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TESTO Una parata in due tempi

padre Gian Franco Scarpitta  

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XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/10/2005)

Vangelo: Mt 22,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,15-21

In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Non c'è che dire, quello che i Farisei tendono a Gesù è proprio un bel tranello, nel quale Egli potrebbe cadere con molta facilità!

Considerando infatti la situazione politica contestuale, la risposta alla domanda "E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?" esige una risposta immediata ma allo stesso tempo precisa e ponderata, che soddisfi tutti quanti e che non susciti inimicizia in alcuno. Si tratta di una di quelle domande per rispondere alle quali occorrerebbero anche interi mesi di riflessione intensa, e Gesù, colto a bruciapelo in quella circostanza, avrebbe anche potuto rispondere avventatamente, senza criterio e in modo tale da legittimare le aggressioni nei suoi confronti.

In quella determinata epoca infatti il territorio in cui si vive è succube dell'egemonia dei Romani; non sono affatto poche le leggi che vengono imposte in modo del tutto arbitrario e ingiusto, e parecchie di esse contrastano, con le aspettative della fede giudaica e della Legge mosaica; numerose sono anche le imposte e le tasse dovute all'erario di Roma, che però in parte finiscono nelle tasse degli esattori.

Tutto questo fa' sì che si fomentino malcontenti e focolai di rivolta contro il potere istituito, in particolar modo ad opera della classe degli Zeloti, che (come il termine stesso afferma) animati dallo zelo per la Legge di Mosè e dalla volontà di autonomia del loro paese, stavano meditando veri e propri atti sovversivi. Per essi, così come per tutti gli Israeliti e anche per le popolazioni limitrofe dell'epoca, solo Dio è legittimato ad esercitare il potere sul popolo (teocrazia) e anche il monarca non è altro che un emissario della divina volontà sul fattore pubblico.

Pertanto, se Gesù avesse risposto ai Farisei in senso affermativo ("Sì, è lecito pagare il tributo a Cesare") si sarebbe schierato dalla parte dei Romani andando contro il sistema di religiosità giudaica; se avesse risposto in senso negativo ("No, non è lecito") avrebbe avallato le attese dei nazionalisti e per ciò stesso sostenuto le rivolte e le sovversioni, diventando un "anti – romano".

Fortunatamente Gesù ha sempre considerato con spontanea profondità.

Ecco perché fornisce una risposta che elude la tentazione dei suoi interlocutori preoccupandosi piuttosto di andare alla radice del problema: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". Adoperando termini calcistici, potremmo dire che la sua risposta è una... parata in due tempi.

La questione non riguarda infatti il pagamento o meno delle tasse, ma piuttosto il fatto che qualsiasi autorità politica – Democratica o totalitaria che sia – pur essendo tenuta a promuovere il Regno di Dio nella ricerca del bene comune, gode di una certa autonomia e rispettabilità.

Per meglio intenderci, come affermerà poi l'apostolo Paolo ai Romani, anteriormente alla sua matrice o alla sua configurazione qualsiasi autorità proviene da Dio e pertanto va' rispettata in tutte le sue deliberazioni e nella legittimità del suo potere legislativo: pur orientato verso la patria celeste il cristiano non perde di vista di essere un cittadino del Regno terreno, mentendosi ben lungi dall'usare indifferenza verso le istituzioni e il potere politico. Piuttosto, è chiamato alla retta collaborazione con l'autorità nell'osservanza di tutte le leggi e nella sottomissione a chi lo governa, come pure al rispetto delle varie normative, delle leggi e delle prescrizioni, soprattutto tenendo conto che la sua osservanza contribuisce alla realizzazione del bene comune, obiettivo da cui è sempre coscienziosamente motivato.

Se vogliamo fare un'altra osservazione intorno alla convenienza del rispetto delle leggi e delle normative nell'interesse del bene comune, a volte è anche sufficiente che ci guardiamo un po' attorno, anche nella nostra stessa città: non è forse obbrobrioso e lesivo all'estetica del centro cittadino il fatto che abitualmente si parcheggino le auto in doppia fila? Non suscita un certo disgusto il notare automobili disposte disordinatamente e senza criterio? Più di una volta, entrando in alcune città ho provato un certo rincrescimento nel notare come le case, i palazzi e gli edifici, ben costruiti e funzionali, siano disposti senza ordine lungo i lati della strada e non vi sia linearità quanto all'altezza l'uno rispetto all'altro e alla collocazione.... Danno a volte l'impressione di tanti scatoloni ammonticchiati alla rinfusa e tale sembra essere la risultate dell'abusivismo edilizio che crea disordine e lede l'aspetto della città. Così anche il procedere di certi automobilisti a velocità sproporzionata, l'omissione dei segnali di insicurezza, l'irregolarità gratuita dei sorpassi, l'imbrattamento del suolo pubblico e delle aiuole e molte altre devianze e omissioni sono disdicevoli già alla vista del cittadino e deturpano il fascino della città, in cui ad un certo punto non risulta più piacevole vivere. L'ottemperanza alle norme e alle disposizioni rientra insomma fra gli elementi di primario interesse di tutti quanti noi.

Di più: il cristiano è tenuto anche a mostrare interesse e mantenersi sempre aggiornato sull'andamento della gestione della propria città o della Nazione e ben vengano tutte quelle forme di governo che incoraggiano la partecipazione diretta o indiretta del popolo alla vita politica perché il cittadino possa esprimersi, avanzare opinioni e proposte, usufruendo della possibilità del voto come diritto e dovere. Mai essere neutrali e qualunquisti. Non è escluso che si possa anche non condividere l'impostazione del sistema vigente come anche avanzare delle recriminazioni verso un determinato modo di legiferare, ma ciò non toglie che l'autorità del momento vada sempre rispettata e mai ostacolata nelle sue funzioni.

Ma finora ci siamo soffermati soltanto sulla prima parte della frase di Gesù: "A Cesare quel che è di Cesare". La seconda parte - "A Dio quel che è di Dio" – è essenziale perché noi possiamo comprendere in fondo le vere istanze nel vangelo nella situazione politica.

Affermare infatti che l'autorità vada rispettata e ottemperare a tutte le disposizioni e alle leggi del sistema vigente non corrisponde infatti al non lottare più per le istanze del Regno di Dio e per la causa della sua gloria su questo mondo: prescindendo da ogni ordine istituzionale, si è sempre tenuti a salvaguardare l'etica, la giustizia, la pace, la dignità dell'uomo e i suoi diritti, la vita umana sin dal suo primo concepimento e quante altre esigenza del Regno e non è affatto illegittimo che si possa contravvenire alle disposizioni della legge di Stato quando questa debba metterli a repentaglio; in altre parole, si è moralmente legittimati a disobbedire alle leggi e al sistema quando questi non debbano garantire la salvaguardia dei valori e dei principi evangelici specialmente in relazione al procacciamento del bene comune da raggiungersi FINO IN FONDO, ferma restando la fuga da ogni forma di repressione e di violenza. Poiché queste sono le attese del Regno di Dio.

In certe circostanze Pietro affermava "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" e in tale asserzione non contraddiceva la logica dell'ottemperanza alle leggi della Nazione ma rivendicava la priorità di Dio sulla terra, anche nei confronti con le istituzioni...

Poiché appunto Dio ha sempre la priorità su tutto, così come insegna il profeta Isaia nella Prima Lettura e se da una parte non si vuole la teocrazia o l'accentramento del potere umano sul divino, dall'altra si deve pretendere che Dio abbia la prevalenza su tutto e in tutto venga glorificato.

 

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