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TESTO Un invito da non rifiutare

mons. Antonio Riboldi

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/10/2005)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Gesù continua la sua missione tra gli uomini, tutti, noi compresi, invitandoci alla relazione con Dio. E non è una "relazione" come le nostre che, a volte, si fermano al solo sentimento di un momento o offrono parole o, peggio ancora, suggeriscono soluzioni per la vita che spesso finiscono nell'offerta di sogni che spariscono come i sogni senza realtà.

La missione di Gesù è quella di invitarci alla verità della vita, ossia al senso stesso per cui il Padre ci ha creato. E il grande senso è nella parabola di oggi. Una parabola che fa rimanere sgomenti.

Il suo discorso si incentra sull'invito al grande banchetto del Cielo. Il Paradiso visto come una grande festa senza fine, paragonato appunto ad un banchetto. La vita così è una risposta a quell'invito.

"Il regno dei cieli, dice Gesù, (sempre rivolto ai principi dei sacerdoti ed agli anziani, gente che a loro modo custodivano la fede di Abramo, Isacco e Giacobbe, senza però dargli quella immensità di apertura che solo Gesù poteva rivelare) è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: "Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono stati macellati e tutto è pronto, venite alle nozze". Ma costoro non se ne curarono e andarono chi ai propri campi, chi ai propri affari: altri poi presero i suoi servi li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò. Poi disse ai suoi servi: il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne furono degni; andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi e la sala fu piena. E dopo avere espulso uno che non aveva l'abito nuziale, disse: "Molti sono i chiamati e pochi gli eletti" (Mt 22,1-14).

E' una parabola che fa pensare, e tanto. Per l'assurdo contenuto che, se da una parte mostra quanto è grande la partecipazione alla stessa felicità di Dio nel Cielo, paragonata al banchetto che è sempre luogo di festa, dall'altra mostra la sufficienza dell'uomo, vera miopia della vera gioia, che chiama "banchetto" le piccole soddisfazioni che offre questa terra, che certamente non è, non può essere il Paradiso...Anzi! Per i santi la terra è un duro pellegrinaggio verso quel banchetto, non "il banchetto".

Se vogliamo fermare il nostro pensiero al "banchetto della Eucaristia", che è già qui in terra ed è una figura dell'eterno banchetto del re, ci stupisce o scandalizza nel vedere quanti rifiuti ha Dio ogni domenica.

Affermava il Santo Padre ai sacerdoti di Aosta dopo il suo periodo di riposo, parlando del distacco della gente dalla Chiesa: "E' vero, alla gente, sopratutto ai responsabili del mondo, la Chiesa appare come una cosa antiquata, le nostre proposte non necessarie. Si comportano come se potessero, volessero vivere senza la nostra parola e sempre pensano di non aver bisogno di noi. Non cercano più la nostra parola. Questo è vero e ci fa soffrire, ma fa anche parte di questa situazione storica, di una certa visione antropologica, secondo la quale, l'uomo deve fare le cose come Carlo Marx aveva detto: la Chiesa ha avuto 1800 anni per mostrare che avrebbe cambiato il mondo e non ha fatto niente, adesso lo facciamo noi da soli".

Quella grande utopia torna esistente, anche se si è rivelata un immenso gulag, dove non solo parlare di banchetto e di gioia appare una bestemmia alla verità, ma dove non appare speranza che qualcuno dei "servi" si affacci sui marciapiedi della storia a invitare.

Credo che dobbiamo avere il coraggio di dirci se ha ancora un senso "la vita quando si preferisce il rifiuto, mettendo al posto del banchetto, i propri capricci.

Ascoltiamo ancora il S. Padre che a Colonia così invitava i giovani a essere pronti ad accogliere l'invito al banchetto che Lui ogni giorno ed in modo particolare ci prepara la domenica. "L'ora di Gesù (in cui rivolge l'invito al banchetto) è l'ora in cui vince l'amore. In altri termini: è Dio che vince perché Egli è l'Amore. E l'ora di Gesù deve diventare la nostra ora e lo diventerà, se noi, mediante la celebrazione dell'Eucaristia, ci lasciamo tirare dentro quel processo di trasformazione che il Signore ha di mira.

L'Eucaristia deve diventare il centro della nostra vita. Non è positivismo o brama di potere, se la Chiesa ci dice che l'Eucaristia è parte della domenica. Al mattino di Pasqua prima le donne e poi i discepoli ebbero la grazia di vedere il Signore. D'allora in poi essi seppero che il primo giorno della settimana, la domenica, sarebbe stato il giorno di Lui, di Cristo. Il giorno dell'inizio della creazione diventava il giorno del rinnovamento della creazione. Creazione e redenzione vanno insieme. Per questo è così importante la domenica. E' bello che oggi, in molte culture, la domenica sia un giorno libero o, insieme con il sabato, costituisca addirittura il cosiddetto "fine settimana" libero.

