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TESTO Commento su Neem 2,3

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Mercoledì della XXVI settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (28/09/2005)

Brano biblico: Neem 2,3 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,57-62

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Dalla Parola del giorno

Come potrebbe il mio aspetto non essere triste quando la città dove sono i sepolcri dei miei padri è in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco?

Come vivere questa Parola?

Neemia è un esiliato ebreo che vive alla corte del re Artaserse, di cui gode la stima. Ha una buona posizione e potrebbe benissimo chiudersi nell'egoistico godimento di ciò che possiede. Ma il suo animo nobile non gli permette di estraniarsi da quanto i suoi connazionali vivono. Un gruppo di loro è tornato in patria con l'intento di riedificare il tempio e la città, ma gli ostacoli sono tanti e l'entusiasmo ha presto ceduto il passo allo scoraggiamento. Neemia ne è a conoscenza e ne soffre. "Come potrebbe il mio aspetto non essere triste quando la città dove sono i sepolcri dei miei padri è in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco?" – risponde al re che gli chiede la ragione della sua tristezza. Anche il cristiano è un esiliato, lontano dalla sua vera patria, mentre intorno a lui "la città è in rovina", e le porte, che dovrebbero custodirla, "sono consumate dal fuoco". Insidiosa può farsi strada la tentazione di "dimenticare la patria", chiudendosi in uno pseudo-benessere che lo allinea al comportamento delle masse e narcotizza quel bisogno di Dio che ci portiamo dentro. Non meno subdola, può affiorare la tentazione opposta: quella di vivere la fede come un comodo rifugio che mette al sicuro dal marasma esterno. Che importa se fuori si scatena la tempesta e i più rischiano di annegare: noi stiamo al sicuro nella "barca di Pietro"! Sì, certo: Siamo al "servizio del Re", ma per parlargli della città in rovina, delle porte consumate dal fuoco, dei fratelli che non hanno più speranza. "Dio è nostro rifugio e nostra difesa", ma per sostenerci e renderci più audaci nell'impegno di edificare una città terrena più vivibile, più giusta, più umana

Oggi, nella mia pausa contemplativa, proverò a "leggere" gli eventi attuali alla luce di questa parola. Quali sono i segni di decadimento che riscontro nell'ambiente in cui vivo? Cosa posso, e quindi devo, fare perché torni a fiorire la speranza e con essa la voglia di "ricostruire"?

Mio Dio, mio Unico, mio Tutto. Tu mi affidi "la città in rovina", mi chiedi di amarla, di impegnarmi con i fratelli nella ricostruzione delle sue "porte". Io mi metto a tua disposizione: sostienimi con la tua grazia.

La voce di un testimone del XX secolo

Il mondo si muove se noi ci muoviamo, muta se noi mutiamo, si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura. La primavera incomincia con il primo fiore, la notte con la prima stella, il fiume con la prima goccia d'acqua l'amore col primo pegno. Ci impegniamo perché noi crediamo nell'amore, la sola certezza che non teme confronti, la sola che basta a impegnarci perpetuamente.
Primo Mazzolari

 

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