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TESTO Il tessuto del quotidiano

don Angelo Casati  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (31/01/2021)

Vangelo: Lc 2,41-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,41-52

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

La mia omelia oggi, nel ricordo della famiglia di Nazaret, sarà come percorsa da un anelito, quello di dare bellezza al nascosto. Scandalizzando forse qualcuno, vorrei dire che è una grazia, veramente una grazia, che la famiglia di Nazaret non abbia nulla di scintillante e di esibito. Scintillanti, in anelito di esibizione - ci ha ricordato il rotolo di Isaia - sono gli idoli e i loro fabbricatori. Diversa la storia di Dio: "Veramente" - è scritto - "tu sei un Dio nascosto, Dio d'Israele, salvatore!".

E questo fa già la differenza. Da tenere a memoria! Per la famiglia, ma anche non per la famiglia: possiamo essere tra quelli che amano esibirsi e poi sul pezzo non ci sono. Oppure tra quelli che non amano esibirsi, ma loro ci sono. Il nascosto. Quest'anno mi ha attraversato un pensiero: quando ricordiamo la famiglia di Nazaret, il pensiero va ai passi del vangelo: la casa, ma nel momento in cui le pareti stupiscono al passaggio di un angelo, o il fuori casa della nascita, o l'incontro con Simeone e Anna nel tempio o il pellegrinaggio a Gerusalemme, il vangelo di oggi.

Ma - mi chiedo - non corriamo forse il rischio che la famiglia di Nazaret sia pensata solo in questi episodi, quasi fosse assorbita in pochi eventi, in poche ore? Non dico che gli episodi non siano importanti, ma non rischiano forse di essere come degli iceberg che si stagliano incandescenti fuori del mare, mentre il più - sì, dico il più - vive sotto le acque del mare, il nascosto? Il Dio nascosto, il nascosto della famiglia di Nazaret. C'è il ricamo, ma c'è anche un tessuto su cui è stato intrecciato il ricamo. Il tessuto del quotidiano.

Quando noi diciamo che il figlio di Dio si è fatto uomo, spesso riduciamo il farsi uomo solo alla sua persona. Potremmo dire che farsi uomo fu per lui anche farsi famiglia, farsi casa e poi fuori casa, farsi relazioni, il mondo delle relazioni. In questo, anche in questo, nostro fratello, come oggi ci ricordava la lettera agli Ebrei, affermando di Gesù che "si è reso in tutto simile ai fratelli". E' per questo che provo a lasciare un poco sullo sfondo gli episodi raccontati, per portare l'attenzione sulla vita quotidiana della famiglia, per immaginare il nascosto di una casa: per esempio la madre che accendeva la lucerna e il pigolio della luce, o il risveglio al mattino e loro forse a chiedersi come era stata la notte o le parole che si scambiavano mentre prendevano qualcosa insieme al mattino, o il lavoro degli uomini fuori casa e quello della donna in casa, o il rientro la sera, erano attesi.

Oppure vado ad immaginare le stagioni della vita di quel figlio: quando era piccolo e gli insegnavano a leggere; e non è che lui qualche volta avrebbe preferito giocare? O gli suggerivano, perché le mandasse a memoria, parole dei rotoli sacri. E chissà se, da adolescente, avrà rivendicato pure lui la libertà di uscire con amici, e poi i loro dialoghi, il loro raccontarsi, e di certo qualche volta la fatica a capirsi. Le cose di casa, quelle che accadono in famiglia, il nascosto, che non finisce in un libro. Permettete che faccia l'elogio del nascosto, dell'aria che si respira in una casa. Forse dimentichiamo o sottovalutiamo che noi si cresce anche o soprattutto per l'aria che si respira in una casa.

Di lui abbiamo letto che tornò a Nazaret "e cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini". A farlo crescere tutto. E in una casa, nelle case normali - nelle nostre e anche nella famiglia di Nazaret - ci sono momenti in cui nel raccontarsi ci si capisce, e altri in cui si fa fatica a capirsi. Ebbene anche di questo quotidiano della famiglia - che non dovremmo permetterci di giudicare un fallimento - mi sembra sia spia luminosa e preziosa l'episodio del tempio, lui dodicenne. E chi mai a quel figlio avrà parlato la prima volta del Padre se non Maria e Giuseppe? Lui dice: "Non sapevate che io devo occupami delle cose del Padre mio?". "Non sapevate che...?".

Aveva dodici anni. E chi - ve lo siete mai chiesti? - lo aveva educato a quello spirito di indipendenza? Se non l'aria di casa dove il primato era al disegno di Dio su ciascuno di noi? Un conto però è saperlo, un conto è accoglierlo nei fatti. Quando un figlio non si allinea a quello che tu avevi sognato, nascono pensieri. E quel giorno, alle parole di quel figlio, si ingarbugliarono i pensieri alla madre. Il vangelo dice che le parole del figlio le facevano subbuglio nel cuore.

Il verbo greco dà l'idea del sommovimento. Si parla spesso di pericoli per la famiglia, forse un po' meno del pericolo di agire pretendendo l'allineamento dell'altro, come se l'altro fosse mia proprietà, alla fin fine soffocandosi a vicenda. Da' spazio alla libertà, lascialo andare, che possa fiorire! Possiamo pensare che questi fossero i pensieri di Giuseppe e Maria? Una poetessa, mia amica, Giusi Quarenghi, ha immaginato un dialogo tra Giuseppe e Maria, una notte, quando lui, il bambino, era ancora nella pancia. In un racconto dolcissimo.

Concludo così: -- Maria, quietati. Questo bambino comincerà da piccolo, piccolissimo e noi cresceremo con lui. Impareremo...

-- A lasciarlo andare, Giuseppe. Questo dovremo imparare. Sapere d'amore è lasciare andare. Fino a non poterlo tener lontano neppure dal suo morire, che sarà il mio unico, vero morire. Ma io gli insegnerò, gli insegnerò ad ascoltare e a fare domande, a pulirsi il naso, a legarsi e sciogliersi i sandali, a contare e a raccontare, a moltiplicare e a dividere, a leggere e a scrivere, a non subire e a non imporre, a essere mite e solido, a resistere, ad aiutare e a lasciarsi aiutare, a rispettare ogni respiro, ad avere riguardo dei vivi e dei morti, a non avere paura, troppa paura di morire, e a risorgere. Sì, gli insegnerò a risorgere.

-- Adesso dormi, Maria, appoggia qui i tuoi pensieri. Dicono che i bambini nella pancia giocano, mentre le mamme dormono. Lascia che giochi, Maria, e dormi... Di quante notti come questa avrà bisogno. Se verranno notti in cui l'abbandono gli peserà più del tradimento, e non avrà dove appoggiare il capo, ci sia, a tenerlo al di qua della disperazione, la sua vita piccola, i giochi che ha giocato, i sonni che ha dormito, le ninne-nanne che l'hanno cullato, le braccia, le voci, le parole, i pensieri, questi che stiamo facendo, Maria, in questa casa di pietra e di terra, in questo paese che si chiama Bet Le'hem, Casa del pane, vuol dire.

 

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