Questo tempo libero, tuttavia, rimane vuoto se in esso non c'è Dio. Cari amici! Qualche volta, in un primo momento, può risultare scomodo programmare nella domenica anche la Messa. Ma se vi ponete impegno, constaterete poi che è proprio questo che dà il giusto centro al tempo libero. Non lasciatevi dissuadere dal partecipare all'Eucaristia domenicale ed aiutate anche gli altri a scoprirla. Certo, perché da essa si sprigioni la gioia di cui abbiamo bisogno, dobbiamo imparare a comprenderla sempre più nelle sue profondità, dobbiamo imparare ad amarla.

Impegniamoci in questo senso, ne vale la pena! Scopriamo l'intima ricchezza della liturgia della Chiesa e la sua vera grandezza; non siamo noi a fare festa per noi, ma è invece lo stesso Dio vivente a preparare per noi una festa" (Omelia della domenica a Colonia).

Torna così il tema della parabola di oggi: l'invito al banchetto del Padre. Credo che tutti vorremmo capire le ragioni del rifiuto di quanti hanno detto un secco "no" all'invito: ed erano i primi invitati, quelli privilegiati, come facciamo noi quando allestiamo in una festa un banchetto. Bisognava essere davvero miopi nell'anima per dire no ad un grande privilegio e preferire cose da poco: in altre parole preferire la terra al cielo. Era, sulla bocca di Gesù, allora, il rifiuto di tanti nel popolo eletto, nella lunga storia di amore, che avevano voltato le spalle al Signore per adorare Baal! Non vorremmo assolutamente essere nel numero di questi "ciechi", perché saremmo tra "i tanti chiamati, ma pochi gli eletti".

Il cuore dei semplici, che sanno misurare ciò che veramente è grande e ciò che è davvero "povero" - perché vivono la povertà - non esita un istante ad accettare l'invito e a correre ad un banchetto. Loro si sentono come tagliati fuori dalla gioia. E non sembra vero che un re li cerchi e li inviti a mensa. Se non si è così "semplici di cuore", difficile fare posto al Paradiso che Dio ci offre.

Chi di noi non ha avuto la fortuna o la grazia di partecipare alla celebrazione della Messa da parte di ministri che davvero gustavano la gioia del banchetto divino. Non finiva mai di stupirmi come celebrava la Messa un mio confratello, Padre Clemente Rebora. Era difficile distinguere i confini tra il banchetto del Padre nel cielo e quel banchetto sull'altare. Non dimenticherò mai le concelebrazioni con il grande Giovanni Paolo II che nella Eucaristia mostrava dal vivo il divino che si manifestava.

L'ultima volta che concelebrai con lui fu a Loreto, a settembre, nella festa dell'Azione Cattolica. Nonostante la sua evidente sofferenza, che gli impediva tanti gesti, era tale il suo sentirsi già al banchetto celeste che commuoveva. Così come coglievo la gioia di mamma quando ogni mattina tornava dalla Messa, che non perdeva mai, e affrontava la faticosa giornata con un sorriso: il sorriso dei beati.

E' su questi maestri che si misura davvero il dono del banchetto del Padre ora qui e, quando sarà il nostro giorno, in Cielo. Sempre se saremo gli eletti scelti tra i tantissimi chiamati.

Piace donare a voi la preghiera che Giovanni Paolo II scrisse nell'anno della Eucaristia, come grande testamento che si propone a noi.

"Mane nobiscum, Domine! Come i due discepoli del Vangelo, ti imploriamo, Signore Gesù, rimani con noi!

Tu, divino viandante, esperto delle nostre strade, conoscitore dei nostri cuori, non lasciarci prigionieri delle ombre della sera.

Sostienici nella stanchezza, perdona i nostri peccati, orienta i nostri passi sulla via del bene.

Benedici i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie, in particolare i malati.
Benedici tutta l'umanità.

Nell'Eucaristia ti sei fatto "farmaco della immortalità", dacci il gusto di una vita piena che ci faccia camminare su questa terra come pellegrini fiduciosi e gioiosi guardando sempre al traguardo della vita che non ha fine.
Rimani con noi Signore! Rimani con noi".

E vorrei pregarlo, ora che lui partecipa al banchetto del Padre, che ci aiuti a camminare sui suoi passi con la forza della Eucaristia e ci faccia invitati ma eletti.

 

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