine: "Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" ( 2Cor 5,17).
E' forse ordine che una donna spenda trecento denari di profumo? E' forse ordine che un Rabbi, Maestro e Signore, sia lui a lavare piedi sporchi di discepoli? E' forse ordine che a uno che tradirà e agli altri undici che fuggiranno lui dia il pane del regno? E' forse ordine che il Giusto muoia di croce in mezzo a due malfattori? E per venire ai giorni del Risorto, è forse ordine che una donna esca di casa che ancora è buio per correre al sepolcro? E' ordine che il risorto non abbia un volto definito? Che ora abbia sembianze di custode di giardino, ora di un pellegrino su una strada, ora di uno sconosciuto che da riva chiede pesce? Quasi non riconoscibile, se non per il timbro della voce da una donna: "Maria".
E quella voce che chiama per nome per donne e uomini di tutti i tempi, per il loro pianto. Non riconoscibile se non per quegli occhi attenti alla tristezza del volto dei due di Emmaus su strade che si colme di amarezze poi allo spezzare del pane? O per quel pesce abbrustolito sulla riva del lago, sorpresa ai discepoll di ritorno da notte di fatiche per vuoto di pesca sul lago? E mai, pensate, dico mai da risorto in luoghi religiosi. E' il disordine della vita. A disordinare la morte fu la sua risurrezione, o, forse meglio, una vita, diciamolo, con il disordine dell'amore. Che se è troppo ordinato è in vigilia di morte. Se invece è disordinato, non calcolato, sta con ciò che accade ed è in vigilia di risurrezione.
A fare disordine nella morte, a rotolar via la pietra dal sepolcro, fu un amore che più grande non si può: "Nessuno" diceva "ha un amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici". E lui a scriverlo sulla croce. Poi sulla pietra rovesciata. Fuori ordine - vorrei aggiungere - la risurrezione perché fuori dall'oridine delle presupposizioni ritenute ovvie, fuori dalle immagini degli uomini religiosi che vorrebbero una religione che si impone: avrebbero preteso che lo si vedesse uscire trionfante da una tomba. Non era nel suo stile, nemmeno da risorto.
Presenze lieve, trasparenze, quasi a suggerire come avvengono le nostre vere risurrezioni, già da questa terra. E come seminare segni di risurrezione. In questi giorni di grandi preoccupazioni, di annunci di morti, di previsioni orlate di nero, ho sentito il bissogno - come forse alcuni di voi - di sostare ai segni della primavera che, nonostante tutto è ritornata, quasi preludio della Pasqua. Sostando in un giardino, mi dicevo:
Per passare di lune per tepore di terra accadono germogli sgusciano come occhi, i tuoi.
Sgusciano germogli come occhi. Come quelli di Gesù, come quelli di ogni donna, di ogni uomo. Per passare di lune, mi dicevo... Come se non bastasse un solo passare di luna. Per le risurrezioni. E perché ci vollero tre giorni al suo manifestarsi? Mistero insondabile! O forse anche per insegnarci che le risurrezioni non sono né immediate né magiche, quasi a invitare il mio cuore a non venir meno quando le fiaccole si affaticano al vento nella notte e una notte si allunga nell'altra. Mi sono ricordate di Giuseppe di Arimatea che nella sera che ormai si scioglieva in una notte cupa, depose Gesù nel sepolcro e le donne a sorvegliare per amore. Nel vangelo di Luca il rito si chiude con una annotazione di grande fascino: "Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato" (Lc 23,54).
Sotto quel cielo con il colore della morte, si accendevano luci nelle case: le piccole luci raccontavano il passaggio del Mar Rosso, dalla morte della schiavitù alla risurrezione della libertà. Era rito che le accendessero nelle case le donne e Don Enrico quest'anno, nella cena del Giovedì santo volle che fosse una donna ad accenderle alla mensa della cena santa. Abbiate occhi per le piccolo luci, benedite il Signore per le piccole luci. Poi prenderanno vigore e saranno fiamma che riscalda.
Forse dovrei passare in rassegna volti che incontro nei miei giorni, luoghi che frequento, situazioni che accadono, e chiedermi quale piccola luce possa accendere, o quale piccolo seme lasciare, a cui per passare di lune possa accadere, per forza del Risorto, di germogliare. Nella veglia della notte abbiamo acceso un grande cero, a cui accendere le nostre piccole luci, il grande cero, simbolo di Gesù risorto, luce che ha vinto la tenebra della morte. Per passare di lune accadono germogli, ma forse non bastano le lune, occorre tepore per la terra, che è custode di semi. Tepore è parola che allude al cuore, il caldo del cuore. Giovanni scrive: "Noi passiamo dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli".
Noi ritorniamo alla vita e facciamo ritornare alla vita quando amiamo. Come a dire che persone, cose, situazioni passano dalla morte alla vita, germinano, la terra germoglia, se incontrano tepore, anche il nostro tepore. Amo la parola "tepore" perché custodisce una misura piccola di calore, piccoli segni di tenerezze. Nei racconti della risurrezione - perdonate, non so se è eresia - anche l'amore del Risorto non è accecante, è tepore.
Io temo il fulgore accecante del sole, l'ho visto bruciare i germogli, amo il tepore, come quello degli abbracci, come quello degli occhi, come quello di chi lava i piedi affaticati o di chi veglia in speranza chi sta spirando, amo il tepore della terra. Per passare di lune dunque, ma anche per tepore di terra. C'è troppo freddo. Sosto al tepore dei racconti della risurrezione. Come da fessura nella notte estrema filtra senza ferire una luce intenerimento dell'angoscia.
Presenze lievi
come di mistero,
sussurri di vita
nel giardino
della tomba vuota,
tra le porte
schiuse del cenacolo,
nel profumo di pesce
arrostito sulle sabbie
estasiate del litorale:
è il Signore.
Perché piangi, Maria?
Non cercarlo
tra cose morte.
Accendi un lume
alla tua finestra
e sia segno
nella notte
che è passato di qui,
oggi, il Vivente, il risorto.