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TESTO Custodiamo e testimoniamo la “Sapienza” che è Cristo

diac. Vito Calella

II Domenica dopo Natale (03/01/2021)

Vangelo: Gv 1,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

La “personificazione della Sapienza” nei libri dell'Antico Testamento.
La Sapienza rivelata nella natura.

Basta fermarsi un poco in silenzio di fronte alla bellezza della natura, sia contemplandola nelle sue piccolissime parti del tutto, sia nell'immensità dei suoi paesaggi, anche facendo tesoro delle conoscenze acquisite dal sapere scientifico: si prende consapevolezza che vi è inscritta in ogni cosa, in ogni pianta, in ogni animale e soprattutto in ogni essere umano un'eccedenza di dono rivelativa di parole come “gratuità”, “armonia”, “bellezza”, “equilibrio”, “vita”.

Una parola sintetica consegnataci dai contemplativi del popolo ebraico, per dire l'eccedenza di dono in cui siamo costantemente immersi ogni giorno è «Sapienza».

I libri sapienziali come quello del Siracide, o di Ben Sira, la immaginano addirittura come una donna. In modo letterario e poetico la personificano per balbettare tutta la gratitudine del cuore di fronte a tanta bellezza.

La Sapienza è come un architetto per mezzo del quale Dio ha creato tutte le cose.
La Sapienza scoperta nel dono della Parola di Dio:
Nel tempo della prima alleanza la Sapienza della Torà.

Tutti, in quanto creature, siamo essenzialmente limitati e fatti per stare il relazione, viviamo di relazioni. Non è scontato il rispetto di tutto ciò che non appartiene al nostro io. L'essere umano, quando pretende di essere Dio con l'esercizio della sua libertà, proprio per difendere la sua vulnerabilità di creatura, provoca disastri agendo intenzionalmente mediante relazioni non rispettose della dignità dell'altro, a partire dal suo simile, dal suo fratello e sorella. Di fronte ai disastri ecologici e ai mali provocati dalle azioni governate mediante i principi egoistici del potere, del piacere per sé e della paura, il Dio Creatore si è rivelato nella storia dell'umanità anche come Dio redentore. La sua azione liberatrice, vissuta dal popolo di Israele quando interpretò l'evento storico del suo riscatto dalla schiavitù d'Egitto, divenne sapienza di vita e libertà scritta nelle tavole della Legge, nella Torà, a partire dalle dieci parole del Sinai che sancirono la prima alleanza tra Dio e il popolo.

Sapienza creatrice impressa nell'opera della creazione e Sapienza scritta nella Legge divenne la maniera con cui il popolo di Israele sentiva la presenza, la vicinanza, l'accompagnamento, l'esserci, l' «Io ci sono che ci sono» del Dio di Abramo, di Isacco di Giacobbe, del Dio di Mosè, del Dio creatore e redentore.

Il testo del libro del Siracide ascoltato oggi ci propone l'autopresentazione di donna “Sapienza” che è la personificazione del dono della Parola di Dio, della Torà, in mezzo al popolo.

L'abitazione della Sapienza / Parola di Dio in mezzo al popolo era il tempio di Gerusalemme, che riproduceva in pietre quella tenda che aveva custodito le tavole dei dieci comandamenti durante il cammino del popolo di Israele verso la terra promessa, La Sapienza / Parola di Dio si presenta essa stessa come ministra che apre la bocca e proclama le parole di Dio per orientare la vita del popolo, mentre il popolo risponde con la preghiera di lode.

La Sapienza / Parola di Dio in mezzo al popolo si paragona ad un albero che affonda le sue radici in mezzo al popolo e richiama l'albero della vita del racconto della creazione del secondo capitolo del libro di Genesi. Dei frutti di quest'albero possiamo cibarci a volontà e ci farà sempre bene.

Nella pienezza del tempo è venuta la Sapienza del Figlio unigenito del Padre, Verbo fatto carne.

L'evangelista Giovanni, illuminato dallo Spirito Santo, contempla Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio, come questa Sapienza di Dio che viene ad abitare non più soltanto in mezzo al popolo di Israele, ma nella storia di tutta l'umanità. Gesù è il «Verbo di Dio fatto carne».

La tenda che custodisce le parole definitive della rivelazione del vero volto di Dio, proclamate da Gesù, non è più il tempio di Gerusalemme, ma è la sua corporeità vivente, la sua carne, la sua natura umana, assunta grazie al “sì di Maria, la Madre di Dio.

