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TESTO Commento su Marco 1,14-20

fr. Massimo Rossi  

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (24/01/2021)

Vangelo: Mc 1,14-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Conoscete la storia di Giona? Questo profeta minore visse intorno all'VIII sec. a.C. e venne chiamato da Dio per predicare la conversione agli abitanti di Ninive, una grande città presentata dall'autore ispirato come la capitale corrotta e peccatrice dell'Assiria.

C'è un solo problema: in quel tempo Ninive non era la capitale del'Assiria e non esisteva alcun re di Ninive. Gli Assiri, poi, si distinguevano per una politica religiosa di imposizione violenta della propria fede; perciò si può escludere che un profeta d'Israele fosse stato lasciato libero di predicare tre giorni in una città assira nel nome di un Dio straniero. Il dato non è dunque storico, ma è funzionale al racconto biblico, che ha sempre un valore teologico. La scelta, come protagonista, di un personaggio vissuto probabilmente poco prima della distruzione d'Israele da parte degli Assiri, spiegherebbe perché Giona si fosse inizialmente rifiutato di obbedire al comando del Signore, e si fosse in seguito rattristato del perdono che Dio concesse ai Niniviti. Se, infatti, l'Onnipotente li avesse puniti, distruggendoli, come aveva promesso, Israele si sarebbe salvato. La vocazione di Giona sottolinea l'amore illimitato di Dio per tutti gli uomini, soprattutto per i peccatori: e questa è la tesi del libro.

La pedagogia di Dio si dimostra vincente non solo nei confronti di Ninive, ma anche nella sua relazione con Giona: la volontà celeste non si discute! si obbedisce e basta.

E se, per farsi obbedire, ha bisogno di ripetere le cose, Dio le ripete, una, due, dieci, cento volte, fino a quando l'uomo non si arrenderà. Dio è Dio! “A mali estremi, estremi rimedi”, dice il proverbio; leggete il libro e capirete. Infine, Giona diventa il paradigma del mistero di morte e risurrezione che caratterizza la missione del Messia; leggiamo nel Vangelo di Matteo: “Allora alcuni scribi e farisei interrogarono Gesù: «Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno». Ed egli rispose: «Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Quelli di Ninive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona! La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!»” (12,38ss.).

Potete immaginare il furore che queste parole del Nazareno scatenò nel cuore dei suoi ascoltatori: sentire che la condanna di Dio sarebbe venuta loro attraverso una sentenza emessa da un popolo pagano, per giunta, acerrimo nemico di Israele, non fece che acuire la loro ostilità verso di Lui.

Ma siamo solo all'inizio della vicenda: il Battista è stato arrestato dalla polizia di Erode, e Gesù si reca in Galilea, terra di confine, periferia estrema della Palestina, perché è da lì che deve avere inizio il suo ministero di predicazione. Il contenuto dell'annuncio è semplice e tremendamente sintetico: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo.”.

Son tentato di chiedermi: Ma per dire poche parole - meno di 20 -, era necessario che il Verbo si incarnasse in Gesù di Nazareth, che mettesse in piedi tutto sto ambaradàn conosciuto come Chiesa cristiana, che lasciasse un impronta durata venti secoli e oltre; e poi le persecuzioni, le crociate, le guerre di religione, il Sacro Romano Impero, l'Inquisizione, il Vaticano,...? E per cosa? per ripetere: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo.”?

Bah, vallo un po' a capire, sto Dio di Gesù Cristo... È proprio vero che i Suoi pensieri non sono i nostri pensieri e le Sue vie non sono le nostre, come scrive il grande profeta Isaia.

Poco sopra ho citato la pedagogia di Dio: ripetere, ripetere, ripetere, ripetere,... fino a quando la Sua Parola non si sarà pienamente realizzata. Lo ha promesso: “Ogni mia parola non ritornerà a me senza effetto...”; è ancora Isaia a ricordarcelo al cap.55 del suo libro....A furia di sentir ripetere, lo sappiamo a memoria!

A proposito di “ripetere” a memoria: la memoria, più precisamente il memoriale, rappresenta lo specifico della preghiera cristiana più importante, la liturgia domenicale. Solo uno sguardo superficiale, da incompetenti, condurrebbe ad affermare che il memoriale eucaristico è, in fin dei conti, una tiritera che si ripete sempre uguale da duemila anni... Noi preghiamo, preghiamo - sarà poi vero che preghiamo? -, ma non succede niente!

Vedete, solo chi si accosta a questo sacramento senza conoscerne i fondamenti e le dinamiche, ignora che il memoriale non è semplicemente la ripetizione mnemonica, meccanica di un racconto.

Il memoriale della nostra salvezza - questa è la Messa! - ci fa contemporanei di Cristo; rende attuale il mistero della Sua passione, morte e risurrezione; e, in quanto presente, (lo rende) efficace per noi e per tutti in remissione dei peccati... “donec veniat”, fino a quando ritornerà.

Che poi, nonostante le nostre celebrazioni ripetute ogni domenica, non succeda niente, non mi sentirei di sottoscrivere l'affermazione.

Certo, finché continueremo a venire a Messa, senza poi metterci del nostro, per passare dalle parole ai fatti, le parole e i gesti rituali rimarranno confinato nel recinto sacro di una chiesa... mentre la vita scorre fuori da queste quattro mura.

Gesù lo aveva denunciato, quando, recatosi al tempio, aveva trovato venditori di animali e cambiavalute, e li aveva violentemente messi alla porta - ricordate il fatto? se ne parla al cap.2 del quarto evangelo. -.

Se al rito non affianchiamo la vita, il rito non potrà contaminarla con la Grazia che ne scaturisce. La Messa non è una magia, dove basta compiere certi gesti e pronunciare la formula senza sbagliare e “oplà, esce il coniglio dal cilindro”...

Per fare comparire o sparire un coniglio, basta un trucco e l'abilità di un illusionista.

Qui si tratta della vita di Dio donata nel sangue di un Crocifisso.

Qui si tratta della nostra salvezza; appunto, nostra!...e lo diventerà, nostra, se sapremo farne tesoro, arrendendoci finalmente a Dio, un Dio che si ostina a parlare d'amore anche ai nemici...
E non si rassegna!

 

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