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TESTO Ho preso casa nel dolore accanto

don Mario Simula   ufficio catechistico diocesi di Sassari

II Domenica dopo Natale (03/01/2021)

Vangelo: Gv 1,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,1-18

1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Quanto sarebbe straordinario se fosse visibile ai nostri occhi che la Sapienza “ha fissato la sua tenda in mezzo a noi, nelle nostre comunità, nelle nostre Chiese, nei nostri cuori”!
Parleremmo lo stesso suo linguaggio. Ci comprenderemmo come compaesani di vecchia data, tutti amici fra di loro. Sperimenteremmo lo stesso amore familiare e rassicurante. Nessuno si troverebbe più nel bisogno, perché ogni bene sarebbe condiviso. Soprattutto nessuno si sentirebbe orfano, perché l'amore di tutti gli farebbe sempre da padre e da madre.
Vieni, Sapienza increata, perché tutti restiamo ricolmi della tua pienezza.
I pensieri, i sentimenti, le mozioni del cuore abbiano il Tuo Sapore e il Tuo Profumo. E la nostra vita risplenda della Tua Bellezza amabile.

Dio ci ha esauditi quando gli abbiamo rivolto questa preghiera. Ha mandato il Verbo perché diventasse Carne. Il Figlio, Uomo. Senza distanze, senza privilegi, senza corsie preferenziali, senza pedaggi prepagati.
Il Verbo si fa carne! Significa che Dio scende dentro la nostra condizione di creature: vere, sofferenti, limitate, esposte alle intemperie della vita, destinate alla morte. Angosciate a volte e felici.
Capaci di fraternità e vittime dell'ingiustizia. Conviviali e austere.
Il Verbo, Gesù, “mette la sua tenda in mezzo a noi”: in una baraccopoli di zingari o di profughi, in un capannone che ospita, ammucchiate come bestie, le persone che la vita ha vomitato, in una corsia di ospedale di emergenza nel quale si respira il freddo della solitudine e della morte sempre imminente.
Il Verbo, Gesù, “mette la sua tenda in mezzo a noi”: anche nelle case della disperazione e dell'odio, delle separazioni e dell'amore ucciso, delle violenze e delle depravazioni.
Anche in mezzo alle case dove circola la bontà e il dialogo, la comprensione e il perdono, l'accoglienza e la bontà, la generosità e l'apertura alla vita.
Case luminose che diventano fermento umile e silenzioso accanto alle case tetre e irraggiungibili. Porte aperte accanto a tante porte chiuse.
Capita, allora, il miracolo inaudito: il Verbo che si fa carne sono io, la mia famiglia, la mia comunità.
Tutti noi che rendiamo visibile il Signore Gesù.

Lo rendiamo samaritano lungo le strade di questa umanità dolente.
Stigmatizzare, condannare, scomunicare non è il “mestiere” di Gesù. Non può diventare, quindi, il nostro.
Noi andiamo per portare “la pienezza che abbiamo ricevuto: grazia su grazia”; per portare la sovrabbondanza della bellezza.
Ogni gesto di amore, ogni accoglienza, ogni atteggiamento di perdono, ogni sorriso, ogni pentimento sincero, ogni barlume di vita nuova, corrispondono ad altrettanti bagliori di bellezza che scaturiscono da quella “grazia senza misura” della quale siamo stati ricolmi.
Vieni Parola del Padre a scombinare finalmente i nostri modi di pensare e i nostri progetti.
Ci hai scelti come discepoli. Non possiamo diventare tuoi “controtestimoni”.
Vieni, Gesù, e guarisci le nausee che ci sconvolgono davanti agli uomini che consideriamo cattivi, noi buoni!
Vieni Gesù e vigila sulla nostra vita perché non diventiamo mai quella genia di persone che ti hanno visto venire ma non ti hanno accolto. Aiutaci ad essere fra quelli che ti hanno accolto e che si sentono, per sola benevolenza tua, figli di Dio.

Ce lo ricorda anche Paolo, consapevole che da sempre Dio ci ha scelti come figli ed eredi.
Con tutte le conseguenze: avere uno spirito di sapienza e di rivelazione (discernimento);
sperimentare l'amore reciproco (carità); donarsi la preghiera gli uni gli altri (condivisione della fraternità profonda).
Continua, Padre amabile e soavissimo, a sceglierci come figli dentro la medesima famiglia.
Dona a tutti noi il coraggio di parlare a te degli altri. Soprattutto di quelli verso i quali abbiamo riserve e conti da saldare.
Restituisci alle nostre comunità il coraggio della testimonianza della fede vera e della speranza certa: mentre preghiamo, mentre serviamo, mentre ci guardiamo (se ne abbiamo il coraggio), mentre ci preoccupiamo dei lontani dimenticando i vicini e mentre stiamo bene con i vicini cancellando, con un tratto si spugna, i lontani.
Padre, sii Padre sempre, anche quando sei costretto, dalla nostra durezza di cuore, a tirarci le orecchie. E fai silenzio fino a sembrare assente dalla nostra vita. Te lo chiediamo, anche se a malincuore.


La mia preghiera (con una risposta inattesa)

Gesù, riuscire a localizzare la tua tenda in mezzo a quelle degli uomini è difficile.
L'andiamo a cercare nei quartieri che non ci danno problemi, nelle comunità che frequentano le celebrazioni, tra le case degli amici che ci offrono l'accoglienza.
Dopo un serio giro di ricerca, ci accorgiamo che non sei in nessuna di queste localizzazioni.
Dove sarai andato, Gesù?
Mi è fastidioso dirlo. Anche perché ne sono un po' indispettito.
Ti sei accasato dove le case sono di cartone e che durano il volgere di una notte. L'indomani all'alba si sgombera.
Ti trovi a girovagare, senza meta e senza nemmeno un materasso umido e puzzolente, con quegli uomini e donne irrequieti, continuamente sradicati da quel centimetro di terreno che credono di aver finalmente conquistato.
Sei nell'infermeria di una casa di riposo in mezzo a persone che possono mettere insieme soltanto le povertà estreme che si sono rivelate proprio lì: chi parla e urla continuamente, chi si dondola instancabile, chi continuamente tossisce e caccia catarro, chi non riconosce più alcun volto, chi senza saperlo finirà in quel dolore la sua vita.
Gesù, perché non vieni nel luogo che ti è più congeniale? Lì mi trovi. Mi trovi nella tua chiesa. C'è pulizia e ordine. Anche un po' di tepore. L'incenso e la lode. Il decoro delle vesti sacre. Lo sfoggio di cose preziose: le uniche delle quali tu sei degno.

Fratello mio, sono stordito da questa tua preghiera. Mi stona. Mi indispone. Ancora non hai capito che se vengo dove i “buoni” mi aspettano per onorarmi, i più che sono i “cattivi” (una marea a guardare le statistiche ufficiali), continueranno a gridare ai fantasmi e non al Dio della vita? Soltanto dopo aver incontrato, ad uno ad uno, coloro che “non esistono”, mi sentirò pronto a venire nel luogo che tu mi offri. Però, ricorda, che non verrò da solo mi accompagnerà la marea delle persone che in quel luogo non sono degne di stare.


Don Mario Simula

 

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