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TESTO Commento su Luca 9,46-50

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Lunedì della XXVI settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (26/09/2005)

Vangelo: Lc 9,46-50 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,46-50

46Nacque poi una discussione tra loro, chi di loro fosse più grande. 47Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino 48e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».

49Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». 50Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

Dalla Parola del giorno

Gesù prese un fanciullo, se lo mise vicino e disse: «Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande».

Come vivere questa Parola?

Il vangelo odierno ci mostra gli apostoli impegnati in un'accesa discussione: Chi di loro è il più grande? Gesù sembra esserne tenuto fuori, ma "conosce i pensieri del loro cuore", ed eccolo compiere un gesto trasgressivo per un "rabbì". Prende un fanciullo e se lo mette vicino. Un giorno i due figli di Zebedeo chiederanno questo privilegio e Gesù risponderà che "sedere alla sua destra o alla sua sinistra è per coloro per i quali è stato preparato" (Mc 10,40). L'insolito gesto mostra ora chi ne sia il fortunato destinatario: colui che conserva un cuore di bambino. Fuori di ogni poesia, il bimbo è colui che dipende totalmente dagli altri. L'affidarsi all'adulto è per lui una necessità vitale. Siamo, quindi, dinanzi a un gesto che va molto oltre a un'espressione di tenerezza: Il bambino è l'immagine dell'uomo colto nella sua creaturalità, nel suo essere in una relazione di dipendenza dal Creatore. Proprio ciò che il peccato tende a negare. La stessa discussione degli apostoli lo mette in luce: non si vuole sottostare a nessuno. Si cerca in ogni modo di primeggiare, di affermarsi. Farsi come bambini non vuol dire, allora, cadere in forme di infantilismo, ma riconoscere ed accettare la propria dipendenza da Dio e interdipendenza tra noi. Viene così ad emer-gere la nostra vera immagine che, per volontà di Dio, coincide con la sua. Sì, siamo "immagine di Dio". È questa la nostra vera grandezza. Ma l'immagine è tutta relativa a Colui che essa riproduce. Voler eliminare questo fondamentale rapporto è vanificare la stessa immagine. E non è qui, in fondo, la radice del nostro disagio esistenziale?

Oggi, nella mia pausa contemplativa, porterò la mia attenzione sul mondo dei piccoli. Richiamerò alla mente l'abbandono di un bimbo addormentato tra le braccia della mamma, il suo ricorrere a lei per mostrare una coccinella o per farsi consolare... Quel legame lo rende sereno e sicuro. Ed io come vivo il mio rapporto con Dio? Pregherò poi con il salmo 130

Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.
Io sono tranquillo e sereno
Come bimbo svezzato in braccio a sua madre,

come un bimbo svezzato è l'anima mia.

La voce di un Dottore della Chiesa

Quando leggo certi trattati spirituali nei quali la perfezione viene rappresentata attraverso tante intricate difficoltà, il mio spirito non tarda a stancarsi. Prendo allora in mano la Sacra Scrittura. E tutto mi diventa luminoso: vedo che basta riconoscere il proprio nulla e abbandonarsi come un bambino nelle braccia del buon Dio
S.Teresa di Gesù Bambino

 

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