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TESTO Che cosa dovevo fare di piu' che non ho fatto?

don Roberto Rossi  

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/10/2005)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Che cosa dovevo fare di più che non ho fatto? dice il Signore

La parola di Dio ci parla della vigna del Signore, che è il suo popolo. "Canterò per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna". Il Signore, con immagini, esempi e parabole, ci ricorda il suo amore provvidente, rigenerante e creativo. "Dio è amore" Abbiamo il cantico della vigna nella prima lettura e la parabola nel vangelo. Bellissima la prima lettura: è un poema, un cantico, dove si esprime il grande amore di Dio verso il suo popolo, ma la gente è ingrata, non vuole o non può apprezzare tutta questa cura che il Signore ha. Gesù torna su questo argomento, ripetendo quasi il profeta Isaia. Gesù, nuovo profeta, è venuto a ricordare e portare a compimento l'amore grande di Dio, ma ancora una volta il popolo non corrisponde.

Gesù non sarà accolto, sarà ucciso.

Dio non si stanca di continuare il suo dialogo d'amore: uccidono i profeti, uno, poi l'altro, poi l'altro. Ma Dio manda suo Figlio. Gesù parla di se stesso. Sottolinea che non ci può essere un amore più grande di questo: dare la vita.

Dio non vuole perdere la speranza che ha verso gli uomini.

Dio non ha paura di dare il suo Figlio, per dimostrare che con lo stesso amore ama anche ciascuno di noi. Per Dio, l'uomo ha lo stesso valore di suo Figlio.

Nella nostra vita deve essere presente questo ringraziamento al Signore: è il dono più grande: abbiamo capito quanto Dio ama il suo popolo. Questo dono è Gesù Crocifisso. Ringraziamento non solo per le cose belle, ma per tutta la potenza di grazia che c'è anche nel sacrificio e nella sofferenza della vita.

Dio per salvare il suo popolo, l'intera umanità, ha dato ciò che aveva di più caro.

Noi siamo come questi vignaioli: abbiamo ricevuto tante cose.

I vignaioli hanno dimenticato chi è il padrone; hanno voluto farsi essi padroni della loro vita, della vita del mondo.

In questa liturgia viene presentato il mistero di Cristo, nei riguardi del suo popolo e nei riguardi dell'umanità.

Il cantico della vigna possiamo applicarlo a noi e contemplare quanta cura il Signore ha per la sua vigna, cioè per il suo popolo, per l'umanità, per ciascuno di noi.

"Che cosa dovevo fare di più, che non ho fatto?" Non avremmo mai voluto sentire questo lamento di Dio. Eppure esprime tutta l'intensità dell'amore di Dio e tutta la tragedia del peccato dell'uomo.

Un giorno, in una rivelazione a S. Margherita Gesù dirà: "Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e che non riceve che ingratitudini e oltraggi".

Ci è richiesta oggi una forte revisione di vita. Sappiamo contemplare e percepire tutto quello che il Signore ha fatto e fa per ciascuno di noi, per la Chiesa, per l'umanità, per l'universo intero? "La sua bontà è grande come il cielo", possiamo dire anche noi con il salmo. Avvertiamo veramente e concretamente la paternità di Dio sulla nostra vita?

Ci accorgiamo di essere amati, desiderati, voluti dal Padre o Lui è per noi una figura lontana? Siamo figli grati, riconoscenti, pieni di amore?

Chiediamoci: perché nella nostra società c'è tanto rifiuto di Dio? Perché tanta indifferenza o lotta contro i valori e i segni della fede? Qual è la nostra riflessione e il nostro atteggiamento di fronte a tutto questo?

Ma anche quando non corrispondiamo, anche quando rifiutiamo il Signore Gesù, Lui, il Cristo, rimane sempre la pietra angolare, il Salvatore, la roccia.

Quel Figlio, morto sulla croce, "pietra scartata dai costruttori" diventa "testata d'angolo", il fondamento di tutto. Che altro poteva fare il Signore? Dio ha amato fino al segno estremo: Dio ha tanto amato il mondo da mandare Suo Figlio che verrà consegnato alla morte di croce. Gesù, sulla croce, come dice S. Paolo, "mi ha amato e ha dato tutto se stesso per me". Questa è l'opera mirabile del Signore. La risurrezione di Cristo diventa il fondamento e l'inizio di ogni vita nuova. E' la rivincita, la vittoria dell'amore. Ma "il regno di Dio sarà tolto a quelli che lo hanno rifiutato e sarà dato ad un altro popolo che lo farà fruttificare".

S. Paolo ci indica nella sua lettera un comportamento concreto: non angustiatevi, Dio opera per voi. Non angustiatevi, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti.

Dalla presa di coscienza della nostra debolezza e incorrispondenza sorge il pentimento e deve nascere forte il bisogno e l'impegno di essere "vigna buona", di fare frutti buoni.

Come sarà possibile? Dice Gesù: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto". Se rimango unito a Cristo, "tutto posso in Colui che mi dà forza".
Come portare frutto? Quali frutti?

Ci aiuta l'apostolo Paolo nella lettera ai Filippesi: "Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, tutto quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto (nella parola di Dio e nei suoi testimoni), è quello che dovete fare".

E, come affermava Edith Stein, la grazia e la pace di Dio sorpasserà sempre le nostre attese.

 

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