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TESTO Con dedica ai cercatori di stelle

don Angelo Casati  

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Epifania del Signore (06/01/2021)

Vangelo: Mt 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 2,1-12

1Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6E tu, Betlemme, terra di Giuda,

non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:

da te infatti uscirà un capo

che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Non so se io sono della razza dei magi. So che ogni anno, in questa solennità, ma non solo, mi perdo a seguirli. Per una sorta di seduzione che non impallidisce, anche ora che i miei occhi si sono fatti pallidi per perdita di lucentezza, in mezzo a figure spente: Erode, i sacerdoti, una città pigra, ed io per contagio. Colgo un paradosso: forse proprio perché la storia dei Magi non ha contorni così precisi, porta con sé segreti inesplorati, diventa storia universale. Porta alla luce l'universale, che è in ognuno di noi, in ogni donna, in ogni uomo. Senza aggettivi che li fermino in un tempo, in un luogo, in una categoria sociale o in un'altra. L'infinito dei cammini del mondo.

E la tua storia respira, per altre vie, quella dei magi. So di condividere con voi emozioni e pensieri, che, prima di me e meglio di me, voi avete inseguito in cuore, leggendo questo fascinoso racconto, che la fantasia di Matteo ha intagliato con figure che sono di tutti i luoghi e di tutti tempi. E già è un bene che dietro il nome di "magi" si accendano domande: maghi, sapienti, sacerdoti di Zarathustra? Non date un nome, un solo nome. Date il colore di quell'avventura. Che sembra descritta in tre verbi, insieme con la bellezza ingualcibile di una domanda. Arrivano a Gerusalemme ed ecco chiedono: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". Dov'è?

Sempre bella e grande la domanda. Finché hai a cuore il "dov'è, sei una creatura non appiattita, con trasalimenti. E poi i verbi: "abbiamo visto", "siamo venuti", "per adorare". Sì, il primo incanto è che fossero uomini che guardassero i cieli, cercatori - siamo soliti dire - di stelle. Come non gli bastasse la terra o, meglio, una terra senza cieli e senza stelle. Perché a far bella la terra sono anche i cieli e le stelle. Non scompare la terra, ma è come si decorasse di un nuovo: avete mai visto i disegni dei bambini che danno colore e immaginazioni alle case, alle persone, ai prati? Un guardare più in alto. Ecco, io non sono ancora della razza dei magi, ma vorrei cercare di esserlo e non vorrei appiattire la mia vita, bensì riempirla di un nuovo.

Nell'omelia dello scorso anno papa Francesco si chiedeva: "Vedere la stella. È il punto di partenza. Ma perché, potremmo chiederci, solo i Magi hanno visto la stella? Forse perché in pochi avevano alzato lo sguardo al cielo. Spesso, infatti, nella vita ci si accontenta di guardare per terra: bastano la salute, qualche soldo e un po' di divertimento. E mi domando: noi, sappiamo ancora alzare lo sguardo al cielo? Sappiamo sognare, desiderare Dio, attendere la sua novità, o ci lasciamo trasportare dalla vita come un ramo secco dal vento? I Magi non si sono accontentati di vivacchiare, di galleggiare. Hanno intuito che, per vivere davvero, serve una meta alta e perciò bisogna tenere alto lo sguardo".

Provo sempre un sussulto quando dagli uni o dagli altri mi sento dire: "Guarda per terra!". C'è pure un grumo di plausibilità. Sei a rischio di intoppi. Ma cosa perderemmo di un viale, di alberi, di case, di un viso, di un evento, se fossimo sempre occhi a terra. "Alzate lo sguardo!": oggi ho sentito vibrare questo invito nel rotolo di Isaia. "Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore". Ci sono eventi che se gli occhi non fossero chini e pallidi, a terra, potrebbero far palpitar il cuore.

Voi dite che non ci sono? O che non sappiamo vibrare per un inizio di universalità? Scorgi una stella e ti metti in cammino. "Siamo venuti": dicono. Non tutti sono venuti. Anzi ci è facile supporre che quei magi partirono con l'irrisione della gente che sta sul sicuro: "Ma verso dove andate? Ma che sicurezze avete? Ma quali mappe, se non sapete? Proprio non vi sfiora pensiero di giorni di deserto e di notti all'agghiaccio?". Voi mi capite, sono le domanda che ci fanno arresi e immobili. Sono domande che soffocano, uccidono il viaggio. Per partire devi avere forse tutto preciso, calcolato? No, per natura, partire conosce il rischio: la fatica della stella che scompare, l'audacia di inventare e la consapevolezza di poter sbagliare. E' la vita.

E se non mettiamo in conto che la stella può scomparire, il giorno in cui accadrà, saremo a lamentarci, a protestare, ad accusare. Perdonate, posso sbagliare, ma quello che ci sta chiedendo questo nostro tempo, i giorni dell'insicurezza, è partire. A volte indovinare e a volte no, a volte ritornare sui passi, scegliere un'altra strada. Ci vuole fantasia, immaginazione. Nel deserto le dune sono scomposte, come capelli arruffati dal vento. Dobbiamo riprenderci. La stella - Dio ce lo assicura - riapparirà. Si tratta di inventare cammini, spesso fuori le rotte. Contro l'invito a stare con i piedi per terra. Perché, se tu rimani attorcigliato alla riva, ti negherai ogni navigazione per mari.

E ricorda. Ricorda che la stella cammina, anche se non vista. Dio, che cammina non visto, dia coraggio al tuo cammino. Arrivi e adori. E tu diventi la sfida più limpida, la più assoluta, alle parole di irrisione di coloro che ti hanno visto partire, detrattori, consiglieri del vuoto, quelli che celebrano - perdonate il bisticcio di parole - il pieno vuoto. Tu, proprio adorando quel bambino Dio, fai rivendicazione: tu hai occhi per vedere il grande in un bambino. Lasciatemi dire, tutti saprebbero celebrare in grandezze l'onnipotente. Tu celebri Dio nel piccolo, nel normale. Celebri il divino in ogni soffio.

Quel soffio di Dio, il divino, che tu - veramente grande - sai riconoscere in una città di poco conto, in una casa da niente, in braccio a una donna adolescente, adorato da fedi lontane, il Dio grande, nelle strade sconosciute e colme di domande. Un'amica, Ornella, lo scorso anno per l'Epifania evocava suggestioni con una poesia, sarebbe bastata quella.

Leggo i suoi ultimi versi: "Sono gli uomini delle domande, i magi, non delle risposte.
è la domanda che ci tiene vivi, nasce di notte, la domanda
si nutre di stelle e di deserti.
qualche rara sosta intorno a un fuoco ospitale
buona per bruciare sicurezze rinsecchite,
traguardi perduti,
bandiere stracciate.
fuoco per gettarvi delusioni e riprendere il cammino.
All'alba nuova, nel deserto,
per riferimento avrai ancora l'ombra delle dune
poi ti tradirà il vento che tutto sposta.
allora fisserai gli occhi sul vulcano all'ultimo orizzonte.
roccia viva custodisce
in attesa dell'ultima rivelazione".

 

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