La “Sapienza” dei libri sapienziali dell'Antico Testamento, si personifica nel Figlio del Padre, in Gesù Cristo nel mistero della sua incarnazione. La Parola di Dio, per mezzo dell'apostolo Paolo, ci dice che tutto fu creato «per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16b). La rivelazione definitiva del volto del Padre e del suo progetto di nuova ed eterna alleanza avvenne per mezzo delle parole e delle azioni di Gesù. Per questo motivo oggi noi contempliamo il nostro Salvatore come «Verbo di Dio fatto carne» (Gv 1,14).

La Sapienza che è Cristo resa attuale dallo Spirito Santo dopo l'evento di pasqua.

Ma c'è da dire una cosa di cui non tutti sono pienamente consapevoli. Gesù di Nazaret, inneggiato come il «Verbo di Dio fatto carne» non ci ha lasciato per iscritto nessuna sua parola, nemmeno il suo autografo. Tutte le parole intimamente connesse alle azioni di Gesù, attestate nel vangelo quadriforme di Matteo, Marco, Luca e Giovanni e tutta la riflessione su di lui attestata negli altri libri del Nuovo Testamento sono frutto della predicazione apostolica guidata e illuminata dall'azione dello Spirito Santo, cioè dalla presenza divina che unisce eternamente il Padre al Figlio e che è stata effusa nei cuori degli apostoli e dei primi cristiani e continua ad essere effusa gratuitamente dal Cristo risuscitato nei nostri cuori.

La Sapienza che è Cristo consegnata nelle due tende corporali di ogni cristiano e della Chiesa.

La Sapienza che noi possiamo contemplare in Gesù Cristo, «Verbo di Dio fatto carne», una volta giunto a compimento il mistero dell'incarnazione del Figlio unigenito del Padre mediante la morte e risurrezione di Gesù, è consegnata ad altre due tende corporali, chiamate a testimoniare la centralità di Cristo nella storia dell'umanità e di tutta l'opera della creazione: la tenda della nostra corporeità vivente e la tenda del corpo di Cristo ecclesiale.

Quella Sapienza di Dio custodita dalla corporeità vivente di Gesù di Nazaret, dopo la risurrezione del corpo martoriato dalla crocifissione e morte di croce, può essere custodita dalla nostra individuale corporeità vivente abitata dal dono gratuito dello Spirito Santo, se ciascuno di noi ne dà il consenso di fede. Può essere custodita dalla corporeità vivente della nostra comunità ecclesiale, di cui ciascuno di noi è un membro importantissimo, se veramente è consapevole della sua vocazione e missione ricevuta grazie al dono dei sacramenti del battesimo, cresima, celebrati una volta sola in vita, e dell'eucaristia, celebrata almeno ogni domenica. La comunione al corpo e sangue di Cristo ci rende testimoni individuali di Cristo nelle strade del mondo e testimoni collettivi di Cristo nel contesto storico e culturale in cui siamo inseriti come comunità cristiana.

Allora si comprende l'inno dell'apostolo Paolo, che benedice il Padre del Signore nostro Gesù Cristo perché Egli ci ha benedetti tutti con ogni benedizione spirituale dei cieli, per mezzo del Cristo morto e risuscitato una volta per sempre.

La prima grande benedizione spirituale che abbiamo ricevuto dal Padre per mezzo di Cristo è la gioia e la grandezza della nostra dignità di essere suoi figli adottivi. Siamo figli del Padre per mezzo del Figlio unigenito Gesù Cristo. Essere “figli di Dio” nel mondo è scegliere gioiosamente di diventare testimoni di Cristo con la nostra corporeità vivente, proclamando la nostra fede in Cristo morto e risuscitato con la nostra bocca, testimoniando la carità con le azioni delle nostre mani, cercando di essere luce del mondo con le scelte giuste dei nostri passi coerenti con la vita etica del vangelo, intessendo relazioni di fraternità con tutti con la donazione dei nostri cuori rispettosa degli altri. In questo senso possiamo fare nostro l'inno di san Paolo: «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, 6a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato» (Ef 1,3-6).

La seconda grande benedizione spirituale che abbiamo ricevuto dal Padre per mezzo di Cristo è la missione che abbiamo come corpo ecclesiale inserito nel mondo. In questo senso si comprende la seconda parte della lettera dell'apostolo, che loda il Padre per la testimonianza stupenda della comunità cristiana: «Perciò anch'io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (Ef 1,15-18)

 

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