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TESTO Luce e Parola: due binari dell'itinerario del discepolo

Michele Antonio Corona

Natale del Signore - Messa del Giorno (25/12/2020)

Vangelo: Gv 1,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Siamo immersi nella festa della luce che rischiara e permette di vedere. Storicamente era la festa romana del Sole, che i cristiani riconobbero nella persona di Gesù che illumina le genti ed è gloria del suo popolo.
La Messa del giorno invita a guardare a un altro aspetto: la Parola. Il prologo del vangelo di Giovanni fissa lo sguardo sul Verbo e sulla testimonianza al Verbo: è Parola pronunciata, è voce che proclama, è soffio articolato che annuncia. La voce - non solo il tono ma anche il modo di parlare - è il tratto distintivo della persona. Gli ipovedenti, oltre al tatto, sviluppano in modo formidabile l'udito e riconoscono dalla voce.
Tutti ci facciamo emozionare da una voce più o meno profonda, da una parola di senso che ci viene rivolta. Pensiamo a una madre che sente pronunciare per la prima volta mamma dal proprio figlio; il significato del ti amo tra due fidanzati o sposi; sentire chiamare il proprio nome durante un momento importante o per un riconoscimento ufficiale e pubblico.
In una società, non solo quella odierna, che ci travolge di parole, che si caratterizza per verbosità, che cerca di sostituire l'incontro personale con il rapporto attraverso i social, Giovanni ci ricorda il buon annuncio che invade l'uomo e la storia: Il Verbo si è fatto carne e si stabilisce tra noi. Quindi, l'itinerario di annuncio iniziato da Dio che chiama le creature all'esistenza trova il suo culmine nella Parola attraverso il Figlio, stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.

La Parola - grammaticalmente il verbo presuppone un soggetto e un'azione - non solo visita l'umanità, ma con l'Incarnazione il Figlio diventa prossimo dell'uomo. L'espressione greca ricorda il fissare una tenda in un accampamento di nomadi: Dio sceglie di stare col popolo, di non ricevere posti d'onore ma condividere totalmente l'esperienza della fragilità. Ricordare tutto ciò ci immerge nella celebrazione del Natale di un infante (in-fans: chi non sa parlare), che è la Parola attesa, cercata, sperata.
Nei processi di riabilitazione dopo una paresi, un ictus o nei casi peggiori a causa di SLA o Parkinson capiamo quanto la capacità di parlare sia fondamentale e identitaria per l'umano. Dio ha scelto di comunicare e comunicarsi, di essere vicino, chiaro. La possibilità di parlare ci differenzia dalle altre creature, sebbene riescano a trasmettere tra loro in altro modo. Eppure, quella parola pronunciata ci distingue. In un mondo ormai abituato a messaggi scritti, a parole crittografate in chat anonime e ambigue, una chiamata sembra un grande dono.
Dio ci chiama, spende tempo per noi, invia il suo Figlio per non invitarci a un evento o a un dialogo di gruppo, ma a una conversazione autentica e personale. In questo periodo Cantate inni, acclamate, gridate ed esultate! Niente può sostituire la meraviglia di Isaia: Come sono belli i piedi del messaggero di lieti annunci. Pertanto, la luce e la Parola sono un unico sguardo di bellezza che sfolgora nel cielo dell'esistenza. Chi vorrebbe vivere con la luce e senza parola? Chi il contrario? Chi le vorrebbe entrambe?

 

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