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TESTO Tra Legge e Profezia

don Alberto Brignoli  

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Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (27/12/2020)

Vangelo: Lc 2,22-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-40

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

C'è qualcosa che colpisce subito l'uditore attento del brano di vangelo della Liturgia di oggi, nella quale celebriamo la Santa Famiglia di Nazareth: per ben cinque volte, infatti, viene ripetuto che Giuseppe e Maria si trovavano a Gerusalemme per compiere con “ciò che era prescritto nella Legge”.

I genitori di Gesù vengono presentati da Luca come degli israeliti pienamente osservanti che portano il bambino al tempio quaranta giorni dopo la sua nascita, per essere “riscattato” come ogni primogenito pagando un'offerta di cinque sicli d'argento (era circa una mensilità lavorativa): di Giuseppe non si dice che l'abbia fatto (già questo ci dice che forse non riusciva a lavorare con regolarità), e allora si preoccupa almeno della purificazione della madre. Secondo la legge di Mosè presente nel libro del Levitico, la donna che aveva partorito un figlio veniva considerata impura e doveva stare confinata in casa per quaranta giorni: al termine di questo periodo doveva presentarsi al tempio per essere purificata offrendo un agnello in olocausto, ma se la famiglia era povera e non si poteva permettere l'agnello, poteva offrire due piccioni o due tortore. Questa pratica non era più diffusa tra i Giudei ai tempi di Gesù, e non era più necessario portare il bambino fino al tempio: il padre poteva pagare la propria offerta consegnandola a un sacerdote del villaggio. Giuseppe e Maria, invece, forse per il fatto di trovarsi a Betlemme, abbastanza vicina a Gerusalemme, vogliono rispettare la tradizione alla lettera.

Insieme a questo accenno alla stretta osservanza della tradizione da parte dei due coniugi di Nazareth, l'evangelista inserisce un altro elemento, che spesso nell'Antico Testamento aveva assunto un carattere antitetico a quello della Legge, vale a dire la Profezia. Due anziani profeti, Simeone e Anna, mossi dallo Spirito (come sempre, il vero motore della Profezia, nel mondo e nella Chiesa), senza alcun accenno a elementi legati alla legge e alla tradizione, prendono in braccio il bambino e lo proclamano “salvezza, luce, gloria, redenzione di Gerusalemme e dell'intero Israele”: senza, peraltro, esimersi dal ribadire ai suoi genitori, con tanto sano realismo, che ciò avverrà “con lacrime e sangue”, e quindi che non si facciano illusioni sui sogni di gloria legati a questo bambino.

Ora, pensando a questi “quadretti di famiglia” e cercando di attualizzarli un po', mi viene da pensare che spesso, nelle nostre famiglie, ci si barcamena tra questi due aspetti: da una parte, la fedeltà alla tradizione, alle leggi, alle norme e alle consuetudini ricevute dai nostri genitori, dai nostri avi e predecessori, e giunte fino a noi perché tramandate di padre in figlio, a volte attualizzate e rilette alla luce dell'oggi, altre volte mantenute in una integrità che rischia di non dire più nulla all'uomo contemporaneo; dall'altra parte, l'elemento “profetico”, ovvero quello della novità, del rinnovamento, dell'innovazione, del cambio di mentalità, della rivoluzione delle idee, spesso legato ai cambiamenti generazionali, anche se non sempre è così. Infatti, quello che vediamo narrato da Luca nel brano di Vangelo va un po' fuori dallo schema “giovani = innovazione e profezia”, “anziani = tradizione e immobilismo”.

Nella vicenda del tempio di Gerusalemme, chi si dimostra profetico e aperto alla voce dello Spirito non sono certo i due giovani sposini di Nazareth, bensì i due vegliardi abitanti del tempio, ai quali invece ci verrebbe di applicare, data l'età e l'esperienza, l'etichetta di tradizionalisti e veterotestamentari. E invece no: sono proprio loro quelli profetici, quelli aperti alla novità, quelli che hanno lo sguardo proiettato in avanti, quelli che non si fissano sulle regole imposte dalla tradizione e guardano al futuro con fiducia, speranza, gloria, senza tuttavia tralasciare di tenere i piedi ben fissi a terra, consapevoli che le profezie e le novità si realizzano con la fatica, la sofferenza e il dolore, anche a costo - a volte - che “una spada ci trafigga l'anima”, perché chiamati a essere “caduta e resurrezione per molti”, “segni di contraddizione per svelare i segreti dei cuori”.

È fantastico vedere famiglie in cui ci sono persone anziane che con la loro saggezza e la loro lungimiranza sono capaci ancora di sognare, di far sognare, di desiderare cose nuove, di stimolare le giovani generazioni a prendere in mano la loro vita e guardare al futuro con speranza, attraverso quella fatica e quel sacrificio che ha contraddistinto le loro generazioni, passate attraverso una o addirittura due guerre, attraverso decine di crisi economiche (allora si chiamavano “austerity”), attraverso gli anni di piombo, senza mai piangersi addosso né dare la colpa al sistema; non è altrettanto fantastico, anzi è spesso deprimente, vedere giovani generazioni anche all'interno delle nostre famiglie ragionare con schemi vecchi, legati al passato, con mentalità fatte di un tradizionalismo capace solo di stereotipare e omologare le persone in base al colore della pelle o al credo religioso, alla cultura o all'orientamento sessuale; capaci solo di piangersi addosso perché il futuro non offre loro opportunità, invece di rimboccarsi le maniche e di lasciarsi prendere per mano dallo Spirito di profezia, che potrebbe veramente rivoluzionare le loro vite, se solo si lasciassero stimolare da qualcosa. Ci sono in giro giovani che hanno la vitalità da ultracentenari, lo spirito adatto a una RSA per anziani e la forza d'animo di un'ameba; per contro ci sono anziani avanti negli anni, ma ancor più avanti nella mentalità e nel desiderio di cercare strade nuove per il futuro di questo pianeta.

E questo perché? Perché sono donne e uomini mossi dallo Spirito. Forse l'incontro della giovane coppia di Nazareth con Simeone e Anna, quel giorno, rappresentò una svolta nella loro osservanza delle tradizioni: possiamo ancora sperare che accada lo stesso per le nostre cosiddette “giovani generazioni”?

 

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